di Teresa Campo

Finalmente il mercato dei mutui rialza la testa. E lo fa con un balzo del 20,8% nei primi tre mesi del 2014 rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Era dal 2010 che il settore si muoveva solo al ribasso, in una spirale perversa che ha fatto precipitare l’erogato da 63 a 21 miliardi. A segnalarlo è l’ultimo rapporto stilato da Abi e Agenzia delle Entrate.

In realtà altre fonti parlano di numeri un po’ più contenuti: Assofin limita la crescita al 7,4% per l’erogato, al 10,6% per il numero di contratti, mentre Banca d’Italia si attesta al 9,3%, ma includendo anche i prestiti concessi a imprese familiari. Ma sono i limiti della statistica. Quello che conta è che di vera crescita si tratta: non è episodica (la scorsa estate era stata annunciata da una costante ripresa della domanda, tornata ad aumentare dopo una lunga flessione), non è insignificante (l’aumento dell’erogato supera in ogni caso il 7%), non è circoscritta (ad aprire la borsa sono state un po’ tutte le banche). Inoltre, oggi i mutui costano molto meno di un anno fa, quasi un punto percentuale, grazie al minor costo della raccolta, che ha permesso di limare gli spread.

A dare slancio al mercato è stato il miglioramento del cosiddetto indice di accessibilità delle famiglie al mercato immobiliare (parametro elaborato dall’ufficio studi Abi), che si è riportato al 6,7%. Rispetto al primo semestre 2013 l’incremento è del 2,1%.

Soprattutto, l’indice ha finalmente rivisto i livelli pre-crisi. In aumento poi anche la quota di famiglie in possesso dei requisiti minimi reddituali per ottenere un mutuo casa, oggi di nuovo superiore al 50%.

 

Al recupero ha contribuito il miglioramento del rapporto tra quotazioni di mercato e redditi, e questo grazie al deprezzamento delle case. Non a caso i nuovi mutui sono di valore leggermente più basso rispetto al passato. Il resto l’hanno fatto i tassi di interesse, sempre ai minimi storici, e il già accennato ridimensionamento degli spread. Anzi, la combinazione dei due ha fatto sì che, nonostante gli spread applicati dalle banche siano ancora attorno al 2,5% (ai tempi d’oro si riusciva a scendere anche sotto l’1%) il costo complessivo dei mutui abbia riguadagnato i livelli pre crisi: i più convenienti fra quelli a tasso variabile costano intorno al 2,80-2,85%, mentre i migliori a tasso fisso vanno sotto il 5%. A questo punto gli elementi confortanti sono parecchi: i tassi di mercato restano bassi, i mutui costano meno e così le case, e quindi per le famiglie comprare è diventato un po’ meno difficile.

Sul fronte delle banche nell’ultimo anno si è assistito a un ritorno di competitività dei mutui dovuto anche al riaffacciarsi sul mercato di alcuni player dopo un periodo di stasi, per esempio Unicredit, che si è dichiarata seriamente intenzionata a riguadagnare la leadership perduta, e in questi mesi ha già festeggiato un aumento record dell’erogato.

A questo punto bisognerà vedere se un mercato più competitivo si tradurrà in più mutui per tutti o solo in un riallineamento delle quote di mercato. In realtà al momento le probabilità pendono verso la seconda ipotesi. «Il boom di erogato dei primi mesi dell’anno risulta un po’ drogato da alcuni fattori, o meglio, non solo di nuovi acquisti si tratta», spiega Roberto Anedda di Mutuionline. «Parte della crescita si deve infatti al prepotente ritorno dei mutui di surroga: poiché i prodotti oggi sul mercato costano molto meno di quelli erogati negli anni scorsi, e non ci sono avvisaglie di rialzo dei tassi di interessi, si è avviato un naturale processo di sostituzione dei vecchi mutui, per cambiare tipo di tasso o rinegoziare lo spread». Non a caso il 7,4% di crescita dell’erogato indicato da Assofin si compone del +6,2% registrato dai mutui acquisto e dal +12,4% ottenuto dai cosiddetti altri mutui, categoria che include appunto surroga (la maggioranza) oltre a finanziamenti per ristrutturazione e prodotti di liquidità. Ancora più marcato il divario se si guarda al numero di contratti: in questo caso se la crescita complessiva è stata del 10,6% nel trimestre, quella dei mutui acquisto si è attestata all’8,2%, mentre gli altri mutui hanno toccato il 20%. Dunque per il momento sono le surroghe a trainare il mercato, «ma la ripresa del settore non potrà andare lontano se non arriveranno anche i mutui per acquisto», sottolinea Anedda.

La prudenza delle banche nel finanziare nuovi acquisti è testimoniata anche da una sorta di mutazione genetica del prodotto mutuo all’insegna soprattutto di flessibilità e modularità. Nei 25 anni di vita media di un mutuo casa, situazione economica ed esigenze del mutuatario possono cambiare molte volte, e lo stesso vale per lo scenario macro. Il costo del mutuo è inoltre più esplicitamente legato al rischio. Per fare un esempio, come accennato gli spread medi sono scesi fino al 2,80%, ma diverse banche (Bper, Bpm, Credem) si spingono fino al 2,10% se il mutuo non supera il 50% del valore della casa, per innalzarlo via via all’aumentare del rapporto Loan to Value. Lo stesso 80% peraltro è anche difficile da raggiungere «anche perché l’instabilità dei prezzi di mercato induce a valutazioni piuttosto conservative», aggiunge Anedda. Il tutto all’interno di parametri di merito di credito più stringenti per il mutuatario, dal rapporto rata-reddito alla quota di finanziamento, di rado superiore all’80%. Le cicatrici lasciate dalla valanga di mutui in sofferenza sono ancora troppo fresche.

 

Nonostante le molte luci ci sono anche tante ombre. Intanto la doccia fredda arrivata in settimana dallo spread Btp-Bund che in un solo giorno ha riguadagnato 30 punti base a seguito dei dati negativi su pil ed export dell’Italia. Ricordiamo che il calo del costo dei mutui va di pari passo con la riduzione del differenziale di rendimento tra il decennale italiano e tedesco. Forse la situazione si normalizzerà, ma a questo punto non prima delle elezioni europee di fine maggio e soprattutto della riunione della Bce del 5 giugno, ammesso che in quell’occasione vengano effettivamente annunciate misure espansive. Il mercato rimane poi sotto i massimi di oltre il 60%, e la crescita di quest’anno non modificherà di molto la situazione, complice la persistente debolezza delle compravendite. C’è poi il dubbio che l’exploit di questi mesi sia dovuto alla riduzione delle imposte sull’acquisto della prima casa, in vigore dal 1° gennaio. Insomma il risultato potrebbe essere stato un po’ gonfiato da chi ha ritardato la firma del rogito per pagare meno tasse. Infine, conclude Anedda, «tutte le banche parlano di aumento del plafond ma non di condizioni meno rigide. Con queste premesse la ripresa rischia di essere rimandata al 2015». (riproduzione riservata)