Lo slogan del XXV congresso della Melchiorre Gioia è stato failure is not an option. Ed anche questa volta è stato un successo sia per i contenuti che per la presenza di circa 400 professionisti.
Dopo i saluti del Sottosegretario alla Salute dr. Vito De Filippo e del Sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Maria Ferri, il convegno, sotto il Patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della FISM (Federazione Società Medico Scientifiche) è stato aperto da una lectio magistralis del dott. Marco Rossetti, consigliere della Terza Sezione della Cassazione Civile, che ha proposto un ricostruzione di come nel corso del tempo e soprattutto degli ultimi 50 anni si è evoluto il modo di intendere della responsabilità civile sanitaria parte della giurisprudenza italiana e, in particolare, della Suprema Corte.
Ha in particolare evidenziato come si è passati da un sistema che indiscutibilmente privilegiava l’autorità culturale del medico e la necessità di dargli la maggiore autonomia nell’esercizio della sua professione rispetto alle esigenza del paziente che si considerava danneggiato dal suo operato, ad un sistema, quello attuale, che è ormai giunto all’estremo opposto. Un sistema che oggi, attraverso l’introduzione del principio della inversione dell’onere della prova non solo della colpa del personale sanitario, ma in parte anche del rapporto causale fra la prestazione ed il danno lamentato, ha trasformato la RC sanitaria in una sorta di responsabilità oggettiva che ha lo scopo dichiarato di tutelare il paziente dai danni da trattamento sanitario, anche quando questi, per la indimostrabilità di quanto accaduto, non derivano da un errore medico accertato ed evidente.
Nel corso del convegno è stato ricordato che parallelamente alla evoluzione del pensiero giuridico si è assistito al fenomeno del progressivo ritiro delle compagnie di assicurazione dalla RC sanitaria, soprattutto di quella in capo alle aziende sanitarie, tanto che le stesse hanno fatto ricorso, in maniera crescente, alla cosiddetta autoritenzione del rischio o “autoassicurazione”.
Partendo da questa constatazione, i relatori della tavola rotonda medico legale hanno espresso la loro opinione circa la possibilità che le norme che dovrebbe introdurre il DDL 2224, possano migliorare lo stato attuale delle cose, consentendo un equa soddisfazione dei pazienti danneggiati da trattamenti sanitari, ma allo stesso tempo una maggiore tranquillità al personale ed una migliore gestione dei servizi e dei costi all’interno delle strutture sanitarie.
E’ stato evidenziato che se da un lato la gestione del rischio clinico e la prevenzione degli errori in corsia è ormai una attività ineludibile delle strutture sanitarie, ad essa deve essere affiancata anche una altrettanto intensa attività di gestione e prevenzione dei reclami, atteso che questi non necessariamente nascono da un errore prevenibile.
Ancora, sempre dal punto di vista di chi gestisce la struttura sanitaria, emergono dubbi sul fatto che questa legge possa realmente ridurre l’altro fenomeno emerso negli ultimi anni, ossia il crescente conflitto fra direzione ospedaliera e personale sanitario, da chiamare a rispondere dei danni risarciti dall’ospedale nel caso di loro comportamenti dolosi o gravemente colposi.
Il secondo tema che è stato sviluppato, sia dal punto di vista delle Società Scientifiche, sia dal punto di vista medico-legale, è la predisposizione delle linee guida il cui rispetto da parte dei medici, secondo il DDL 2224, comporterebbe l’esclusione di una colpa medica penalmente rilevante.
I relatori hanno fatto presente che un tale strumento non solo dovrà necessariamente rispondere a requisiti di autonomia da parte di chi lo elabora, di dati basati rigorosamente sulla evidenza scientifica, ma anche di ulteriori indicazioni che dicano quando l’applicazione di queste linee guida, per particolari aspetti del caso clinico, non possono o addirittura non debbono essere applicate. Altro aspetto che è stato affrontato e che pure è oggetto specifico del disegno di legge, è il ruolo centrale che nelle vertenze svolgono i medici legali nelle vesti di Consulenti Tecnici d’Ufficio, che dovranno essere selezionati con criteri ben diversi da quelli attualmente seguiti e che dovranno essere affiancati nei casi di particolare complessità, da specialisti della materia.
