di Gigi Giudice
“Carlo Cimbri non si rende conto che ci possa essere non solo un certo numero dei cinquemila agenti che si riferiscono al marchio UnipolSai, ma addirittura un intero gruppo di colleghi a nutrire incertezze di fronte alla richiesta di firmare il Nuovo Patto Unipol?”. E’ la telefonata che ho ricevuto da un giovane agente appena dopo la pubblicazione, su Assinews online, di quanto ho scritto il 17 maggio circa l’aut-aut ormai citatissimo del numero uno di UnipolSai. Cimbri dichiarò ai giornalisti: “Chi fra gli agenti ci sta, bene. Ha tempo fino al prossimo giugno per sottoscrivere il Nuovo Patto Unipol. Se non lo fa, ognuno per la sua strada…”.
In quella stessa conferenza stampa Cimbri ha anche affermato che l’emendamento sul “Tacito rinnovo” da estendere anche alle altre polizze danni (dopo che è in vigore per le polizze rcauto), inserito nel disegno di legge “Concorrenza”, avrebbe positivi effetti. Indurrebbe gli agenti a darsi da fare per aumentare la diffusione delle polizze diverse dalla rc auto.
Una dichiarazione a prima vista impolitica, dopo l’alzata di scudi del mondo agenziale contro l’emendamento. Ma ricordo che Cimbri ha scelto da tempo percorsi dirompenti, fuori dagli schemi rispetto agli usi e costumi del settore assicurativo. Come metodo. Per esempio ha abbandonando, fra grandi clamori e stupori, l’Associazione Nazionale fra le Imprese, la confindustria assicurativa. Nel cui ambito – lo ha ribadito il 13 maggio – UnipolSai non vorrà più rientrare. Più recentemente ha dato il ben servito a Standard & Poor’s, l’agenzia di rating di cui non condivideva i metodi di analisi. Si è mostrato in controtendenza anche sul piano delle scelte commerciali. Vuol dire qualcosa il primato mondiale dei 2,8 milioni di “scatole nere” installate dagli assicurati UnipolSai.
Quanto al quesito posto dal giovane agente, girerei la domanda a Cimbri. E, in attesa di risposta, mi sto dedicando alla verifica su cosa hanno da dire sul Nuovo Patto Unipol un campione rappresentativo dei cinquemila agenti coinvolti.