Anche il mondo della previdenza complementare è alla vigilia di cambiamenti che potrebbero modificarne profondamente gli assetti. L’avvio della campagna informativa dell’Inps sul futuro previdenziale degli italiani tramite la cosiddetta busta arancione, annunciato da anni, sta finalmente per arrivare.
Mentre la possibilità di ricevere il Tfr in busta paga, prevista dal governo Renzi, ha in qualche modo riacceso l’attenzione anche sulla rendita che gli italiani riceveranno al momento del ritiro dal lavoro. Oltre a ciò, all’esame del Parlamento in queste settimane c’è anche il ddl Concorrenza, che tra le altre cose prevede per esempio la possibilità di utilizzare il contributo del datore di lavoro in qualunque forma previdenziale e non più esclusivamente nei fondi negoziali, accelerando la competizione tra questi strumenti. «Novità importanti per il mercato», commenta Andrea Lesca, responsabile previdenza diIntesa Sanpaolo Vita, secondo operatore di previdenza complementare in Italia con 3 miliardi di patrimonio in gestione e oltre 350 mila iscritti. «Certo, non si tratta probabilmente dello stesso impulso che arrivò nel 2007 per l’utilizzo del Tfr per la previdenza complementare, quando vennero raggiunti 12 milioni di lavoratori, ma si sta finalmente tornando a parlare di questi argomenti e anche noi operatori dobbiamo dare il nostro contributo all’informazione.
Domanda. Quali sono le iniziative che Intesa Sanpaolo Vita ha avviato su questo fronte?
Risposta. In forte sinergia con la rete del gruppo Intesa Sanpaolo abbiamo lanciato una campagna informativa a favore della clientela della banca per illustrare le tre opzioni a disposizione per un lavoratore dipendente in merito alla liquidazione: busta paga, azienda e fondo pensione.
D. Ma il vostro obiettivo in fondo è far sì che i lavoratori scelgano i vostri prodotti…
R. In questo caso il nostro obiettivo è dare informazione e fornire ai clienti gli strumenti per scegliere. Mettere il Tfr in busta paga non è oggettivamente conveniente da un punto di vista fiscale, a differenza delle adesioni alla previdenza complementare. Ma se il lavoratore ha bisogno di quella liquidità, sceglie comunque di incassare la sua liquidazione in busta a paga oppure si può avvalere di forme di finanziamento flessibili che oggi hanno tassi molto contenuti. Un altro stimolo all’informazione arriverà ora con l’iniziativa Inps riguardante la busta arancione.
D.Sono anni chela busta arancione veniva annunciata e tutti l’aspettavano con ansia. Ora si parte con gli under 40 e poi toccherà agli altri. La ritiene utile?
R. Si tratta certamente di una novità interessante, che nel tempo porterà a importanti risultati qualitativi in termini di maggiore consapevolezza previdenziale. Anche noi, nelle diverse occasioni che abbiamo di trattare l’argomento previdenziale con la clientela, partiamo sempre dalle regole del sistema pensionistico. Ma non credo possa essere l’unica soluzione al problema italiano della non sufficiente adesione alle forme di previdenza complementare. In Svezia, Paese in cui la busta arancione è partita per prima, con informazioni semplici e sintetiche, non sono pochi i lavoratori che dimenticano di aprirla.
D.Parlando invece delle imprese, tra le novità contenute nel ddl Concorrenza c’è anche quella di liberare il contributo del datore per tutte le forme previdenziali…
R. In generale, il ddl Concorrenza va in una direzione apprezzabile, finalizzata a creare maggiori opportunità di scelta a favore dei lavoratori.
D. In questo modo c’è il rischio di eliminare ogni differenza tra fondi aperti e chiusi, sminuendo le rappresentanze dei lavoratori nei fondi negoziali?
R. Non credo che le differenze verranno eliminate, essendo due forme pensionistiche con configurazioni strutturalmente differenti. (riproduzione riservata)