La stagione dell’ingegneria finanziaria dei titoli strutturati non può dirsi passata in casa delle Casse di previdenza. In questi anni, dal crack della Banca Lehman Brothers avvenuto nel 2008 in poi, gli enti hanno dato vita ad iniziative di ristrutturazione ovvero di dismissione di singoli titoli nell’ottica di contenere perdite potenziali e migliorare il profilo di rischio degli investimenti. Ma, come rileva la Covip nella sua relazione annuale sulla previdenza complementare presentata ieri (si veda altro articolo in pagina), all’interno degli istituti pensionistici resta in certi casi ancora alta la presenza di obbligazioni strutturate connotate da un elevato grado di complessità. Più specificamente, per sette enti il peso percentuale di tali investimenti si colloca in un intervallo tra l’1 e il 6% delle attività totali detenute; per quattro enti tale percentuale è compresa tra il 6 e l’8,5%; per due enti tale forma di impiego delle risorse si attesta tra l’11,9 e il 14,8%. Non solo. La Commissione di vigilanza sui fondi pensione evidenzia come «in alcuni casi la decisione di effettuare tali forme di investimento non è risultata supportata da un percorso decisionale adeguatamente articolato né seguita da una coerente azione di monitoraggio da parte dell’ente».
In una prospettiva di efficienza dei controlli in ambito previdenziale, avuto riguardo all’esperienza di vigilanza sulla gestione finanziaria dei fondi pensione, il legislatore (con la legge 111/2011) ha ritenuto di affidare alla Commissione il compito di controllo sugli investimenti delle risorse finanziarie e sulla composizione del patrimonio anche degli enti previdenziali privatizzati e privati di cui ai decreti legislativi 509/1994 e 103/1996. Al termine di un’ampia attività istruttoria, la Covip ha trasmesso ai ministeri vigilanti (lavoro ed economia) una relazione (riservata) per ciascuno dei 20 enti in esame. Dal dossier pubblicato ieri, però, è possibile avere delle informazioni utili a comprendere come sono impiegati i circa 60 miliardi di patrimonio delle Casse (si veda tabella in pagina).
A parte la modalità di gestione, prevalentemente in house, a fine 2012 gli investimenti effettuati in Oicr (organismi di investimento collettivo del risparmio: Sgr e Sicav) erano pari a 17,6 miliardi di euro, costituendo la quota più rilevante delle attività (28,8% del totale). Mentre gli immobili detenuti direttamente ammontavano a 12,8 miliardi di euro, costituendo il 21% delle attività totali. Il valore di esposizione confrontato con il precedente esercizio presenta una differenza negativa di circa il 5,5%, riconducibile al processo di dismissione di tali immobili in parte avvenuto con vendita sul mercato e in parte con apporto a Oicr di tipo immobiliare. La componente dei titoli governativi, comprensivi sia delle emissioni dello Stato italiano che di altri organismi sovranazionali, ammontava a circa 9 miliardi di euro; essa costituiva il 14,7 del totale delle attività, con un incremento dell’1,1% rispetto al precedente esercizio. Le attività investite in titoli di debito quotati e non quotati, pari nel complesso a 5,7 miliardi di euro (il 9,3%) erano in lieve contrazione rispetto al valore del 2011 (10,9%). Altre risorse risultavano investite in titoli di capitale quotati e non quotati e in titoli di imprese (di debito e di capitale) mentre la liquidità era pari a 6,4 miliardi.
In materia di investimenti delle gestioni previdenziali dei professionisti, una specifica normativa sarà contenuta nel decreto attuativo – di competenza del ministero dell’economia, di concerto con il Ministero del lavoro, sentita la Covip – della legge 111/2011 in corso di definizione. L’emanazione di tale provvedimento consentirà di disporre di un quadro di regole certe e predeterminate (livelli di rischio degli investimenti, conflitti di interesse, banca depositaria) all’interno del quale possono esercitarsi le prerogative gestionali degli enti. «Tale quadro normativo», sottolinea la Covip, «favorirà anche l’esercizio di una più incisiva azione di vigilanza».