di Francesco Ninfole

Ben vengano gli investitori esteri in una fase in cui arretra il vecchio capitalismo di relazione colpito dalla crisi. È questo in sintesi il pensiero di Giuseppe Vegas, presidente della Consob, intervenuto ieri alla relazione annuale della commissione di controllo.

L’intervento, giunto a metà del mandato settennale e a 40 anni dalla nascita della Consob, riflette la recente evoluzione del mercato italiano: la crisi ha messo in ginocchio il sistema tradizionale di controllo, basato sulla ragnatela di relazioni tra grandi società, e ha portato alla ribalta i grandi fondi internazionali come BlackRock, che proprio pochi giorni fa ha tenuto la sua riunione annuale a Milano, dopo l’ingresso in numerose banche e società italiane. Ma questo nuovo scenario di interesse per il listino milanese, ha sottolineato Vegas con forza, non si può dare per acquisito, perché l’umore favorevole dei mercati internazionali nei confronti dell’Italia potrà velocemente svanire: perciò il Paese deve cogliere l’occasione per varare le riforme strutturali che hanno bloccato la produttività. Anche il sistema finanziario deve progredire, sia a livello nazionale (con la revisione del Tuf) che a livello europeo, dove l’obiettivo è creare una Financial Union che si accosti alla Banking Union. Per Vegas è necessario creare un sistema economico e regolamentare favorevole per gli investitori internazionali, che devono attenersi al rispetto delle norme (la Consob quest’anno si è spesso scontrata proprio con BlackRock).

 

Le precedenti relazioni annuali della presidenza Vegas sono state presentate in un contesto molto complicato per l’Italia, che ha vissuto una crisi senza precedenti nella storia recente dal punto di vista finanziario (con la crisi del debito sovrano e dello spread) ed economico (con anni di recessione che hanno fatto esplodere la disoccupazione). L’intervento di ieri ha potuto registrare un miglioramento dello scenario. Gli effetti si sono visti in borsa. Nel 2013 l’indice Ftse Mib di Piazza Affari è salito del 17% e anche nei primi mesi di quest’anno è aumentato del 15%, il maggiore rialzo tra le maggiori piazze finanziarie europee. Eppure non c’è spazio per trionfalismi, nella visione di Vegas: «Si tratta di un equilibrio fragile», ha detto. «Ci troviamo di fronte a una finestra di opportunità che va colta senza esitazioni». Finora i capitali dall’estero hanno sopperito all’assenza di risorse a livello nazionale. «Oggi il cosiddetto capitalismo di relazione si sta ritraendo, per lasciare spazio a nuovi equilibri negli assetti proprietari delle imprese», ha detto Vegas. «Vecchi e consolidati rapporti tra importanti istituzioni finanziarie grandi azionisti si stanno modificando a favore di nuove forme di controllo, potenzialmente più aperte, che vedono sempre una maggiore presenza di investitori esteri». Il passaggio è valutato in modo positivo dal presidente Consob, che ha scacciato ieri eventuali dubbi in proposito. Il problema semmai è che «gli investitori sono nervosi come purosangue». Oltre alla necessità di riforme, Vegas ha spinto per una semplificazione e una maggiore uniformità del sistema finanziario.

In campo regolamentare, la crisi ha prodotto come conseguenza una «elefantiasi normativa», secondo il presidente Consob. In Italia la priorità è «una riforma organica del Tuf, soprattutto in materia di diritto societario e sanzioni». Per esempio, in materia di controlli, ci sono troppi organi con simili funzioni. Ulteriori miglioramenti, secondo Vegas, possono esserci nelle sanzioni, dove oggi c’è un «doppio binario» Consob-magistratura: «Merita particolare attenzione la sovrapposizione fra sanzioni amministrative e sanzioni penali nell’ambito della disciplina sugli abusi di mercato». Anche una recente decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo, che si è espressa sul caso dell’equity swap Ifil-Exor, ha riaffermato il principio del ne bis in idem. Altre proposte, già suggerite negli scorsi mesi, sono quelle su patteggiamenti e voto plurimo, quest’ultimo efficace per «bilanciare le esigenze di mantenimento del controllo con quelle di sviluppo».

