di Andrea Di Biase
Ieri pomeriggio, prima dell’inizio della riunione del cda di Fondiaria-Sai, il presidente d’onore della compagnia, Salvatore Ligresti, si era detto «ottimista » sulla possibilità di portare a termine il salvataggio del gruppo assicurativo. Tuttavia, nella tarda serata di ieri, dopo che erano filtrate le prime indiscrezioni sulla proposta del cda di FonSai sui concambi per l’integrazione con Unipol, le possibilità di procedere concretamente al salvataggio della compagnia del gruppo Ligresti si erano fortemente assottigliate. Secondo quanto appreso da MFMilano Finanza in ambienti vicini al gruppo bolognese, l’ipotesi di ripartizione del capitale dell’entità che dovrebbe nascere dall’integrazione tra Unipol e FonSai, approvata dal cda di quest’ultima, non sarebbe in linea con le aspettative della compagnia bolognese. Nonostante lo sforzo dell’ad di Fondiaria- Sai, Emanuele Erbetta, e del dg Piergiorgio Peluso per convincere il cda a convergere sulla proposta di mediazione raggiunta la scorsa settimana dopo l’incontro con l’ad di Unipol Carlo Cimbri (che fissava al 61,8% la quota di capitale di Bologna nella nuova società) il board della compagnia del gruppo Ligresti ha formulato una proposta leggermente inferiore. L’ipotesi uscita dal cda di FonSai prevede infatti che ai soci di quest’ultima vada una quota di capitale della nuova entità del 27,45%, a gli azionisti di Milano Assicurazioni il 10,7%, a quelli di Premafin lo 0,85% e infine a Unipol il 61%. Una partecipazione non solo inferiore a quanto emerso a seguito della trattativa dei giorni scorsi, ma lontanissima dalla proposta iniziale dei bolognesi, che fissava la quota di partecipazione al 66,7%. E’ dunque altamente probabile che di fronte alla nuova proposta di FonSai (peraltro nemmeno in linea con quella del cda Premafin, che auspica per i suoi azionisti una quota compresa tra 0,98% e 1,66%), Cimbri possa non solo prendere tempo, considerato che in questi mesi la controparte si è mossa con estrema lentezza, ma anche decidere alla fine di sfilarsi, lasciando il gruppo Ligresti al proprio destino. Anche perché di fronte a un accordo sui concambi gradito, la compagnia bolognese avrebbe affrontato con un atteggiamento diverso il nodo rappresentato dall’imminente decisione della Consob sull’esenzione dell’opa sulla Milano. Mentre di fronte a queste condizioni l’eventuale opa sulla controllata (la cui esenzione è stata chiesta anche da Sator e Palladio) avrebbe un costo non più sostenibile nell’economia dell’intera operazione. Il rischio che Unipol si chiami fuori è dunque altissimo. Non per niente il cda di FonSai, dopo aver formalizzato la proposta a Unipol, ha comunque manifestato la disponibilità ad approfondire il piano alternativo di Sator e Palladio. Tuttavia il grosso rischio è che, se Unipol decidesse realmente di farsi da parte, il piano alternativo, al di là della sua maggiore o minore concretezza, potrebbe non avere i tempi tecnici per essere portato a compimento. Sono infatti quasi cinque mesi che Fondiaria-Sai opera con un margine di solvibilità inferiore alla soglia regolamentare del 100%. Se finora è stato possibile è solo per via del piano di salvataggio presentato all’Isvap da Unipol. Piano che, oltre a essere sostenuto dalle banche creditrici di Premafin e FonSai, a partire da Unicredit e Mediobanca, prevede una ricapitalizzazione da 1,1 miliardi per entrambe i gruppi e un’integrazione finale secondo logiche industriali e non finanziarie. Sator e Palladio, che invece propongono un aumento stand-alone di FonSai sa 800 milioni, non hanno ancora presentato nulla all’autorità di vigilanza per le assicurazioni. In caso di uscita di scena di Unipol i tempi tecnici per l’analisi di un nuovo piano potrebbero dunque ritardare ulteriormente il salvataggio della compagnia, tanto che l’Isvap potrebbe rompere gli indugi e decidere il commissariamento di Fondiaria-Sai. Questo sarebbe lo scenario peggiore per tutti: per la famiglia Ligresti, che dovrebbe fronteggiare le conseguenze di un fallimento di Premafin, per le banche creditrici, che dovrebbero effettuare pesanti svalutazioni sui propri crediti e in parte anche per Sator e Palladio, che vedrebbero andare in fumo l’investimento finora fatto per rilevare l’8% di FonSai. (riproduzione riservata)