Pubblichiamo, per gentile concessione dell’autore e dell’editore l’intervista a Roberto Salvi, presidente Gruppo Aziendale Toro Assicurazioni, rilasciata a Carla Barin, pubblicata sul nr.74 di venerdì 4 maggio di Insurance Daily.
In un momento concretamente difficile per l’intera nazione e per tutta la categoria degli intermediari
assicurativi, riteniamo sia utile far conoscere ai nostri lettori la posizione politica, strategica e tattica dei vari
leader che presiedono i grandi Gruppi Aziendali. Gruppi che, ultimamente, sono in serio fermento. Le ragioni potrebbero essere diverse. Ipotizziamo che sia troppo ristretto l’ambito nel quale è consentito agire, in virtù anche di uno Statuto che non concede loro alcun potere “esecutivo”, e forse superato, in qualche passaggio lessicale, dal tempo.
Un Sindacato Nazionale Agenti che parrebbe non rappresentare più l’habitat dei Gruppi stessi, e che poco si
attaglia alle maggiori e “diverse” esigenze, dettate anche da un mercato che avanza e che non tutti interpretano nel medesimo senso.
Troppe diversità vuoi culturali, vuoi organizzative, vuoi gestionali tra le varie compagnie generaliste che, a cascata, creano “difformità” di vedute anche tra i singoli agenti.
Inizio la mia inchiesta con Roberto Salvi, agente Toro a Macerata. Riveste un ruolo di primo piano nel settore dell’intermediazione. E’ presidente del Gruppo Aziendale della Toro Assicurazioni (Gruppo Generali). Ha legittimamente conteso, nell’ultimo Congresso Sna, la leadership all’attuale presidente Claudio Demozzi, (vittoria sfumata per soli otto voti di differenza), e a lui fa capo il movimento/corrente “Agenti al Centro – insieme con Salvi“. Gli poniamo alcune domande, che dovrebbero fare luce su alcuni aspetti che molti osservatori esterni non comprendono.
Dalle ultime indagini di un’importante società di ricerca, emerge che la redditività delle agenzie operanti in Italia è scesa, nell’ultimo triennio, di oltre il 22%. Le spese generali sono cresciute del 6%. A suo giudizio, esiste una “ricetta” per riportare equilibrio ai conti gestione agenziali?
Se la redditività delle agenzie è scesa ai minimi termini, con minori ricavi e più costi di gestione, forse è anche perché ci si è affidati ad una sola “ricetta”, magari redatta pensando troppo alle esigenze delle compagnie che è ovvio abbiano tutto l’interesse a trasferire incombenze amministrative non remunerate all’intermediario ed in qualche caso riducendo le remunerazioni provvigionali, rendendole semmai variabili. Le agenzie sono comunque l’asset distributivo più importante del mercato e credo la soluzione possa essere lasciare alla libera scelta imprenditoriale dell’agente come organizzare la propria Impresa Agenzia, non guardando solo ai modelli omologati dalle imprese. Le scelte vanno calibrate in base al punto di partenza di ognuno e alle opportunità che si possono cogliere sugli specifici mercati. Importante è far crescere la conoscenza, la consapevolezza e la professionalità degli intermediari anche con formazione altamente qualificata.
Fondamentale poi adeguare costantemente ai tempi il sistema di regole che norma il rapporto con le imprese (Accordo Nazionale ed Accordi Integrativi di Gruppo).
Lei è il presidente di un importante Gruppo Aziendale e possiede concreta esperienza. Cosa pensa dei “sistemi provvisionali variabili”. Possono, a suo parere, riportare pareggio nei conti delle agenzie?
Premessa fondamentale è che qualsiasi modifica non può prescindere dal rispetto dell’Accordo Nazionale e dei singoli Accordi Imprese Agenti. Detto ciò, non si può essere pregiudizialmente contrari alla previsione di remunerazioni legate ad obiettivi di sviluppo e redditività, ma le stesse contengono delle insidie pericolose rispetto alle quali bisogna essere attenti.
In particolare è necessario rispettare due condizioni essenziali: le provvigioni di mandato non devono subire riduzioni e la parte variabile non deve rappresentare l’elemento per portare pareggio nei bilanci delle agenzie, ma un surplus che premia determinati risultati frutto di impegno e investimenti mirati.
Sempre in tale ottica credo piuttosto che ormai i tempi siano maturi per portare le imprese a riconoscere agli intermediari ulteriori remunerazioni legate alle incombenze amministrative che aumentano ogni giorno anche per effetto di sempre più complesse norme legislative.
