di Edoardo Narduzzi  

 

Nel corso del 2014 sarà sicuramente la più importante privatizzazione made in Italy. Ma lo sbarco in borsa delle Poste Italiane ha un significato che va oltre la sola uscita dello Stato dall’azionariato totalitario, perché va inquadrata anche nella dialettica in corso tra il premier e i sindacati. Renzi non si farà vedere al prossimo congresso della Cgil, un must imperdibile per qualsiasi capo del governo di centrosinistra prima di lui, a segnalare la sua volontà di voltare pagina con la stagione della concertazione, quella contrassegnata dalle riforme possibili solo dopo aver ottenuto il semaforo verde del sindacato. E Renzi, sicuramente, vuole archiviare anche la stagione della cogestione, quella che ha sempre riservato posti di comando ai sindacati nei cda di vari enti o società pubbliche: Poste e Inps soprattutto. Non è un mistero per nessuno che in Poste negli anni passati e per infiniti lustri «non si muoveva foglia» senza un qualche assenso da parte della Cisl che, fino all’avvento della stagione Renzi, ha sempre avuto presidenze e posti abbondanti nei vari consigli del conglomerato statale. Il nuovo cda di Poste appena nominato, invece, è il primo che non annovera nessun sindacalista della Cisl di Raffaele Bonanni tra le sue fila. Una rivoluzione e, soprattutto, un segno forte verso tutto quel mondo di interessi non propriamente da sana ed evoluta economia di mercato.

Ore le Poste veleggiano verso la borsa liberate anche dalla zavorra cislina. Ma non basta, pur essendo già molto, al nuovo vertice per rassicurare i mercati sulle attese di creazione di valore, quelle che qualunque investitore ricerca nell’attualizzazione dei cash flow futuri. Le Poste privatizzate devono puntare senza remore di sorta a rafforzare i propri punti di forza. Quali? Soprattutto due. I servizi assicurativi, che già contribuiscono per oltre il 60% al fatturato annuo. La strategia in questo caso è quella di puntare sui rami danni, dove le Poste potrebbero agilmente replicare i successi del Vita, e sui canali indiretti. La scelta del nuovo management per il settore assicurativo sarà centrale: un profilo come quello di Alessandro Santoliquido, ceo di Sara, riportata all’utile e alla crescita in soli 18 mesi, fondatore di Genialloyd ed ex Mckinsey, potrebbe piacere molto a Francesco Caio, nuovo n. 1 di Poste. Su come far essere più Amazon le Poste – creando una piattaforma originale tra digitale, consumer management e rete fisica – Caio sa benissimo come agire. Ma ora che le Poste chiedono capitale ai privati, questi vogliono capire bene cosa accadrà nei due settori nei quali il Gruppo può crescere di più come fatturato e margini.