Grandi temi
Autore: Gigi Giudice
ASSINEWS 264 – maggio 2015
Dell’amianto e delle morti da mesotelioma pleurico e carcinoma polmonare si sta parlando molto sui giornali e in tv. Soprattutto a causa della risonanza del processo per i decessi fra gli operai e la popolazione di Casale Monferrato, conseguenti alla esposizione alle microfibre di amianto di una intera collettività.
A dilatare l’attenzione sul fenomeno è che gli effetti letali dovuti a tale esposizione si manifestano a distanza anche di trenta-quarantanni. Non solo per via della presenza di fabbriche come quella di Casale Monferrato o di Broni o di Monfalcone o delle altre, ora chiuse ovviamente, in varie zone d’Italia. Basta guardarsi attorno per rendersi conto (dopo che ce lo hanno spiegato in vari momenti, ripetutamente) che di amianto sono spesso fatti i tetti di molte abitazioni, di edifici pubblici, di scuole, di stalle e altri ricoveri per il bestiame, di capannoni, di tubazioni, di parti di vetture ferroviarie (pensate sia ai ferrovieri che ai lavoratori “pendolari” affollati ogni giorno su quei treni …).
Dall’inizio del Novecento, in un’Italia povera di mezzi e risorse, l’amianto era materiale poco costoso e di facile impiego. E nessuno sapeva, immaginava quali effetti potessero sortire dal suo “sbriciolarsi” e dal diffondersi di quelle polveri.
Il tema è tanto più caldo oggi per via del fatto che – secondo le previsioni degli addetti ai lavori – questo 2015 dovrebbe essere l’anno in cui si verificherà il più alto numero di vittime. Morte per aver inconsapevolmente respirato le invisibili fibre che si disperdono nell’aria quando l’amianto viene maneggiato o si sgretola.
Non solo: nelle settimane scorse si è saputo che l’Italia “importa” ancora amianto. Né basta: a Palazzo Nuovo, una delle diramazioni dell’Università di Torino, gli studenti hanno manifestato clamorosamente, avendo avuto conferma che i locali dell’edificio presentano vistose presenze di amianto.
“Amianto: Responsabilità e risarcimento dei danni” è il titolo del convegno promosso dai riassicuratori di Gen Re, con l’apporto dello studio legale MRV e sotto l’egida di Insurance SkillsJam, per fare il punto su un rischio che incombe e sul quale – nonostante tutte le analisi, gli studi, le grida di allarme, c’è ancora una sorta di mutuo silenzio. Rotto ciclicamente da episodi clamorosi, ma poi fatto rientrare perché risulta materia troppo incandescente.
Il 23 aprile, a Milano, nell’auditorium “Paolo VI” del Gruppo Cattolica, si sono srotolate puntuali e direi provocatorie (anche se l’aggettivo è usurato in una società contemporanea dove tutti ormai “attaccano”, secondo anche i compunti telegiornali di mamma tv) relazioni. Che hanno trattato, sul tema amianto, delle patologie, della giurisprudenza, della sicurezza sul lavoro e, naturalmente dei problemi assicurativi che ne scaturiscono.
Citiamo a parte, la scaletta degli interventi. Tutti ad altissimo contenuto tecnico tali da risultare non comprimibili e che saranno augurabilmente raccolti in volume. Testo che costituirebbe un indispensabile aggiornamento del precedente “Amianto: responsabilità e risarcimento dei danni”, edito nel 2010 (Maggioli editore).
Ci interessa qui riprendere almeno la relazione di Cinzia Altomare, responsabile della sottoscrizione di affari facoltativi casualty per l’Italia, Malta e Paesi Balcanici di Gen Re, una delle maggiori compagnie di riassicurazione mondiali.
Intervento che sottolinea come l’Amianto sia un rischio ancora presente.
Una “morte bianca” quella delle quasi 16mila vittime di mesotelioma tra il 1993 e il 2008 in Italia. Mentre per gli anni successivi si prevendono 5mila decessi all’anno, con picco di mortalità previsto tra il 2015 e il 2020. Una vera strage.
L’Inail ha censito in 32mila i siti ancora contaminati dall’amianto, inclusi 3mila edifici scolastici. Mentre i lavoratori potenzialmente a rischio sarebbero circa tre milioni e mezzo.
L’opera di smaltimento dell’amianto – dopo che la legge del 1992 ne ha vietato l’impiego – procede al ritmo di 380mila tonnellate l’anno. Dunque passeranno ancora una ottantina d’anni per veder smaltite tutte le restanti 32 milioni di tonnellate ancora presenti in Italia. Paese storicamente forte produttore e consumatore di amianto. Quasi 3,8 milioni di tonnellate sono state estratte dal secondo dopoguerra al 1992.
