di Andrea Di Biase
La freddezza con cui il vertice di Unipol ha accolto la proposta, formulata giovedì 17 maggio dal cda di Fondiaria-Sai, sui concambi per l’integrazione tra i due gruppi è stata letta da più di un osservatore come una mera posizione negoziale, esclusivamente finalizzata a convincere la controparte a rivedere in senso migliorativo per gli stessi bolognesi l’offerta finale. Nonostante l’ad di Unipol, Carlo Cimbri, non sembri intenzionato a prendere in considerazione la proposta di FonSai, che fissa nel 61% la quota di partecipazione del gruppo delle coop nella compagnia post-fusione, sia il gruppo Ligresti sia le banche creditrici di quest’ultimo, a partire da Mediobanca e Unicredit, ritengono invece che non solo ci possa ancora essere lo spazio per un ultima trattativa, ma anche che l’accordo possa essere alla fine trovato. Sarà davvero così? Difficile dirlo. Di certo le ultime evoluzioni di questa lunga telenovela che è il tentativo di salvataggio di FonSai hanno fatto emergere alcune criticità che allo stato non sembrano facilmente superabili. Se anche, infatti, i cda di Premafin, Fondiaria-Sai e Milano Assicurazioni (in agenda lunedì 21), dovessero alla fine mettere a punto una proposta unitaria in grado di convincere Unipol a non alzarsi dal tavolo (eventualità possibile ma non certo scontata), sul buon esito dell’operazione rimarrebbe la spada di Damocle rappresentata dall’imminente decisione della Consob sulla richiesta dei bolognesi di essere esentati dall’opa sulle tre società del gruppo Ligresti coinvolte nella fusione. Se una decisione in questo senso appare abbastanza scontata per quanto riguarda Premafin e FonSai, le parole pronunciate dal presidente della Consob, Giuseppe Vegas, nel corso del suo discorso di lunedì 14 alla comunità finanziaria, hanno lasciato intendere che l’esenzione potrebbe invece non essere concessa per la Milano Assicurazioni. Di fronte a uno scenario del genere Unipol ha già fatto sapere che si chiamerà fuori (c’è scritto nero su bianco nel contratto firmato il 29 gennaio con Premafin) e lo stesso potrebbero fare anche Sator e Palladio, la cui offerta alternativa è pure subordinata all’esenzione dall’opa su FonSai e Milano. Il rischio che la compagnia del gruppo Ligresti possa trovarsi a breve senza alcun cavaliere bianco disposto a mettere mano al portafoglio per riportare il margine di solvibilità sopra la soglia regolamentare del 100% è dunque alto. E di fronte a uno scenario del genere il presidente dell’Isvap, Giancarlo Giannini, non potrebbe fare altro che chiedere al ministero dello Sviluppo economico, guidato da Corrado Passera, di procedere al commissariamento della compagnia. Questo scenario è tutt’altro che remoto e, se dovesse realmente concretizzarsi, potrebbero esserci importanti conseguenze per quasi tutti i soggetti coinvolti nella partita, a cominciare dalla famiglia Ligresti. Il venire meno dell’opzione Unipol e il commissariamento di FonSai creerebbero infatti le premesse per l’insolvenza di Premafin. Con ogni probabilità, infatti, le banche creditrici escuterebbero il pegno sulle azioni della compagnia date in garanzia dalla holding a fronte del debito da 368 milioni. Premafin finirebbe a gambe all’aria e la Procura di Milano, che ha già chiesto il fallimento per Sinergia e Im.Co, potrebbe avanzare un’analoga richiesta anche per la holding quotata. Inoltre il commissario, anche di fronte alle operazioni realizzate tra FonSai e le società della famiglia, potrebbe anche valutare eventuali azioni di responsabilità nei confronti della gestione Ligresti (ipotesi invece esclusa da Unipol che si è impegnata in tal senso con Premafin e i suoi azionisti). Il commissariamento, che per legge avrebbe comunque una durata massima di sei mesi e sarebbe finalizzato a procedere in modo controllato al rafforzamento patrimoniale della compagnia (o alla sua eventuale cessione), colpirebbe anche le stesse banche creditrici. La garanzia rappresentata dal pegno sulle azioni FonSai non copre infatti tutto il credito concesso a Premafin. I creditori della holding, nel frattempo diventati azionisti della compagnia, dovrebbero dunque sperare, così come gli altri soci, che il commissario riesca nella missione di valorizzare al meglio la compagnia. Le banche esposte nei confronti di FonSai, almeno in una prima fase, non dovrebbero invece pagare un prezzo assai elevato. Tuttavia, se il commissario decidesse di procedere a ulteriori svalutazioni di asset che azzerassero il patrimonio della compagnia, Mediobanca sarebbe costretta a convertire in equity il prestito subordinato da 1 miliardo, procedendo allo stesso tempo a una pesante svalutazione. Ma a pagare maggiormente di fronte all’ipotesi di commissariamento sarebbe Fondiaria-Sai stessa. Con l’attività di produzione di nuove polizze di fatto congelata la compagnia non avrebbe più armi per reggere la concorrenza degli altri gruppi assicurativi, che, oltre a eroderle quote di mercato, potrebbero cercare di strapparle gli agenti migliori. (riproduzione riservata)