L’udienza per decidere del fallimento delle società collocate a monte della galassia Ligresti slitta a metà giugno. Sia Imco sia Sinergia, le due holding che controllano una quota di Premafin, la cassaforte quotata del gruppo, hanno chiesto al Tribunale di Milano e ottenuto un rinvio della procedura fallimentare, dopo l’istanza depositata di recente dalla Procura. Ciò al fine di avere il tempo di definire un piano di ristrutturazione del debito secondo l’articolo 182 bis della legge in materia. Così, il giudice, complice la presentazione di una memoria nella quale è stata illustrata una ipotesi concreta di ristrutturazione del debito, ha deciso di concedere tempo fino al 13 giugno. Le banche creditrici di Sinergia e Imco, dal canto loro, hanno dimostrato una disponibilità di massima nei confronti del piano ex articolo 182, che in primis prevede la vendita degli immobili delle due società, per 293 milioni, al fondo Hines, il quale si accollerebbe 243 milioni di debiti e metterebbe 50 milioni in cash. L’istanza di fallimento fornisce anche il dettaglio delle principali esposizioni bancarie: Unicredit per 170 milioni, Banco Popolare per 45 milioni e Bpm e Ge Capital per 30 milioni a testa. Senza contare che le due società a monte della catena Ligresti sono indebitate per 60 milioni con creditori non finanziari. Di questa cifra 45 milioni riguardano i creditori non commerciali (fornitori di servizi di cantiere) e per 12,5 milioni l’Istituto oncologico europeo. La bozza del piano di ristrutturazione del debito prevede inoltre che le banche che hanno dato l’assenso al piano «si approprino di strumenti finanziari per 71,5 milioni di euro», rappresentati dai «titoli Premafin che hanno in pegno», ossia il 20% della holding quotata della famiglia Ligresti (che a sua volta custodisce il 36% di Fonsai, partecipazione pure in pegno alle banche). Non solo: gli istituti creditori diventerebbero proprietari anche delle quote dei fondi di investimento detenute dalle holding Imco e Sinergia. Sembra che la bozza di ristrutturazione del debito abbia al momento l’assenso del 90% dei creditori, mentre sarebbe ancora da chiarire il debito con il Fisco, pari a circa 25 milioni.