La più grande cava di Europa era a Balangero (in Piemonte), dalla quale, dal 1951, si potevano produrre circa 130mila tonnellate di amianto l’anno.
Tra il 1967 e il 1979 in Italia si arrivò a produrre 160mila tonnellate di amianto all’anno.
Si valutano oltre 607mila i siti produttivi con esposizione storica all’amianto. Che cessò di essere prodotto solo con intervento legislativo del 1992 (d.lgs. 257/92).
Vale la pena accennare alla seconda conferenza governativa sull’Amianto, tenutasi a Venezia nel novembre 2012, promossa dai ministeri della Salute, dell’Ambiente, del Lavoro e delle politiche Sociali. Si doveva discutere sull’emergenza amianto e individuare le iniziative finalizzate a redigere un piano d’azione. Partendo dall’esame del quarto Rapporto ReNM e sulla base dello studio di Federica Paglietti, responsabile scientifico del Gruppo Amianto ed aree ex-estrattive minerarie dell’INAIL, che esaminava le problematiche legate alla bonifica delle aree contaminate e allo smaltimento dei materiali contenenti asbesto.
Dallo studio risultava che – al giugno 2012 – delle 73 discariche dedicate a raccogliere lo smaltimento dell’amianto, solo 22 risultavano ancora in esercizio.
Però solo 3 discariche per rifiuti pericolosi accettavano rifiuti contenenti amianto, ma una di esse solo se provenienti dalla propria Regione e un’altra solo se provenienti dal relativo Sito di Interesse Nazionale.
In pratica funzionava e funziona tutt’ora UNA SOLA DISCARICA che accetta rifiuti contenenti amianto in matrice friabile provenienti da tutto il territorio nazionale. Ne consegue che molti rifiuti vengono “esportati” in altri paesi comunitari.
Riguardo ai casi di mesotelioma per tipo di esposizione, risulta che il 47 per cento colpisce chi professionalmente lavora l’amianto. Si calcola nell’8 per cento la percentuale di chi ha probabilità di contrarre la malattia sempre in quanto lavoratore professionale .
Per il 17 per cento si ammalano persone che non sono a contatto, mentre il 4 per cento ne viene colpito in quanto familiare di un lavoratore dell’amianto e il 4 per cento per ragioni ambientali.
A tuttoggi i siti bonificati dall’amianto sono 832; quelli parzialmente bonificati 339 mentre ne restano da bonificare 30.309.
Tra questi figurano Broni (Fibronit), Priolo Eternit Siciliana, Casale Monferrato (Eternit), Balangero- Cava Monte San Vittore, Napoli- Bagnoli (Eternit), Tito – ex Liquichimica , Bari (Fibronit), Biancavilla-Cave Monte Calvario, Emarese – Cave di Pietra.
Per la cui bonifica il ministro Galletti chiese al Governo, nel 2008, lo stanziamento di 360 milioni di euro.
Le malattie professionali prodotte dall’amianto (asbestosi, neoplasie, placche pleuriche) riconosciute come tali tra il 2010 e il 2011 sono state 1567 nel 2010 e 1.328 nel 2011.
Nel 2008 la Legge finanziaria istituì, presso l’Inail, il Fondo Vittime dell’Amianto, che per essere regolamentato dovette attendere il decreto ministeriale del 12 gennaio 2011.
Il Fondo è finanziato con risorse provenienti per tre quarti dal bilancio statale e per un quarto dalle imprese.
A beneficarne sono i lavoratori titolari di rendita diretta ai quali sia stata riconosciuta una patologia asbesto-correlata per esposizione all’amianto e alla fibra “fiberfrax”. Ne beneficiano anche i familiari, titolari di rendita “a superstiti”.
Il beneficio consiste in una prestazione economica aggiuntiva alla rendita percepita, calcolata sulla base di una misura percentuale definita con decreto ministeriale. La rendita è erogata dall’Inail.
La Legge di stabilità (del 23 dicembre 2014, n.190) ha esteso i benefici assistenziali del Fondo Vittime dell’Amianto ai malati di mesotelioma che abbiano contratto la patologia: per esposizione familiare, ovvero a contatto con lavoratori impiegati nella lavorazione dell’amianto oppure per comprovata esposizione ambientale.
45 milioni di euro sono stati stanziati in via sperimentale per ognuno degli anni del triennio dal 2015 al 2017 per la bonifica dei Siti di Interesse Nazionale contaminati dall’amianto.