Il DDL 2224, inoltre, si fa portatore di obiettivi piuttosto espliciti: da un lato, riportare “in asse” la posizione del medico ospedaliero, ponendolo al riparo da un regime di responsabilità costruito, negli ultimi decenni, da una giurisprudenza eccessivamente penalizzante. Dall’altro, tutelare al meglio la posizione del paziente danneggiato, canalizzando le responsabilità su chi esercita la professione sanitaria in forma di “impresa” e a proprio rischio (strutture e liberi professionisti che agiscono in proprio) e ponendo a loro carico un obbligo assicurativo che dovrebbe fungere da “tasca capiente” finalizzata a soddisfare in concreto le pretese risarcitorie degli aventi diritto.
I lavori congressuali, forti del contributo di autorevoli voci di giurisprudenza e dottrina e della preziosa esperienza dei principali operatori di settore, hanno nella sostanza confermato la necessità di una svolta e la bontà di alcuni tra gli obiettivi di fondo perseguiti, con un certo coraggio, dalla riforma di legge.
Non sono però mancate anche spunti critici su taluni aspetti della nuova disciplina, specie per quel che attiene al fondamentale ruolo assegnato – nell’impianto complessivo del DDL, alla “stampella” assicurativa obbligatoria.
Ed invero, al di là di alcuni chiaroscuri su qualche profilo del regime di responsabilità declinato dal DDL (tra i quali il ruolo in concreto delle linee guida, la disciplina della rivalsa nei rapporti tra struttura e medico) il dibattito più serrato ha riguardato la sostenibilità, in concreto, del mercato dell’assicurazione di rc sanitaria: un mercato che, in Italia ha assistito ad una sostanziale astensione dei players principali, disincentivati a prendersi in carico rischi difficilmente sopportabili.
Ebbene, le nuove misure, ricalcate in parte sul modello della rc auto, sembrano non del tutto adeguate allo scopo, date le peculiarità della materia sanitaria; lo stesso regime riformato della responsabilità non convince gli assicuratori, niente affatto persuasi che lo stesso porti, davvero, alla definizione di assetti certi e definitivi, in quanto tali profilabili con successo (ai fini del calcolo del premio) secondo le migliori tecniche assuntive, specie in regime di Solvency 2. In ogni caso, il rinvio della fissazione dei precisi contenuti della copertura ad una successiva decretazione attuativa sembra rimandare il “cuore” del problema, a data da destinarsi.
Lo stesso tema del danno risarcibile non patrimoniale, trattato dal congresso nei suoi riflessi generali, incide in modo straordinario sulla certezza e sulla tenuta di ogni sistema di responsabilità obbligatoriamente assicurata: sotto questo profilo, la necessità di un intervento del legislatore, specie per quel che attiene alla riparazione delle lesioni di grave entità, è stata evidenziata quale esigenza prioritaria, non ulteriormente rimandabile.
Ma non solo. In un momento storico in cui l’allocazione dei costi generali dell’assistenza e della previdenza assume un’importanza centrale nella sostenibilità del nostro sistema di welfare state, è emersa, nel corso dei lavori, l’urgenza di comprendere se e in che termini il peso della prestazioni sociali debba/possa esser messo a carico dei danneggianti (e dei loro assicuratori). E se non sia preferibile che, in un’ottica di servizio in linea con le funzioni assegnate all’assicurazione del terzo millennio, la funzione assistenziale/previdenziale non sia presa in carico più chiaramente dal comparto assicurativo privato. Comparto che, forse, potrebbe garantire una miglior mutualizzazione dei rischi, con effetti benefici sulla loro gestione e prevenzione nonchè sui costi della responsabilità.