di Roberta Castellarin e Paola Valentini 

Lo stato sociale sta cambiando e le tutele offerte in futuro non saranno più le stesse. I cambiamenti demografici e l’eredità di un debito pubblico molto elevato fanno sì che lo Stato potrà sostenere meno i bisogni di welfare dei cittadini. A partire da quelli pensionistici.

Per rendere sostenibile il sistema previdenziale italiano le riforme introdotte negli ultimi 20 anni e concluse con la riforma Fornero entrata in vigore nel 2012 hanno di fatto allontanato il momento dell’addio al lavoro e ridotto la consistenza dei futuri assegni. Che saranno calcolati in base ai contributi versati e rivalutati tenendo conto della crescita del pil del Paese. Una combinazione di fattori che rendono particolarmente critica la situazione per trentenni e quarantenni, le generazioni che più stanno pagando la grave crisi economica che ha colpito il Paese dal 2008 in poi. La contrazione dei salari si traduce in minori contributi per chi un lavoro ce l’ha, ma per chi è disoccupato o impiegato a singhiozzo la situazione è ancora più critica. Se a questo aggiungiamo che il pil dall’inizio della crisi è sceso del 9% si può capire che anche la rivalutazione dei montanti fin qui accumulati paga il prezzo della recessione. Un quadro che potrebbe essere reso meno drammatico se si aiutassero gli italiani a impiegare meglio la loro innata capacità di risparmiare, nonostante tutto.

Invece di considerare il tesoretto delle famiglie solo come una risorsa da tassare, che sia investito in immobili oppure in attività finanziarie, si potrebbe incentivare i risparmiatori a impiegare queste risorse per poter in futuro supplire a quanto lo Stato non potrà più dare. Quindi per integrare l’assegno pensionistico o poter contare su assistenza in caso di bisogno.

L’invito affinché il governo si muova in questo senso arriva da più parti. Anche perché è evidente che ancora molte famiglie non hanno percepito che lo scenario che le aspetta sarà diverso da quello che hanno conosciuto fin qui.

Come è emerso anche dall’indagine annuale di Schroders condotta su 15.749 investitori in 23 Paesi, Schroders Global Investment Trends Report 2014. Si legge nella ricerca che accrescere risparmi e investimenti a fini pensionistici è l’obiettivo dichiarato come prioritario dal 46% degli investitori a livello globale (59% in Gran Bretagna), ma la percentuale scende al 29% nelle risposte degli italiani. Tali risultati sembrano confortare l’idea che in Italia gli investitori non abbiano ancora pienamente preso atto delle nuove esigenze poste sulla responsabilità individuale, a seguito del passaggio da un sistema pensionistico retributivo a uno contributivo.

Quanto all’orizzonte temporale, la ricerca di Schroders rileva che, mentre una sparuta minoranza dell’1% degli italiani intervistati dice di programmare gli investimenti con un obiettivo di oltre 10 anni e solo il 14% indica un orizzonte tra 5 e 10 anni, ben il 68% ha una prospettiva da 1 a 5 anni e il 14% mira a ottenere ritorni soddisfacenti nell’immediato. La propensione a investire avendo come obiettivo temporale ritorni a breve e medio termine è tuttavia generalizzata: nonostante per il 46% degli intervistati, a livello globale, la pensione sia una priorità, solo il 5% ha un orizzonte di almeno 10 anni, mentre il 61% è alla ricerca di rendimenti da 1 a 5 anni e il 12% addirittura entro l’anno.

 

Le priorità per il 2014. A fronte del 29% che dice di investire pensando alla pensione, una più elevata percentuale degli intervistati italiani (33%) dichiara di mirare a mantenere il proprio stile di vita in caso di perdita del lavoro o riduzione dello stipendio, e il 29% dice di voler essere pronto a far fronte a eventuali emergenze. Questi dati confermano che è ancora il senso di precarietà di breve periodo a influire sulle scelte d’investimento degli italiani, prevalendo sui temi pensionistici. Sottolinea Massimo Tosato, executive vice chairman di Schroders: «L’invecchiamento della popolazione, l’allungamento delle aspettative di vita e le riforme dei sistemi pensionistici in molti Paesi suggeriscono di pensare di più alla propria pensione, anche come obiettivo d’investimento. È tuttavia necessario un approccio dinamico e diversificato nella gestione del portafoglio. È importante adottare una visione di lungo termine dove possibile, anche per mitigare le fluttuazioni economiche di breve termine, come quelle causate dall’instabilità in Ucraina e dai timori legati alla crescita economica cinese e alla solidità della ripresa dell’Eurozona».

 

Incentivi cercasi. Anche il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, presentando la relazione annuale dell’authority ha sollecitato un intervento volto a favorire gli investimenti di lungo termine. «Le regole fiscali devono essere disegnate non solo per le esigenze di gettito o per trovare coperture finanziarie, ma soprattutto per creare un sistema di incentivi che orienti gli operatori verso comportamenti virtuosi e che tuteli la competitività del nostro Paese nel panorama internazionale. La revisione della tassazione sulle rendite finanziarie può essere l’occasione per riequilibrare la pressione fiscale complessiva, ma anche per disegnare un sistema di incentivi che premi l’investimento di lungo periodo, soprattutto di natura previdenziale, e favorisca la canalizzazione del risparmio verso forme di investimento specializzate nel finanziamento delle piccole e medie imprese», ha detto il presidente Consob. Quanto invocato da Vegas peraltro già avviene in diversi Paesi europei. «In coerenza con tale obiettivo, si potrebbe valutare l’ipotesi di introdurre un sistema di progressiva riduzione delle aliquote in funzione della durata dell’investimento», ha aggiunto.

Sono scese in campo anche le Fondazioni italiane. L’Assemblea annuale dell’Acri, riunitasi a Roma, ha approvato le linee programmatiche comuni per rendere sempre più efficace l’intervento delle Fondazioni di origine bancaria sul fronte del welfare, un settore a cui ogni anno gli enti destinano intorno al 30% (300 milioni di euro nel solo 2012) delle rispettive erogazioni filantropiche. «Nella convinzione che la risposta alla crisi del nostro welfare non potrà che essere collettiva, l’idea è quella di sviluppare forme innovative nel campo dell’assistenza sociale che, facendo leva sul principio di sussidiarietà, promuovano la formazione di un welfare di comunità, ovvero basato su una pluralità di soggetti, ma anche di soluzioni in cui sostenibilità, equità, accesso e responsabilità si articolino in formati nuovi e trovino un baricentro essenziale nel territorio e nella comunità, comunque definita», sottolineano dall’Acri.

Ha aggiunto Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Associazione delle casse di risparmio: «Questo nuovo welfare potrà da un lato contribuire a evitare sprechi, duplicazioni e assenza di responsabilizzazione, e dall’altro a favorire la crescita del sistema economico e sociale, generando opportunità di lavoro». E proprio al rapporto tra previdenza e lavoro sarà dedicato l’evento GNP in programma a Milano dal 14 al 17 maggio a Palazzo Mezzanotte.

Grazie all’iniziativa Busta Arancione ognuno potrà ottenere una proiezione effettiva di quella che sarà la propria pensione, ricevendo consigli su eventuali strumenti di previdenza complementare. Un servizio importante perché è necessaria maggiore consapevolezza su quando e con quale assegno si potrà andare in pensione. (riproduzione riservata)