Cronache di ordinaria disuguaglianza, negli Stati Uniti. Racconta il Wall Street Journal, in un’inchiesta pubblicata venerdì scorso, che nel 2012, forse all’acme della Grande Crisi globale, i «ceo» delle maggiori multinazionali americane hanno guadagnato, in media, circa 10 milioni di dollari a testa. Non male, considerando che il resto della popolazione, cioè quel 99 per cento difeso da «Occupy Wall Street» sul quale specula e prospera l’elite dell’1 per cento, nel frattempo se n’è andato in malora. Cronache di ordinaria follia, in Italia. Racconta il Sole 24 Ore, in un «Pay Watch» di Gianni Dragoni pubblicato sempre venerdì scorso, che nel 2012 si è consumato l’ultimo, clamoroso «furto con destrezza» della solita Razza Predona ai danni delle casse di Fonsai, prima del complesso passaggio al gruppo Unipol. La famiglia Ligresti al gran completo, e il management del gruppo Fondiaria-Sai e Premafin, si sono portati a casa una bella vagonata di milioni, proprio nell’annus horribilis di quella che un tempo fu una grande compagnia d’assicurazione. Giulia Ligresti ha percepito 1,69 milioni lordi come presidente e ad di Premafin, per otto mesi e mezzo. Paolo Ligresti, consigliere Fonsai fino al 30 ottobre e titolare di altre cariche dentro al gruppo, ha incassato 1,09 milioni. Jonella Ligresti, presidente di Fonsai per nemmeno quattro mesi, ha messo in borsa 925 mila euro. E vai: la famiglia di Don Salvatore è servita. Ma anche un’altra
famiglia, quella dell’ex ministro Ignazio La Russa, ha avuto il suo. Geronimo La Russa, figlio di cotanto padre e membro del cda Premafin per sei mesi, ha messo in tasca 11.500 euro più 549.171 euro come prestazioni professionali del suo studio legale. Vincenzo La Russa ha percepito invece 91.239 euro come consigliere Fonsai più 441.485 euro come prestazione professionale. Così va il mondo. Il nonsense è che stiamo parlando di un polo finanziario in perdita fissa da parecchi anni, e che stava portando i libri in tribunale se alla fine non lo avesse salvato il Cavaliere Bianco delle cooperative rosse Carlo Cimbri (vedremo nel tempo con quali esiti). Bando ai qualunquismi e ai populismi. Ma a leggere queste cronache marziane mi è venuto in mente l’ultimo, magnifico libro di Jr Moehringer, «Pieno giorno». Racconta la vita di Willie Sutton, mitico eroe-rapinatore di banche all’epoca della Grande Depressione. «Sono tempi duri, la gente non ne può più. Prezzi alle stelle , tasse troppo alte, milioni di persone piene di rabbia e con la pancia vuota. Ingiustizia. Disuguaglianza. La guerra alla povertà è una presa in giro… Siamo sempre alle solite, dice Sutton. Non del tutto, dice Fotografo: La merda è la stessa, ma la gente non vuole più mandarla giù. La gente scende nelle strade, fratello». Appunto. m.giannini@repubblica.