di Lucio Sironi
Con buona volontà l’Inps ha avviato un’operazione trasparenza per consentire ai lavoratori di calcolare in anticipo una stima dell’importo della pensione che si percepirà al momento del ritiro dal lavoro. Il fatto è che dopo la riforma previdenziale del 2011, che ha introdotto per tutti il sistema contributivo di calcolo dell’assegno (legando il montante accumulato non più alla media delle ultime retribuzioni ma ai contributi versati e all’andamento dell’economia), fare stime di questo genere è molto più complesso e soprattutto meno attendibile. Per cui questa operazione Busta arancione (dal nome della lettera che ogni anno il governo svedese invia ai suoi cittadini per comunicare la stima della pensione), che nella versione italiana è stata battezzata La Mia Pensione, rischia di avere effetti controproducenti. Ma intanto, di cosa si tratta? Muniti di pin si accede al sito dell’Inps e si trova un software che consente agli iscritti di calcolare la data del pensionamento nonché l’importo lordo presumibile della pensione, sia di vecchiaia sia di anzianità, rispetto all’ultima retribuzione stimata: è quello che tecnicamente si chiama tasso di sostituzione.
Il gioco è interessante ma a patto che le simulazioni che proiettano l’assegno previsto si basino su ipotesi di fondo che non si discostino troppo dalla realtà. L’Inps avverte che il simulatore è basato sui fattori quali la contribuzione versata all’Inps ma anche sui parametri macroeconomici, quali l’andamento del pil e l’aspettativa di vita certificata dall’Istat. Chi si cimenta con il simulatore potrà modificare alcune variabili che riguardano l’andamento atteso di crescita della sua retribuzione, indicato all’1,5%, o eventuali periodi di non occupazione. Ciò che non può fare è intervenire sulla rivalutazione del montante contributivo (i contributi accumulati si rivalutano ogni anno sulla base del prodotto interno lordo dell’Italia nei cinque anni precedenti) che è fissata all’1,5% all’anno, in linea con le previsioni ufficiali delle progressioni medie quinquennali del pil. Ora però, alla luce dell’andamento del pil dell’Italia degli ultimi anni e delle previsioni, questo 1,5% fisso appare sopravvalutato. Nel 2014, per la prima volta, la media quinquennale del pil italiano è risultata negativa (-0,19%). Invece, secondo i dati forniti dalla Ragioneria generale dello Stato, le future pensioni in rapporto all’ultima retribuzione appaiono tranquillizzanti: si va dal 73 al 79% per i dipendenti e dal 64 al 71% per i lavoratori autonomi. Se non che queste proiezioni considerano uno sviluppo del pil reale dell’1,57%, un’inflazione del 2% e una crescita delle retribuzioni individuali reali dell’1,51%. Che non è esattamente quello che è avvenuto negli ultimi anni, quando tra il 2008 e il 2015, come ricordano gli esperti di Progetica, le annate di recessione sono state cinque, tra cui un terribile -5,5% nel 2009 e un -2,8% nel 2012. Così anche le medie sono scese in terreno negativo e per la prima volta ci si trova a fare i conti con contributi che si rivalutano meno dell’inflazione, perdendo potere d’acquisto.
Ecco allora il grande rischio che viaggia insieme alla busta arancione: che finisca per creare illusioni soprattutto tra i più giovani, ai quali potrebbe sfuggire il ruolo determinante che giocherà il pil medio futuro nel calcolo del valore dell’assegno pensionistico. Per esempio si è stimato che per un trentenne dipendente l’assegno pubblico potrebbe variare fino al 19% secondo che l’Italia cresca mediamente dell’1,5% oppure non cresca affatto. Molta attenzione dunque ai messaggi fuorvianti che possono provenire addirittura dall’Inps. I promotori finanziari stiano in guardia e aiutino i lavoratori a non cadere in certe trappole. (riproduzione riservata)