di Gloria Valdanio
Mentre Roma è in declino, la periferia dell’impero sembra prosperare. Tra le province più vivaci ve n’è una molto vicina a Berlino (nuova capitale dell’impero), che si chiama Polonia. Qui l’euro non è sotto attacco e le banche non sono bersaglio delle agenzie di rating. L’economia però viaggia a ritmi sostenuti, l’inflazione non corre e, sebbene Varsavia sia entrata ufficialmente nell’Unione europea nel 2004, oggi non scalpita per entrare nell’eurozona, il cui ingresso – previsto inizialmente per il 2012 – è già stato rimandato (forse) al 2015.
L’EURO PUÒ ATTENDERE. L’economia polacca si era già dimostrata solida durante la crisi del 2008 e anche oggi, con il nucleo centrale dell’Ue in zona recessione, sta dando prova di sicurezza. E allora qual è la ricetta polacca? Quattro gli ingredienti principali. «Un’economia bilanciata con una dipendenza limitata dai capitali esteri. La crescita degli investimenti delle famiglie, che hanno beneficiato di consistenti rimesse dei lavoratori (circa 8 miliardi di euro l’anno), e i trasferimenti dall’Ue, che hanno sostenuto la spesa in infrastrutture. La propensione ai consumi, che è sostenibile grazie alla crescita delle retribuzioni, all’aumento dell’occupazione e a un migliore accesso al credito. Da ultimo, le stretta relazione con l’economia tedesca, che sta andando relativamente bene», spiega a B&F Maarten Jan Bakkum, responsabile azionario emergenti di Ing Investment Management. «L’economia polacca – aggiunge Odeniyaz Dzhaparov, specialist di DWS per l’est Europa – è ben equilibrata, in quanto non dipende eccessivamente dalle esportazioni, che bilancia con una forte domanda interna. Le politiche governative inoltre sono prudenti e trovano riflesso nelle prestazioni borsistiche soddisfacenti». Per Daniele Mellana, responsabile per l’Italia di East Capital, le ragioni della vivacità polacca sono legate all’accelerazione degli investimenti, in primis nel settore delle infrastrutture. «A questo risultato – dice Mellana – hanno certamente contribuito i Campionati europei di calcio, che si terranno a giugno tra Varsavia e Kiev, che hanno generato investimenti per circa 2 miliardi di euro solo per la costruzione di nuovi stadi, mentre in generale, tra il 2007 e il 2012, sono 20 i miliardi spesi nel settore delle infrastrutture».
VARSAVIA IN CIFRE. I dati più recenti mostrano un’economia forte: la produzione industriale è stata solo leggermente inferiore alle aspettative a marzo, ma in compenso le vendite al dettaglio sono aumentate ben più delle stime degli analisti. Secondo Raffeisen, nel 2012 l’economia potrebbe dunque crescere fino al 3% in termini reali, con un tasso d’inflazione annuale in linea con il 4,3% registrato a marzo (dal 4,1% di febbraio). «L’apprezzamento relativamente forte dello zloty a inizio anno, nei prossimi mesi dovrebbe avere un effetto stabilizzante sull’inflazione – dice Raffeisen – E anche se a marzo lo zloty era più debole, come la maggior parte delle valute nella regione, le obbligazioni polacche su base mensile hanno subìto variazioni minime». Per molti gestori, però, la crescita del Pil dovrebbe essere ben più consistente: 4% sia per sia per il 2012 sia per il 2013. «Mantenendo intatto l’ottimismo – spiega Bakkum – il principale elemento di rischio è un’escalation della crisi nell’eurozona che porterebbe a una diminuzione dell’export e a un rimpatrio dei capitali da parte delle banche internazionali».
Numeri a parte, tutti i gestori ritengono che la Polonia proseguirà con costanza la sua crescita. «Nel complesso – afferma Dzhaparov – l’economia rimane solida rispetto non solo ai vicini dell’Europa centrale, ma anche rispetto a molte economie del mondo». Secondo Mellana, con una popolazione di circa quaranta milioni di abitanti con un reddito medio pro-capite in ascesa, Varsavia è un grande bacino di consumatori che vedono aumentare la propria capacità di spesa. «Recentemente – spiega Mellana – il governo, uno dei migliori dell’area dell’est Europa per attivismo, sta mettendo mano alla riforma del lavoro con la promessa di liberalizzare circa duecento professioni, dal settore minerario a quello finanziario, con il benestare dell’opposizione. Questa coesione su riforme strutturali importanti è un segnale molto positivo».
BORSA DIFENSIVA. Ma come approfittare di questa solida e promettente economia? Varsavia è la maggiore piazza finanziaria dell’Europa centrale e baltica e sta diventando un centro di quotazione sempre più importante per le aziende di tutta l’area alla ricerca di capitali. Ma, nonostante il suo ruolo e il quadro macro favorevole, l’indice azionario polacco Wig, a causa del flusso negativo sui fondi domestici e della debolezza della valuta, non ha brillato molto negli anni più recenti. «Con valutazioni non molto distanti da quelle medie di un’economia emergente (10x contro 10,5x) e con prospettive di crescita relativamente solide, il mercato polacco avrebbe potenzialità per crescere molto di più», conferma Bakkum. La ragione del saldo modesto della Borsa di Varsavia – che rappresenta anche un elemento di cautela – è l’influenza pubblica sul mercato azionario, poiché una larga parte dell’indice è rappresentato da società a partecipazione statale. Questa caratteristica la rende vulnerabile al rischio politico. «Guardiamo con attenzione alle aziende polacche, ma investiamo su base molto selettiva, in quanto le valutazioni su questo mercato rimangono abbastanza alte per via delle regolamentazioni dei fondi pensioni locali che devono allocare una quota fissa sul listino interno – conferma Mellana – Al momento siamo investiti su vari settori con una sovraponderazione sui titoli finanziari e su quelli dei settori minerario e dei beni di consumo». In ogni caso, secondo i gestori, la Borsa di Varsavia presenta caratteristiche difensive, e rappresenta quindi un ottimo parcheggio per flussi di danaro in cerca di investimento. In altre parole, è un buon mercato su cui posizionarsi ed aspettare che si plachi la tempesta sui mercati internazionali. Ma che cosa scegliere? Come tutte le piazze dell’eurozona, anche l’interconnesso listino di Varsavia ha vissuto un agosto al cardiopalma e, in seguito, settimane di incertezza. Tra i titoli più deboli si sono distinti quelli minerari e le utility, mentre i titoli bancari si sono ben affermati in netta controtendenza rispetto all’europa. «Le loro quotazioni», spiega un gestore, «oltre che dalle migliorate aspettative riguardo inflazione e tassi di interesse, sono state sostenute soprattutto dai risultati trimestrali delle aziende, decisamente migliori delle attese». Nelle ultime settimane, infine, mentre le società minerarie ed edili hanno avuto un andamento relativamente debole, le azioni del comparto petrolifero e del gas hanno registrato buoni guadagni.