Il terremoto Jp Morgan, che giovedì scorso ha annunciato al mercato di avere riportato due miliardi di perdire sul trading di derivati, hanno già fatto cadere le prime teste. Evidentemente non è bastato che il ceo Jamie Dimon ammettesse «errori terribili e grossolani», arrivando addirittura ad riconoscere che sia stato «stupido» non dare la giusta considerazione ai campanelli d’allarme che avevano anticipato lo tsunami, sono stati allontanati i primi manager responsabili dell’errore. Anzi, secondo fonti vicine alla situazione adesso sarebbe l’intero ufficio londinese in cui si sono verificate le perdite (a causa di scommesse non azzeccate) a rischiare di essere spazzato via: in tutto qualche dozzina di persone. Ma per il momento l’epurazione ha coinvolto Ina Drew, che dal 2005 è a capo della divisione di gestione del rischio, Achilles Macris, responsabile del desk londinese da dove sono partite le scommesse non andate a segno, e Javier Martin-Artajo, direttore generale della squadra di Macris. In particolare Drew, nota per essere una delle donne più pagate di Wall Street (un totale di 31,4 milioni di dollari negli ultimi due anni) e uno dei consiglieri di Dimon, ha già confermato che lascerà il gruppo e che il suo posto andrà al 41enne Matt Zames, a capo della divisione investimenti a reddito fisso e dei mercati di capitale. «Ina Drew è stata un partner eccellente per molti anni, il suo contributo alla società non dovrebbe essere oscurato da questo evento», ha detto Dimon in una breve nota.
Nel frattempo, dopo il downgrade già ricevuto da Fitch, ieri è stato il turno di Moody’s nel pronunciarsi nell’enorme perdita sul trading accusata da Jp Morgan (che però non ha fatto scattare alcun declassamento immediato). Secondo gli esperti di Moody’s, la perdita è negativa per il rischio-credito degli obbligazionisti della banca ed evidenzia i rischi che devono affrontare le banche d’investimento globali, come si legge nel report settimanale sul credito pubblicato dall’agenzia di rating. «Questa spiacevole sorpresa da parte di una delle banche meglio gestite ancora una volta sottolinea l’opacità dei rischi delle banche d’investimento globali, come anche la difficoltà di controllare questi rischi», si legge nel report. L’accaduto, prosegue la nota, «mostra anche la difficoltà nel raggiungere rendimenti accettabili in un prolungato periodo di bassi tassi d’interesse e i rischi che ne possono nascere».
Il rating di Jp Morgan, Aa3, è sotto revisione da parte di Moody’s per un possibile downgrade. Anche se la perdita «non è enormemente significativa» a livello di utili della banca, che è ben posizionata per superare la situazione, l’agenzia sottolinea che «perdite sorprendenti generate da una opaca posizione fuori bilancio, abbinate a un aggiustamento del valore del rischio per il cio da 67 a 129 milioni di dollari nel primo trimestre, sottolineano ancora una volta il velo impenetrabile che copre il vero profilo di rischio dei mercanti globali di derivati o di chi vi fa ricorso, come Jp Morgan».
Nel frattempo, il caso ha riacceso il dibattito politico sulle necessità dei controlli sulla finanza, sulla quale si è speso il presidente Usa Barack Obama. Il portavoce della Casa Bianca Jay Carney ha dichairato ieri che alla luce del caso Jp Morgan è «sorprendente» che «ci siano ancora persone che sostengono che dovremmo abbandonare la riforma su Wall Street». Al contrario, il caso sono la prova del fatto che la riforma vada attuata pienamente: «è essenziale avere queste regole per evitare che i contribuenti restino con il cerino in mano», ha aggiunto Carney.