“Se nel 2011 lo Stato avesse pagato i suoi debiti verso le imprese a 30 giorni, così come previsto dalle direttive dell’Unione Europea, il beneficio complessivo per il sistema economico italiano sarebbe stato di 5,3 miliardi di euro e il PIL sarebbe cresciuto dello 0,83% invece che dello 0,50%” afferma Alessandro Carretta, Ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari presso l’Università di Roma – Tor Vergata e Segretario Generale di Assifact. E’ questo il risultato di una ricerca del Finest (Financial intermediation european studies), un network che riunisce docenti di tutta Europa, diretto da Franco Fiordelisi (professore presso l’Università di Roma Tre e University of Bangor UK) – che studiano le imprese e l’intermediazione finanziaria. Finest ha calcolato per la prima volta il costo per il sistema economico italiano del crescente ritardo nel pagamento dei debiti commerciali da parte della Pubblica Amministrazione, tenendo conto sia dell’effetto diretto sulle imprese creditrici, sia del costo sociale per l’intera economia che deriva da due fattori: a) un effetto “indotto” costituito dai minori redditi per le famiglie; b) un effetto “dinamico” costituito dal fallimento di alcune delle imprese creditrici a causa dei problemi di liquidità generati dal ritardato incasso dei loro crediti.

“Finest ha stimato che il beneficio complessivo per il sistema economico italiano  (la somma dei tre effetti: diretto, indotto e dinamico) nel 2011 sarebbe stato pari a 5.3 miliardi di Euro (0.33% del PIL ) qualora lo Stato avesse pagato i propri debiti commerciali a 30 giorni – sottolinea Carretta – Nel caso in cui invece la Pubblica Amministrazione fosse stata in grado di pagare senza ritardi, nei termini di pagamento attualmente in uso (90 giorni), il beneficio complessivo sarebbe stato comunque notevole: 3.2 miliardi di Euro, pari allo 0.20% del PIL”.

Il pagamento reale dei debiti commerciali da parte della Pubblica amministrazione è avvenuto nel 2011 mediamente a 180 giorni, il doppio del dovuto. Il ritardo è infatti arrivato ai 90 giorni. Nel 2010 era stato in media di 86 giorni, nel 2009 di 52 e nel 2008 di 40. L’accresciuto ritardo si associa a un elevato volume di debiti generati dalla Pubblica Amministrazione: 168.23 miliardi di euro (pari al 10.6% del PIL) nel 2011, mentre l’ammontare dei crediti esistenti alla fine dell’anno era stimabile in 84.11 miliardi di Euro.

Per rimediare al cronico ritardo nei pagamenti alle imprese da parte della Pubblica Amministrazione, Assifact, l’associazione che raggruppa gli operatori del factoring, lancia un pacchetto di 10 proposte. Misure che se adottate, potrebbero liberare un’ulteriore quota di risorse per le imprese dall’enorme debito (circa 70 miliardi di euro) vantati alle aziende verso la Pubblica Amministrazione, in aggiunta all’oltre 30% già acquisito oggi dalle società di factoring.

Le 10 proposte di Assifact

Le proposte dell’industria del factoring si basano sulla considerazione che i ritardi di pagamento della PA non derivano unicamente dagli squilibri strutturali dei conti pubblici e dalla stratificazione del debito nel corso degli anni ma anche da carenze organizzative, inefficienze operative, procedure vischiose, norme spesso caotiche o in contrasto con la legislazione europea (specie la nuova direttiva in tema di ritardi di pagamento) e, più in generale, da un diffuso radicamento delle cattive abitudini di pagamento imposte grazie al marcato potere contrattuale a cui sono assoggettate soprattutto le piccole e medie imprese.

Un primo gruppo di proposte ha come obiettivo l’utilizzo di strumenti volti a migliorare direttamente la tempistica degli incassi da parte delle imprese fornendo contemporaneamente alla P.A. la possibilità di gestire, in modo più razionale e sfruttando economie di scala, i propri debiti commerciali.

Nel primo pacchetto si propone di:

1)      sviluppare iniziative di “reverse factoring” (o factoring indiretto). È il debitore ceduto, in questo caso la Pubblica Amministrazione, che promuove le operazioni di cessione dei debiti verso i propri fornitori, attraverso accordi con operatori specializzati. I creditori della PA, così, ricevono il pagamento direttamente dalla società di factoring.

2)      concordare la concessione, con una apposita convenzione, di dilazioni al debitore ceduto, in modo da contenere l’importo degli interessi di mora e garantire una migliore pianificazione dei flussi di cassa.

 

Un secondo gruppo di proposte riguarda forme di liberalizzazione della cessione dei crediti vantati dalle imprese verso la PA, con l’obiettivo di favorire lo smobilizzo dei crediti e dunque di contribuire alla risoluzione dei problemi finanziari delle imprese.

Assifact propone di:

3)      riportare da 45 a 15 giorni il termine a disposizione delle Amministrazioni Pubbliche per rifiutare la cessione di crediti derivanti da appalti.

4)      superare, in quanto anacronistica e eccessivamente burocratica, la cessione del credito mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata e la notifica a mezzo ufficiale giudiziario, non previste per le altre cessioni di credito.

