di Andrea Di Biase

Un calo fisiologico e non certo una bocciatura dell’aumento di capitale da 5 miliardi. Così dalle sale operative hanno commentato la performance di ieri del titolo Intesa Sanpaolo e dei diritti d’opzione nel loro primo giorno di contrattazione.

 

Se è vero infatti che le azioni ordinarie, al netto dello stacco del dividendo (0,08 euro) e del diritto d’opzione, hanno perso il 2,81% chiudendo a 1,694 euro e che gli stessi diritti sono stati copiosamente venduti, arrivando a perdere il 22,63% a 0,0913 euro, è altrettanto vero che i giudizi degli analisti sull’operazione continuano a essere lusinghieri, tanto che il calo di ieri è stato spiegato principalmente con ragioni tecniche. Con importanti azionisti della banca, come il Crédit Agricole (4,9%), la Carlo Tassara (2,26%) e in parte anche leGenerali (4,68%), intenzionati a non seguire l’aumento, in molti si aspettavano che il diritto potesse essere fortemente venduto, come infatti è stato, già nel primo giorno di contrattazione, in modo da poterne monetizzarne al meglio il valore ed eventualmente reinvestire parte del ricavato nell’acquisto di titoli o degli stessi diritti ma a prezzi più bassi.

 

I volumi della seduta di ieri sembrano supportare questa tesi. A fine seduta sono stati scambiati infatti diritti di opzione equivalenti a una quota del 3,6% del capitale complessivo diIntesa Sanpaolo. E anche la dinamica dei prezzi lascia intravedere la possibilità che nelle prossime sedute i diritti possano tornare ad essere comprati.

Basti considerare che con il diritto a questi prezzi è più conveniente entrare sul titolo Intesa rastrellando le opzioni piuttosto che puntare direttamente sull’azione. Per sottoscrivere due nuove azioni della Ca’ de Sass al prezzo di 1,369 euro (2,738 euro in totale) sono infatti necessari sette diritti, che alla chiusura di ieri valevano complessivamente 0,6391 euro (0,0913 euro ciascuno). Il prezzo unitario delle nuove azioni (dato dalla somma di 2,738 euro e 0,6391 euro diviso 2) sarebbe dunque pari a 1,688 euro, ancora a sconto rispetto ai 1,694 euro con cui i titoli ordinari di Intesa hanno chiuso la seduta di ieri. Sulla performance dei titoli ordinari ha pesato ovviamente anche la debolezza generalizzata sul settore bancario, anche alla luce della decisione di S&P di porre l’outlook negativo sul debito sovrano dell’Italia. Una decisione che non poteva non avere ripercussioni suIntesa, considerato che la banca guidata da Corrado Passera genera oltre la metà dei ricavi sul mercato italiano e che quest’ultimo è stato posto al centro del piano 2011-2013, tanto che nella presentazione la banca milanese sottolineava come «il debito italiano», se considerato come la somma tra debito pubblico e privato, «non rappresenta una anomalia nei confronti internazionali». Tuttavia, vista la forte esposizione di Intesa sul mercato domestico, Nomura ha tagliano le stime di utile 2011 del 4% e sul biennio 2012/2013 del 3% attendendosi minori ricavi delle attività core. Alla luce dello stacco del diritto Nomura ha rettificato il prezzo obiettivo da 2,7 a 2,25 euro (rating neutral). Lo stesso hanno fatto Intermonte (da 2,4 euro a 2,2 euro, neutral) e Banca Akros (da 2,9 a 2,7 euro, buy). Secondo l’associazione dei piccoli azionisti, Azione Intesa Sanpaolo, «il prezzo proposto, pur considerando il calo fisiologico della quotazione, configura un’interessante opportunità d’investimento». (riproduzione riservata)