Nel contempo va considerata la tragedia dell’Isochimica, la fabbrica creata nel 1982 (dieci anni prima della messa al bando dell’amianto) in provincia di Avellino dopo il terremoto dell’Irpinia.
Alla Isochimica venne assegnato il contratto per lo smaltimento dell’amianto presente nei vagoni e nelle locomotive delle Ferrovie dello Stato. I 330 operai impegnati a smantellare oltre 3mila vagoni operavano senza adottare alcuna misura di sicurezza (né tute, né maschere…).
Si videro 20mila tonnellate di amianto seppellite sotto i fabbricati dell’azienda, ammassate nei cortili e nei magazzini, gettate nei fiumi e nei boschi dei dintorni.
Nel 2010 gli operai hanno iniziato a denunciare sinistri per malattie da amianto. Molti di loro hanno contratto l’asbestosi e le placche pleuriche, Si aspettano ora i primi morti per mesotelioma. La stampa locale li ha già definiti, all’americana, “Dead men walking”.
Gli scenari sul rischio amianto nel resto del mondo non sono meno drammatici. L’Agenzia del Lavoro dell’Onu stima intorno a 120mila il numero annuale delle vittime dell’amianto.
Ed è una tragedia anche sul piano assicurativo. Uno studio degli specialisti della Tower Watson calcola che l’ammontare dei risarcimenti per sinistri provocati dall’amianto e liquidati dalle compagnie di assicurazione statunitensi oscillerebbe tra i 65 e gli 85 miliardi di dollari. Il costo affrontato dagli assicuratori di tutto il mondo raggiungerebbe un ammontare tra i 195 e i 275 miliardi di dollari.
Si tratta di stime risultanti da ricerche effettuate consultando istituti come AM Best, Milliman e Tillinghast.
E proprio i risarcimenti erogati per le vittime dell’amianto hanno provocato, tra il 1992 e il 2010, la bancarotta di oltre una novantina di compagnie di assicurazione.
Nel 2012 l’agenzia di rating Moodys ha redatto un rapporto nel quale la capacità finanziaria di tutti gli assicuratori Usa è stata rivalutata alla luce delle riserve accantonate per far fronte ai rischi da amianto.
E già nel 2011 le maggiori compagnie avrebbero ceduto in riassicurazione una parte cospicua delle rispettive riserve sinistri destinate a risarcire i sinistri da amianto.
Si dice che la sola AIG, una delle compagnie maggiori, avrebbe portato a oltre un miliardo di dollari le previsioni di spesa per tali sinistri.
Lo studio di Tower Watson ha rilevato oltre 30mila casi di mesotelioma registrati tra il 2000 e il 2010.
L’ammontare medio dei risarcimenti riconosciuti come mesotelioma si è andato innalzando continuamente. Da 5,5 milioni di dollari nel 2007 ai 6,1 milioni del 2010.
Si è registrato, nel giugno 2012, il risarcimento di 48 milioni di dollari a un ottantaseienne californiano.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rilevato comunque che circa la metà dei decessi causati dall’amianto avviene in Europa. Per via del fatto che tra il 1920 e il 2000 il nostro continente ha utilizzato tra il 48 e il 28 per cento dell’amianto commercializzato nel mondo.
In Europa si registrano morti dovute, per il 56 per cento, a mesotelioma e, per il 41 per cento, a asbestosi.
I tassi più alti di mortalità da mesotelioma si registrano in Islanda. Segue il Regno Unito e Malta. Mentre l’Italia risulta nella media.
Per quanto riguarda l’asbestosi è Malta a guidare la graduatoria, seguita da Islanda e Regno Unito.
Nel Regno Unito i costi dei risarcimenti da mesotelioma ammontano, sino oggi, a qualcosa come 11 miliardi di sterline (ma c’è chi sostiene che arrivino addirittura a 30 miliardi). La maggior parte di tali risarcimenti è sostenuta dalla Employer’s Liability (RCO), dal momento che nel 97 per cento dei casi vengono catalogati come malattie professionali.
L’importo medio dei risarcimenti varia tra le 150mila e le 200mila sterline. Con casi che superano il milione.
Per i casi (trecento circa all’anno) in cui non sia stato possibile rintracciare un datore di lavoro responsabile, provvede l’ELTO– Employer’s Liability Tracing Office. Che opera dal 2014 per intervenire sui casi di mesotelioma diagnosticati dal luglio 2012 ed è finanziato da un contributo obbligatorio delle compagnie operanti nel ramo RCO.
Il dramma umano legato al manifestarsi con tempi tanto lunghi degli effetti dell’amianto è di evidente interesse “globale”.