5)      facilitare la cessione dei crediti derivanti da appalti. Ciò può avvenire con l’introduzione del principio per cui le amministrazioni pubbliche siano tenute a indicare specificamente e pubblicizzare nella documentazione preliminare relativa all’acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere, alternativamente: a) un nulla osta preventivo alla cessione alle banche e agli intermediari finanziari indicati al comma 1 dell’art. 117 dei crediti derivanti dall’esecuzione dei relativi contratti; b) le motivazioni in forza delle quali le PA si riservano di valutare se rifiutare o meno la detta cessione.

Un terzo gruppo di proposte riguarda la necessità di rimuovere alcune importanti anomalie che costituiscono le ragioni profonde alla base dei ritardati pagamenti e dei comportamenti non ortodossi da parte della pubblica amministrazione. In dettaglio, si ritiene necessario che:

6)      la pubblica amministrazione venga dotata di bilanci chiari, trasparenti, tempestivi e certificati che consentano di comprendere a valere su quali fondi vengono effettuati i pagamenti ai fornitori. La stessa Corte dei Conti è più volte intervenuta sul tema della scarsa attendibilità dei dati di bilancio di ASL e Aziende Ospedaliere e della mancanza di rilievo di partite debitorie in contestazione ovvero non liquidabili per mancanza di indicazioni normative certe, oltre che sul tema dell’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni e degli enti locali, rilevando la disomogeneità dei dati e la loro difficile raffrontabilità, prodotta dalle differenti modalità di applicazione della classificazione funzionale e dal diversificato ricorso all’esternalizzazione dei servizi.

7)      vengano riviste le diverse norme vessatorie che consentono alla Pubblica Amministrazione di non pagare i propri debiti. Ciò avviene, ad esempio, con la possibilità per le amministrazioni pubbliche di invocare la sospensione dei pagamenti dei propri debiti nei confronti dell’azienda in presenza di crediti verso tale soggetto anche vantati da altre amministrazioni. Ci sono poi le norme relative al blocco dei pignoramenti e delle azioni esecutive da parte dei creditori nei confronti di numerosi enti ed istituzioni pubbliche, i provvedimenti che modificano le attribuzioni di spesa ai ministeri, stornando dal bilancio fondi destinati a spese già previste, il tema del “patto di stabilità”, che porta gli enti locali a sospendere i pagamenti anche in presenza dei fondi per contenere il saldo finanziario nei limiti di quello obiettivo.

8)      la certificazione del credito da parte della pubblica amministrazione venga resa più chiara, maggiormente efficace e vengano eliminate le difformità di applicazione da parte dei diversi enti pubblici.

9)      vengano chiariti in modo anticipato i criteri di pagamento dei debiti da parte della pubblica amministrazione, in particolare con riferimento al momento in cui essa paga e all’individuazione delle priorità di pagamento fra i debiti.

10)   vengano effettuati interventi strutturali che consentano di ottenere una drastica riduzione dei tempi per ottenere un decreto ingiuntivo, in linea con quanto già avviene negli altri paesi europei e con quanto richiesto la direttiva europea 2011/7/UE.

 

 

Intermediari

Più utile e più business per Aon Italia nel 2011

Presentati i dati di bilancio con l’esercizio 2011 di Aon Italia srl – presieduta da Sergio Erede – che controlla le società del Gruppo Aon in Italia. La società ha chiuso l’esercizio 2011 registrando un leggero incremento del giro d’affari (+1%)  e un deciso miglioramento dell’utile (+12%).

Entrando nel dettaglio dei numeri, a fine 2011 i ricavi totali netti risultavano pari a 159,4 milioni di euro (+ 1% sull’anno precedente). Un dato positivo tenuto conto del quadro macro-economico italiano e alle condizioni soft del mercato assicurativo. L’utile netto di gruppo è stato di 20,2 milioni di Euro in crescita del 12%. I premi intermediati sono saliti a 1,85 miliardi di euro, per un incremento su base annua del 10,5%.

Oltre all’impegno nello sviluppo della crescita organica, la gestione 2011 di Aon Italia è stata caratterizzata dalla razionalizzazione generale dei costi, come quelli del personale che hanno beneficiato delle sinergie da integrazioni (frutto delle acquisizioni degli anni precedenti) delle società Rasini Viganò e Claris Broker. Sempre nel corso del 2011 è stata perfezionata l’acquisizione di B & A Broker S.p.A. – broker captive di proprietà di EM.RO – finanziaria di partecipazioni del gruppo BPER; della Banca Popolare di Sondrio e della Compagnia Assicurativa Arca Vita. società captive di proprietà della Banca Popolare di Sondrio e della Compagnia Assicurativa Arca Vita. Con quest’ultima acquisizione, Aon, ha consolidato ulteriormente la sua leadership nell’area dei servizi di brokeraggio assicurativo e di Risk Management per le Istituzioni Finanziarie. “Nonostante lo scenario di mercato particolarmente difficile – afferma Carlo Clavarino, amministratore delegato e direttore generale di Aon Italia srl – Aon conferma anche per il futuro di avere intenzione di rafforzare la sua presenza, tenendo fede alla strategia espansionistica che finora l’ha caratterizzata. Certi che il settore andrà consolidandosi ulteriormente per creare prodotti sempre più all’avanguardia a costi sempre più competitivi”.