Si solleva oggi, Festa dei lavoratori, il (primo) velo sulla futura pensione: scatta, infatti, l’operazione «trasparenza» con cui l’Inps consentirà di simulare e conteggiare l’ammontare della prestazione, inizialmente a 7,8 milioni di occupati con meno di 40 anni. Ed, entro fine anno, 17,8 milioni di persone potranno consultare la «busta arancione», l’estratto conto previdenziale, archiviando quella «viltà» istituzionale che non ha permesso (per ragioni elettorali) di diffondere informazioni reali su quanto avrebbe inciso sull’assegno il passaggio, vent’anni fa, dal sistema di calcolo retributivo a quello contributivo.
Presenta con queste parole il servizio Tito Boeri, presidente dell’Istituto pensionistico, durante una burrascosa conferenza stampa ieri a Roma, attaccato dai delegati dell’Usb, Unione sindacale di base, secondo cui il piano non sarà come dice il vertice, «a costo zero», ma varrà «50 milioni, tagliati dalle spese di funzionamento dell’ente». Al di là delle polemiche, il progetto, finalizzato a «fornire un ragionevole ordine di grandezza su cui impostare scelte consapevoli e coerenti col proprio status previdenziale», parte coinvolgendo gli under40 che hanno chiesto il codice pin al sito www.inps.it (2,8 su 7,8 milioni) appartenenti al fondo pensioni dei lavoratori dipendenti (esclusi i lavoratori agricoli dipendenti e i lavoratori domestici), alle Gestioni speciali artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri e alla Gestione separata; a giugno, invece, sarà la volta di chi ha meno di 50 anni (platea di 5,6 milioni di cui 2,2 col pin), a luglio degli over50 (4,6 milioni di cui 1,8 in possesso di codice). Da settembre, inoltre, sarà inviata una comunicazione cartacea a chi non avrà ancora un pin («sollecitiamo tutti a dotarsene», sottolinea Boeri) contenente il conto assicurativo individuale e la simulazione della situazione pensionistica calcolata sulla base di parametri medi; dal 2016 il bacino si amplierà a 3,5 milioni di occupati «iscritti ai fondi speciali di previdenza, a quelli con contribuzione da lavoro agricolo dipendente e da lavoro domestico, e ai circa 3,2 milioni di lavoratori dipendenti delle amministrazioni pubbliche».
Un esercizio per stimare la prestazione che verrà, in virtù delle norme vigenti e sulla base di «età, storia lavorativa e retribuzione/reddito», lo fa lo stesso Istituto: come si nota dalla tabella, andare in pensione di vecchiaia il primo aprile 2018 con un’ultima busta paga di 2.571 euro lordi porterà a ricavarne 1.353, stabilendo così un tasso di sostituzione (rapporto fra stipendio conclusivo e primo assegno, ndr) del 52,62%. Intanto, l’Inps illustra il panorama attuale: nel 2015 il 64,3% delle pensioni vale meno di 750 euro, ma sale l’importo medio mensile, da 780,14 euro nel 2012 a 825,06 quest’anno. Due i motivi dell’aumento: la «perequazione automatica» e la sostituzione delle prestazioni eliminate con le nuove liquidate con somme maggiori, «anche in relazione alle recenti riforme che hanno aumentato i requisiti di accesso» al pensionamento.