di Edoardo Narduzzi
Quella delle Poste sarà sicuramente la più importante privatizzazione made in Italy di quest’anno. Ma lo sbarco in borsa delle Poste Italiane ha un significato che va oltre la sola uscita dello Stato dall’esclusiva proprietà dell’operatore postale, perché va inquadrata anche nella dialettica in corso tra il primo ministro e i sindacati.
E Renzi, sicuramente, vuole archiviare anche la stagione della cogestione, quella che ha sempre riservato posti di comando ai sindacati nei cda di vari enti o società pubbliche: Poste e Inps soprattutto. Non è un mistero per nessuno che in Poste, negli anni passati e per infiniti lustri, non si muoveva foglia senza un qualche assenso da parte della Cisl che, fino all’avvento della stagione Renzi, ha sempre avuto in abbondanza presidenze e posti nei vari consigli del conglomerato statale. Il nuovo cda di Poste appena nominato, invece, è il primo che non annovera alcun sindacalista della Cisl di Raffaele Bonanni tra le sue fila. Una rivoluzione e, soprattutto, un segno forte verso tutto quel mondo di interessi non propriamente da sana ed evoluta economia di mercato.
Ora le Poste veleggiano verso la borsa, liberate anche dalla zavorra cislina. Ma non basta. Pur essendo già molto, al nuovo vertice per rassicurare i mercati sulle attese di creazione di valore, quelle che qualunque investitore ricerca nell’attualizzazione dei cash flow futuri, le Poste privatizzate devono puntare senza remore di sorta a rafforzare i propri punti di forza. Quali? Soprattutto due. I servizi assicurativi, che già contribuiscono per oltre il 60% al fatturato annuo. La strategia, in questo caso, è quella di puntare sui rami Danni, dove le Poste potrebbero agilmente replicare i successi del Vita, e sui canali indiretti.
La scelta del nuovo management per il settore assicurativo sarà centrale: un profilo come quello di Alessandro Santoliquido, ceo di Sara, riportata all’utile e alla crescita in soli 18 mesi, fondatore di Genialloyd ed ex McKinsey, potrebbe piacere molto a Francesco Caio, nuovo numero uno di Poste. Quest’ultimo sa benissimo cosa fare per rendere l’operatore postale più simile ad Amazon (creando una piattaforma originale tra digitale, consumer management e rete fisica). Ma ora che le Poste chiedono capitale ai privati, questi vogliono capire bene cosa accadrà nei due settori nei quali il gruppo può crescere di più come fatturato e margini. (riproduzione riservata)