di Francesca Vercesi
Mediolanum e Banca Mediolanum hanno approvato il progetto di fusione inversa di Mediolanumin Banca Mediolanum, che comporterà la quotazione delle azioni di Banca Mediolanum. Per effetto della fusione gli attuali soci di Mediolanum diverranno soci di Banca Mediolanum. L’operazione prevede l’assegnazione agli azionisti di Mediolanum di una azione ordinaria della Banca per ogni azione ordinaria detenuta. I soci Mediolanum avranno diritti di esercitare il recesso con un valore di liquidazione di 6,61 euro per azione.
Intanto la prima settimana di giugno partirà il collocamento per il fondo dedicato al credito per le pmi italiane. CosìMediolanum Vita ha deciso di investire 5 milioni nel Tenax Credit Italian Fund di Tenax Capital, società londinese di asset management guidata da Massimo Figna. Si tratta di un fondo chiuso di diritto irlandese che avrà una durata di 7 anni e un obiettivo di raccolta di 150 milioni. Il target è rappresentato da circa un migliaio di piccole e medie imprese con un fatturato compreso tra 50 e 250 milioni e una leva finanziaria inferiore a 4,5 volte l’ebitda. L’obiettivo di rendimento netto invece sarà nell’ordine del 5-6%. «Siamo a metà del target di raccolta e abbiamo quattro operazioni in fase di closing», ha fatto sapere ieri Figna. «Eroghiamo capitale di debito, non diamo credito. Investiamo solo in strumenti di debito senior garantiti con una media di importi di 5-8 milioni di investimento e una durata da 2 a 7 anni. La strategia punta prevalentemente al mercato primario (finanziamento diretto e minibond, ndr) ma non sono esclusi crediti già esistenti». Secondo Ennio Doris, ad di Mediolanum, «questa iniziativa va in parte a disintermediare le banche, le quali però possono sempre entrare con capitale di rischio. Ma il problema dell’Italia è proprio questo: mancano i capitali di rischio e i finanziamenti a lungo termine». Il confronto internazionale evidenzia quanto l’Italia sia ancora bancocentrica rispetto agli altri Paesi: il 70% del debito delle imprese è bancario, contro il 50 e il 30% rispettivamente di Europa e Uk. «Puntiamo a raccogliere denaro soprattutto dalle compagnie di assicurazioni di ramo I, che sono investite per l’80% in titoli di Stato e che ora possono diversificare gli investimenti con un profilo di rischio prudente», ha precisato Figna. Doris ha fatto notare che, «dopo 35 anni di buoni rendimenti da parte del mondo obbligazionario, ora occorre ripensare i portafogli e il risparmio gestito deve porsi come player indiscusso per alimentare la crescita del Paese. È bene puntare su canali di investimento alternativi». La Ue, del resto, ha messo nel mirino l’Unione dei mercati capitali. A livello internazionale, ci sono 237 fondi in raccolta specializzati nel debt lending. In Italia con il decreto Sviluppo del 2012 è stato dato il via libera all’erogazione diretta di credito alle imprese. Il flusso di investimenti però non ha ancora assunto le dimensioni sperate. Sempre ieriMediolanum, azionista al 50% di Banca Esperia assieme a Mediobanca, ha fatto sapere di non essere interessata a scambi azionari nell’ambito della cessione della partecipazione. «Non investo in azioni, investo solo in fondi azionari, che occupano il 90% del portafoglio», ha detto Doris rispondendo a un potenziale interesse a rilevare parte del 3% di Generali che Mediobanca deve cedere nell’ambito di una possibile trattativa su Banca Esperia. «Non ci sono trattative in ballo; per noi non è strategica, mentre per Mediobanca credo che lo sia», ha detto Doris. (riproduzione riservata)