Una parte importante del lavoro sulle regole va però fatta in ambito europeo, secondo il numero uno della Consob. «Andrebbe valutata l’opportunità di affiancare al single supervisory mechanism, recentemente istituito per assicurare la vigilanza sulle grandi banche dell’Eurozona, un istituto simile per il settore dei mercati mobiliari, realizzando una Financial Union simile al modello della Banking Union». Vegas ha rilevato che «la carenza di prassi di vigilanza uniformi porta a un terreno di gioco non livellato» e che «l’esperienza maturata in questi anni indica che la strada più efficace per realizzare un’effettiva armonizzazione e una più efficiente supervisione è quella di centralizzare le competenze di vigilanza a livello europeo». Quest’organo potrebbe essere una sorta di Esma rafforzata, che costituisca per i mercati l’equivalente di quanto sarà la Bce per le banche. Se non ci sarà alcuna evoluzione, lo scenario resterà quello attuale, cioè gli operatori sceglieranno i mercati e le autorità di vigilanza più lasche, anche approfittando della libertà d’azione concessa dal passaporto europeo negli Stati Ue.

Sul tema il presidente di Consob ha aggiunto che l’occasione per riflettere sulla Financial Union «potrà essere costituita dall’avvio del processo di revisione dell’attuale architettura del sistema europeo di vigilanza finanziaria, oggi basato su autorità che hanno competenze quasi esclusivamente regolamentari (Eba, Eiopa ed Esma), che dovrebbe partire dalla seconda metà dell’anno». In un mercato dei capitali sempre più integrato, «il decentramento delle competenze di vigilanza su un network di autorità nazionali non solo crea un terreno di gioco non livellato ma rende anche più difficile la tempestiva intercettazione dei fattori di rischio». Peraltro la Consob da tempo spinge per un sistema di controlli che abbia solo due teste e sia diviso per finalità, che preveda cioè un’autorità focalizzata sulla stabilità e un’altra sulla trasparenza. Un elemento chiave per l’attrattività degli investitori, per Vegas, sarà la creazione di «testi unici» con linguaggio semplice. «Ogni nuova norma andrebbe valutata sulla base di un indicatore della sua capacità di respingere o attrarre gli investitori».

Il benvenuto del presidente Consob ai fondi esteri è stato condiviso dai banchieri presenti ieri in sala. Gli operatori esteri «che stanno arrivando in Italia sono in linea di massima investitori di lungo periodo», ha osservato il ceo di Unicredit Federico Ghizzoni. «Portano capitali, seguono progetti interessanti, investono in aziende che stanno cercando di crescere e di ristrutturarsi». Secondo l’ad di Mediobanca, Alberto Nagel, «la presenza massiccia di investitori istituzionali esteri è un elemento di novità molto importante da accompagnare perché consente una più rapida trasformazione della struttura azionaria e di corporate governance di importanti società quotate per renderle più simili ai migliori competitor internazionali».

 

Consob ha rivendicato un ruolo da apripista in molti ambiti della regolamentazione europea, per esempio sulla vigilanza sulle agenzie di rating, sulle vendite allo scoperto e sull’high frequency trading. Il prossimo passo sarà anticipare alcuni elementi della nuova Mifid, che entrerà in vigore dal 2015: già prima dell’estate l’autorità italiana presenterà «una raccomandazione per limitare la distribuzione agli investitori al dettaglio di prodotti ad alta complessità, quali ad esempio, i titoli collegati a operazioni di cartolarizzazione di crediti o i prodotti strutturati che incorporano un’esposizione corta sul titolo sottostante». Per il momento la commissione va avanti a ranghi ridotti, con soli due membri in carica (Paolo Troiano oltre a Vegas) dopo la scadenza del mandato di Michele Pezzinga. La Consob «attende il completamento del collegio», ha ricordato ieri il presidente della commissione. La nomina spetta al presidente del Consiglio Matteo Renzi. Ieri il viceministro dell’Economia Enrico Morando ha assicurato presto si conoscerà il terzo commissario: «Bisogna chiudere, abbiamo già atteso troppo». (riproduzione riservata)