È stato raggiunto ieri un accordo tra oltre un terzo degli stati Ue, tra cui anche Italia, Germania e Francia, per il lancio di una tassa sulle transazioni finanziarie non oltre il primo gennaio 2016, con «risultati concreti» già entro la fine del 2014. Lo ha riferito il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, uscendo da una riunione dei ministri delle finanze europei a Bruxelles. La tassa riguarderà transazioni su azioni e su «alcuni derivati», non i titoli di stato.
Il campo di applicazione della tassa potrebbe però essere ampliato in un secondo tempo. Il Regno Unito resta fuori dall’applicazione della tassa europea e invoca che la tassa non abbia un impatto sui paesi che non vi partecipano. L’accordo riguarda dieci stati membri Ue: Italia, Francia, Germania, Belgio, Austria, Portogallo, Grecia, Slovacchia, Spagna, Estonia e Slovenia. Quest’ultima, pur avendo aderito alla cooperazione, non ha sottoscritto l’accordo, a causa della crisi di governo in corso a Lubiana. L’accordo resta comunque vago ed è sotto accusa da parte di molti degli stati Ue, che non lo hanno sottoscritto. Il ministro delle finanze olandese, e presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha detto che i Paesi Bassi «non sono nella condizione di sottoscrivere questo accordo», in quanto è basato «su un compromesso minimo» e non è chiaro sui prodotti coinvolti dalla tassazione e sui tempi. Anche il ministro delle finanze svedese, Anders Borg, si è espresso in termini molto critici nei confronti della tassa, che avrebbe un impatto negativo sulla crescita e un impatto indiretto sulla produttività.
Si è messa di traverso anche la Banca europea degli investimenti. Attraverso il suo presidente, Werner Hoyer, ha chiesto ai ministri finanziari dell’Ue di esentare le proprie operazioni dal campo di applicazione della tassa sulle transazioni finanziarie (Ftt). La Bei chiede che siano esentate (equiparandole ai titoli di stato dei paesi membri) non solo le proprie obbligazioni, ma anche la gestione degli attivi appartenenti a terzi. Secondo un’analisi della Bei, basata sulle sue transazioni nel 2012, «la Ftt potrebbe avere un impatto tra i 600 milioni e 1,65 miliardi di euro, ovvero tra il 20 e il 60% del risultato netto della propria gestione finanziaria, con un aumento da 11 a 32 punti base all’anno del prezzo dei suoi prestiti». Questo, ha affermato Hoyer in una lettera ai ministri, finirebbe con il «compromettere la missione» della Bei, che è un’istituzione finanziaria puramente finalizzata ad attuare le politiche dell’Ue.
Nell’ambito dell’Ecofin, il consiglio dei ministri delle finanze Ue ha intanto confermato la decisione della Commissione europea di considerare l’Italia un paese con squilibri economici eccessivi. Solo Slovenia e Croazia fanno compagnia all’Italia tra i paesi sotto monitoraggio per squilibri eccessivi. L’essere parte di questo gruppo implica per un paese il rischio di essere soggetto a sanzioni, anche pecuniarie e a raccomandazioni più stringenti da parte di Bruxelles. Il Consiglio «concorda con la decisione della Commissione che squilibri eccessivi esistono in tre paesi membri, Croazia, Italia e Slovenia, e concorda con l’intenzione della Commissione di verificare le misure adottate e quelle in programma (nei tre stati membri) per determinare se sono adeguate a far fronte ai rischi e alle sfide collegati agli squilibri», afferma un comunicato dell’Ecofin.
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