di Anna Messia
Niente cedole per le assicurazioni che utilizzeranno il decreto anticrisi e non svaluteranno i titoli del debito pubblico in portafoglio. Già a inizio anno, quando stava per avvicinarsi la stagione della chiusura dei bilanci d’esercizio, l’Isvap aveva invitato le compagnie a non distribuire dividendi troppo alti. Il chiaro obiettivo che l’autorità di controllo guidata da Giancarlo Giannini aveva in mente era il rafforzamento patrimoniale delle imprese, che tra l’altro nel 2011 hanno dovuto far fronte al forte rallentamento della raccolta Vita. In effetti le imprese assicurative, nei mesi successivi, hanno seguito i suoi consigli, ridimensionando le cedole. Generali Assicurazioni, per esempio, ha deciso di pagare un dividendo pari a 0,2 euro per azione, rispetto ai 0,45 euro distribuiti lo scorso anno in relazione all’esercizio 2010. Mentre Cattolica Assicurazioni ha preferito distribuire un dividendo sotto forma di azioni, tramite l’assegnazione di un’azione gratuita ogni 20 titoli posseduti. Ora però sta per arrivare una nuova stretta sui dividendi per chi deciderà di fare ancora ricorso all’anticrisi (piuttosto diffuso nei bilanci appena approvati) e questa volta non si tratterà di un invito, ma di un vero e proprio divieto. Già il decreto milleproroghe (divenuto legge a fine febbraio) allungando gli interventi anticrisi fino all’entrata in vigore di Solvency II, ne ha ampliato la portata, prevedendo che le compagnie che utilizzino il decreto per evitare svalutazioni debbano accantonare una riserva non disponibile di pari importo. Quindi, su quella somma, non potrà essere staccata alcuna cedola. Ma non c’è solo questo. Nel regolamento di attuazione appena diffuso dall’Isvap e ora in pubblica consultazione (si chiuderà l’11 giugno) è previsto anche che l’autorità possa imporre alle imprese che utilizzano l’anticrisi di «adottare provvedimenti restrittivi o limitativi concernenti la distribuzione degli utili o di altri elementi del patrimonio». Oltre che imporre alle compagnie disposizioni di carattere particolare aventi ad oggetto «il governo societario, i requisiti generali di organizzazione e i sistemi di remunerazione ». Insomma, il divieto (per le imprese più deboli) potrebbe colpire non solo le cedole ma anche i compensi dei manager. (riproduzione riservata)