di Roberta Castellarin e Paola Valentini  

Le polizze Vita tradizionali stanno vivendo un nuovo boom di raccolta e fanno concorrenza ai titoli di Stato e alle altre forme di investimento a basso rischio. Questi prodotti contano su un fisco più leggero perché non sono soggetti all’imposta di bollo e scommettono su formule che le rendono più appetibili.

E il trend è destinato a continuare perché con l’aumento in arrivo dal primo luglio della tassazione sulle rendite finanziarie dal 20 al 26% diventeranno competitive anche nei confronti dei conti di deposito vincolati. Infatti per la parte della gestione separata investita in titoli di Stato l’aliquota sarà del 12,5 e non del 26%. Inoltre, come per tutte le polizze vita, non viene applicata alcuna tassazione sul capital gain in caso di decesso. C’è poi la garanzia del rendimento minimo e il meccanismo del consolidamento. A differenza dei fondi o delle gestioni in titoli questi contratti prevedono che ogni anno il rendimento sia garantito fino alla scadenza. Da inizio anno a fine marzo le polizze Vita di nuova produzione hanno raccolto premi per 22,8 miliardi di euro. In particolare c’è stato proprio a marzo un flusso netto positivo di 8,1 miliardi (+47,7% rispetto allo stesso periodo del 2013). Si tratta dell’ammontare più elevato di nuovi premi raccolti in un mese nel settore assicurativo italiano. Dai dati raccolti da Ania emerge che proprio le polizze tradizionali (che appartengono al cosiddetto ramo I) si confermano a scelta prevalente, con un’incidenza di quasi l’80% della raccolta.

Da inizio anno i premi delle polizze di ramo I hanno raggiunto i 18,6 miliardi, +65% rispetto ai primi tre mesi del 2013. La gestione separata è in genere prevalentemente orientata al mercato obbligazionario e vi confluiscono i premi dei clienti che aderiscono a contratti a essa collegati. Queste gestioni sono tenute contabilmente distinte dalle altre attività della compagnia, a tutela dei risparmi degli assicurati. Da sempre i canali che più spingono questi prodotti sono quelli bancari, ma negli ultimi anni anche i promotori fanno la loro parte. In ogni caso le polizze tradizionali restano un prodotto di punta grazie ad alcuni vantaggi che presentano rispetto ad altri strumenti. In primo luogo sono esenti dall’imposta di bollo, requisito non marginale visto che è pari allo 0,2% del capitale. Non è un caso che proprio con l’aumento di questa imposta, prima allo 0,15%, sia ripreso un forte trend di raccolta.

 

Non solo. Visto che tali gestioni investono buona parte dei portafogli in titoli di Stato, sono soggette all’imposta sul capital gain non del 20 ma del 12,5% per la quota destinata appunto ai titoli pubblici italiani ed esteri. Vantaggio che sarà ancora maggiore dal 1° luglio prossimo quando l’aliquota passerà al 26%. Senza dimenticare che il prelievo fiscale sulla plusvalenza è differito al momento del disinvestimento e non è previsto alcun prelievo sulla plusvalenza in caso di successione e nemmeno l’imposta di successione. Inoltre restano fuori dall’asse ereditario, quindi si possono destinare le somme del contratto a persone diverse dagli eredi.

Dal punto di vista dei rendimenti, nel 2013 le gestioni separate hanno confermato un risultato lordo medio del 3,9%. Un trend che probabilmente sarà confermato anche nei prossimi anni. La volatilità non ha impatto sui risultati perché il valore dei portafogli è calcolato al prezzo di acquisto e non al valore di mercato, come per i fondi. Da qui la possibilità di esporre rendimenti più costanti nel tempo. Negli anni 90, quando i tassi erano alle stelle, le gestioni separate riuscivano a rendere anche il 9-10% l’anno. Gradualmente questo rendimento si è ridotto. Durante la crisi che ha fatto salire i rendimenti dei Btp le compagnie hanno potuto far scorta di titoli che garantiranno ricche cedole. Certo, con l’aumento della raccolta resta il problema dell’allocazione del portafoglio. Non è un caso che sempre meno compagnie prevedano la garanzia di un rendimento minimo, e nei casi in cui lo prevedono questo è comunque tra l’1 e il 2%. Questo perché nei prossimi anni investire nei mercati obbligazionari sarà sempre più complesso. Da una parte, dopo anni di rally c’è un’inversione di tendenza negli Stati Uniti, dove è in rialzo il rendimento dei titoli federali, che potrà avere conseguenze anche sui bond europei. Rispetto al rendimento lordo, inoltre, il dato netto dipende dai singoli contratti. Ci sono due modalità di trattenuta. Una parte delle compagnie retrocede l’80-85% del lordo, altre invece prelevano dal rendimento una commissione in media tra l’1 e l’1,5%. Le commissioni sono una variabile da considerare, tanto più se sono previste coperture come il caso morte o invalidità. Intanto si punta anche sulla distribuzione della cedola, prendendo a modello quanto hanno fatto le società di gestione con i fondi. Ma le compagnie stanno anche lanciando prodotti ibridi più aggressivi. Quelli multiramo contengono sia gestioni separate che unit linked, che investono a loro volta in fondi o sicav. La formula delle unit consente al sottoscrittore di passare da un fondo all’altro in regime fiscale conveniente (si veda box in pagina). Per chi quindi movimenta il portafoglio in fondi, la sottoscrizione tramite unit linked può risultare più conveniente rispetto all’investimento diretto, nonostante la presenza di commissioni di gestione doppie, quelle sul prodotto e sui singoli fondi. Peraltro», spiega Claudia Bordoni, responsabile marketing di Skandia Vita, «dal 2005 le compagnie sono obbligate a girare al cliente le retrocessioni che ricevono dalle società di gestione. Noi mediamente retrocediamo al cliente un minimo tra lo 0,63% per gli azionari e lo 0,36% per gli obbligazionari. Senza dimenticare che con la unit si riesce a spostare il portafoglio del cliente da un fondo all’altro senza buchi temporali, mentre direttamente l’investitore può perdere una decina di giorni tra disinvestimento e investimento». Queste polizze sono quindi sempre più proposte dalle reti di private banking come alternativa alle gestioni in fondi. Non l’Ania che registra per le unit premi a marzo di 1,58 miliardi (3,5 miliardi da inizio anno), +8,7% sul marzo 2013. Tali prodotti di fatto rappresentano la restante quota (20%) della nuova produzione vita di marzo, accanto all’80% delle polizze tradizionali. Si aprono invece tempi duri per i conti di deposito a causa dei tassi in calo, e ora anche per l’aumento della tassazione dal 20 al 26%. «Per mantenere questi prodotti competitivi le banche dovrebbero aumentare i tassi lordi ma non credo lo faranno», dice Manfredi Urciuoli, responsabile comunicazione di ConfrontaConti.it. In ogni caso, un emendamento del Pd prevede per le giacenze fino a 25 mila euro di mantenere l’aliquota del 20%. «Nei conti di deposito l’importo medio investito è sui 22 mila euro, una misura del genere tutelerebbe molti risparmiatori», commenta Urciuoli. Invece alcune banche si fanno carico dell’imposta di bollo. Prevedono questa misura, dice ConfrontaConti.it, Banca Ifis,Banco Popolare, Banca Mediocredito Friuli-Venezia Giulia, Bcc Pisa e Fornacette, Cassa Rurale Renon, Ibl e Findomestic. (riproduzione riservata)