di Luciano Mondellini
Il cda di PartnerRe, società di riassicurazione operante negli Stati Uniti nonché oggetto delle mire di investimento diExor, è aperto intavolare trattative con la holding torinese per vedere se può essere migliorata l’offerta da 137,5 dollari per ogni azione (in totale 6,8 miliardi di dollari) varata dalla società italiana qualche settimana fa.
Lo ha scritto ieri il board del gruppo di riassicurazione in una lettera ai soci che però, oltre a assicurare una riapertura delle negoziazioni con Exor, ha anche avuto toni molto bruschi nei confronti della holding, riaffermando nello stesso tempo di continuare a preferire l’alleanza con Axis Capital, il fondo con cui ParnterRe ha raggiunto un’intesa di fusione in inverno. Insomma, un’apertura all’offerta di Exor ma che non è arrivata senza i toni bruschi circa il modo con cui la holding guidata da John Elkann aveva commentato il primo rifiuto di ParnterRe di sedersi al tavolo delle negoziazioni dopo la prima offerta arrivata da Torino di 6,4 miliardi di dollari.
Nella lettera infatti il cda di ParnerRe ha spiegato che «anche la recente offerta di 137,5 dollari è inaccettabile per valore e per i termini proposti». Nonostante ciò il presidente della compagnia di riassicurazione con base alle Bermuda, Jean-Paul Montupet, ha fatto notare che «Malgrado siamo convinti che PartnerRe valga più di quanto ha offerta Exor e che i termini proposti siano carenti, siamo pronti a negoziare con Exor in buona fede per verificare la loro volontà di proporre una transazione che sia nel miglior interesse dei nostri soci, tenuto conto del prezzo, di una tempistica certa delle negoziazioni».
Ciò detto, il board di PartnerRe nella lettera agli azionisti ricostruisce le tappe che hanno portato a dire no alla prima proposta d’acquisto arrivata dall’Italia (annunciata il 14 aprile a 130 dollari per azione e poi ritoccata in rialzo il 12 maggio), ha accusato Exor di «ingannare i soci di PartnerRe come tattica negoziale». In particolare sono state riportate le dichiarazioni attribuite al presidente della holding John Elkann. Al telefono (in una conversazione successiva a una mail datata 19 aprile) Elkann avrebbe detto a Montupet che «non era il caso di vedersi perchéExor non aveva flessibilità sul prezzo». Poi, ha continuato la nota, in un incontro di persona, il 26 aprile, per discutere le condizioni dell’opa «mister Elkann ha ripetutamente e categoricamente dichiarato che 130 dollari erano il prezzo migliore e finale. Poi invece è arrivato il rilancio. Inoltre, ha continuato la nota, «l’offerta irrevocabile di Exor continua a essere illusoria» perché la holding italiana può abbandonare la partita senza conseguenze. Se invece il gruppo americano rinuncia alle nozze con Axis Capital per il matrimonio italiano dovrà pagare penali per 315 milioni di dollari.
Questo punto peraltro rappresenta un particolare paradigmatico di quanto, nonostante l’apertura di ieri, restino tesi i rapporti tra Exor e PartnerRe. Infatti i 315 milioni di dollari di cui sopra sono rappresentativi soprattutto delle penali legate alla rottura dell’intesa tra PartnerRe e Axis Capital. Ma la cosiddetta clausola di break up, che era inizialmente di 250 milioni di dollari, è stata aumentata a 280 milioni di dollari dopo che la holding italiana è scesa in campo. E soprattutto ora ParnerRe ritiene di doverci aggiungere ulteriori 35 milioni di dollari in penali di altre natura. Una cifra che dovrà accollarsi Exor nel caso le nozze vadano in porto. Quindi per Exor appare evidente quanto sarà difficile nonchè costosa l’operazione. (riproduzione riservata)