Rammento che all’atto della acclamazione del neo presidente Demozzi lei ha dichiarato all’intero Congresso che dal momento dell’elezione, conclusasi dopo una democratica campagna elettorale, il collega Demozzi diventava anche il “suo” presidente. Dall’esterno, lei non appare solo come il responsabile di una corrente di opposizione, quale in realtà è, che ovviamente esprime democraticamente le proprie critiche. L’immagine che lei esterna di se stesso è quella dell’accanito “avversario”, comunque poco in sintonia con lo spirito di un Sindacato. Perché?
Confermo che Demozzi è il mio presidente. Ma tale affermazione non deve in alcun modo inibire la mia facoltà e il mio diritto di esprimere un pensiero diverso dallo stesso Demozzi. E’ demagogia pura lamentarsi se qualcuno dissente, utilizzando i soliti luoghi comuni del “non mi fanno lavorare”, “non mi capiscono”, “strumentalizzano le mie affermazioni”. Spesso attaccare chi critica è utile per distogliere l’attenzione dai contenuti delle critiche stesse. Io condivido gli obiettivi del Sindacato e sono disponibile al confronto al suo interno per il bene della categoria, a differenza di chi in passato ha generato diaspore in seno allo Sna, creando, quelle sì, spaccature per le quali ancora ci lecchiamo le ferite. Se proprio vogliamo fare polemica, ricordo che lo stesso attuale presidente ha aspramente e pubblicamente criticato il precedente presidente Sna, pur essendo componente di quell’Esecutivo. Meglio essere accaniti avversari ma in modo aperto e trasparente piuttosto che fare carriera agendo senza lealtà contro la squadra della quale si fa parte. Affermo che questo modo di fare è assolutamente non in sintonia con lo spirito di un Sindacato.
Nella sua lettera aperta del 3 aprile, divulga un passo di Renzo De Felice, tristemente noto, sul come si “affermò il fascismo”? In un Sindacato, quale è lo Sna, assolutamente apolitico e in un momento così delicato per tutti i suoi colleghi, presi da ben altri problemi, che significato può avere, quale utilità, questo modo di porsi? Non è una inutile provocazione?
Innanzitutto ritengo che essere apolitico vuol dire non legato ad alcun partito politico, ma guai se nel Sindacato non si facesse politica, nel senso più nobile del termine. Ma questo è un altro discorso. Il mio riferimento al fascismo non era storico, ma legato allo stile con cui si guida un Organismo. Culto della personalità, propaganda, “chi non la pensa come me è un nemico”, inesistente propensione al confronto, sono tutti tratti che oggi rivedo nella guida del Sindacato. Se qualcuno si è offeso, piuttosto che sventolare la coda di paglia, stimolasse la propria coscienza a cambiare atteggiamento.
Vedrebbe di buon occhio una “tregua“ tra le correnti interne a Sna, lasciando spazio e tempo, a questo Esecutivo di portare avanti le proprie strategie, nell’interesse esclusivo della categoria? Si sentirebbe di essere l’ideatore di una seria proposta pacifica?
Il problema non credo sia la mancanza di spazio o tempo ma la volontà di fare. Di nuovo siamo agli alibi. Gli innegabili insuccessi politici di questa gestione non sono certamente da imputare ad altri se non alle scelte di chi guida il Sindacato. Le critiche sono state successive agli errori. Errori prevedibili e prova sta nel fatto che spesso sono stati annunciati con lettere di suggerimenti e pareri. L’inesperienza forse non ha fatto e non fa ben comprendere al nostro presidente gli scenari complessi nei quali opera e le relative conseguenze. Se tregua vuol dire tacere, non sono disponibile. Inviterei semmai il presidente e l’Esecutivo ad ascoltare le voci anche di dissenso all’interno del Sindacato, e mi sembra che al Comitato Centrale del 20 aprile le critiche sono state tante ed aspre e la cosa peggiore è che alle stesse non sono state date risposte
esaurienti e convincenti. Dimostri Demozzi che è disponibile ad aggregare gli iscritti intorno ad un progetto di tutela della categoria e del ruolo degli agenti. Piuttosto che alimentare divisioni tra pluri e mono, guidi e tuteli le libere scelte di ognuno di noi. Di fronte ad un atteggiamento costruttivo e scevro da pregiudizi, tutti sono disponibili a collaborare. Sia Demozzi a dare tregua al suo modo arrogante di guidare il Sindacato, ma visto come ha gestito soprattutto la parte finale dell’ultimo Comitato Centrale, la vedo dura. Il rischio è che si assista ad una graduale disgregazione del nostro Sindacato e mi amareggia molto il fatto che non si stia facendo tutto quanto necessario per evitarlo. Le correnti nascono ed operano in modo critico quando non vengono ascoltati e rappresentati i legittimi interessi di tutti i colleghi.
Carla Barin