Generali archivia i primi tre mesi del 2012 con un utile netto a 567 milioni di euro, in calo dai 616 milioni dello stesso periodo del 2011, ma al di sopra delle attese degli analisti (il consensus Bloomberg stimava 500 milioni). I premi hanno totalizzato 19,8 miliardi, con una crescita sia nel ramo vita (+6,9% a 12,8 miliardi) sia nel danni (+4,7% a 7 miliardi). Il risultato operativo è stabile a 1,2 miliardi, con un incremento del 3,8% nel danni e del 12,2% nel segmento finanziario, mentre nel vita è stato registrato un calo del 4,2%. La nuova produzione in termini ape è cresciuta del 6% a 1,3 miliardi, con un combined ratio in miglioramento al 95,4% dal 96,1% al 31 marzo del 2011. Il margine di Solvency 1 è invece aumentato al 133% dal 117% (la soglia di sicurezza al di sotto della quale scatta l’allarme in genere è collocata al 120%) della fine dello scorso anno. «Si tratta di un dato incoraggiante, che si confronta con le nostre stime di margine al 126%», commentano in una nota giunta a caldo l’11 maggio, il giorno stesso in cui Generali ha alzato il velo sul trimestre, gli analisti di Jp Morgan Cazenove, che sull’azione hanno rating neutral. Va tuttavia rilevato come le recenti tensioni sullo spread italiano possano nel frattempo avere spinto nuovamente al ribasso il solvency ratio (un analista assicurativo stima un dato sotto il 130% ma sopra il 120%). Dopo i conti trimestrali, il ceo di Generali, Giovanni Perissinotto, ha confermato il target di risultato operativo tra 3,9 e 4,5 miliardi. Per gli analisti di Barclays (equal-weight su Generali), le recenti stime di utile netto fornite dal ceo, e comprese tra gli 1,5 e gli 1,8 miliardi al 2012, «sembrano leggermente basse se raffrontate con quel che i target operativi dovrebbero implicare». Durante la conference call con gli analisti, il cfo, Raffaele Agrusti, ha precisato che il target di profitti a 1,5 miliardi va inteso «nel caso peggiore». Agrusti ha poi fatto sapere che Generali non intende procedere a svendite di asset, ma solo a operazioni di dismissioni intese come «gestione del capitale».