E’ lo strumento al quale compete per legge la sorveglianza epidemiologica delle patologie legate all’esposizione all’amianto e svolge, al contempo, fondamentali funzione di coordinamento e di indirizzo scientifico. Si tratta del Registro Nazionale dei Mesoteliomi: istituito presso l’ex-Ispesl dal decreto del Presidente del consiglio n.308/2002 e diretto dal responsabile, Alessandro Marinaccio, il ReNaM è un network ad articolazione regionale che opera in sinergia con i Centri operativi regionali (Cor), le strutture istituite in ogni regione del paese col compito di identificare ogni caso di mesotelioma insorto nel territorio e di esaminare la vicenda professionale, residenziale, familiare e ambientale delle persone ammalate.
Nei Rapporti la “mappatura” a partire dal 1993. Il mesotelioma è certamente la malattia più grave causata dall’aver inalato fibre di amianto disperse nell’aria e può aggredire la pleura, il peritoneo, il pericardio e la tunica testicolare. I risultati dell’attività del ReNaM sono pubblicati abitualmente nei Rapporti periodici e sulle riviste di divulgazione scientifica italiana e internazionale. Il primo Rapporto ha illustrato, così, i dati delle misure di incidenza, sopravvivenza ed esposizione ad amianto per i casi di incidenti nel periodo 1993-1996; nel secondo Rapporto sono stati analizzati i casi con diagnosi fino al 2001, mentre nel terzo – edito nel maggio 2010 – è stata riportata l’intera casistica fino al 2004. Sono ancora in corso, infine, le procedure di acquisizione ed analisi dei dati per il periodo 2005-2009.
Nel 70% dei casi interessati gli uomini. Fino a oggi il Registro ha raccolto oltre 9mila casi di mesotelioma, fornendo una radiografia dettagliata di questa malattia. L’età media alla diagnosi è di 68,3 anni e molto raramente viene diagnosticata fino a 45 anni (solo il 2,7% del totale dei casi registrati). Dei 9.166 casi registrati, il 72,4% riguarda gli uomini. Il 93% dei casi di mesotelioma archiviati riguarda la pleura; sono presenti inoltre 614 casi peritoneali (pari al 6,7%), 36 casi che impattano sul pericardio e 31 a carico della tunica vaginale del testicolo. Per quanto riguarda la latenza (vale a dire il periodo che intercorre fra l’inizio dell’esposizione e la manifestazione della malattia), essa è mediamente di oltre 40 anni e la sopravvivenza (cioè il tempo che passa fra la diagnosi e il decesso) è purtroppo ancora molto breve, attestandosi mediamente sui 9 mesi.
In netta prevalenza l’esposizione di tipo “professionale”. Nell’insieme dei casi con esposizione definita (cioè 6.640 soggetti ammalati), il 69,8% presenta un’esposizione professionale (definita come “certa, probabile, possibile”), il 4,5% mostra una familiare, il 4,7% risulta ambientale, e l’1,4% deriva da un’attività extralavorativa di svago o hobby. Per il 19,5% dei casi l’esposizione è improbabile o ignota. Da ciò si deduce che la percentuale di casi di mesotelioma – per i quali l’analisi anamnestica ha rilevato un’esposizione ad amianto lavorativa, ambientale, familiare, o a causa della pratica di hobbies – è pari, quindi, all’ 80,5%.
In sinergia stretta coi Cor. Recentemente, a Roma, il punto della situazione sulla materia è stato fatto in occasione della riunione annuale dei Centri operativi regionali del ReNaM. Numerosi e importanti i temi principali affrontati: tra questi la verifica sulle informazioni disponibili dai Cor e il rapporto tra la ricerca (in particolare, per l’appunto, la sorveglianza epidemiologica dei mesoteliomi) e le attività assicurative e di prevenzione nell’ambito del processo di integrazione tra INAIL ed ex Ispesl. Ampio spazio di riflessione, ancora, è stato dedicato al collegamento e alla collaborazione scientifica con la Rete italiana dei registri tumore e l’Istituto superiore di sanità (che fornirà a breve alcuni dati utili per lo studio delle neoplasie di origine professionale).
In Italia fino al 1992 più di 3,5 mln di amianto prodotto e importato. “In ragione del grande utilizzo di amianto che è stato fatto in Italia (più di 3,5 milioni di tonnellate fra produzione nazionale e importazioni dal dopoguerra fino alla messa al bando del 1992), il tema della sorveglianza e della prevenzione dei rischi di esposizione alle fibre nocive della “polvere bianca” è rilevante e ancora attuale”, afferma Marinaccio. “A questo concorre anche la lunga latenza delle malattie asbesto-correlate e la presenza del materiale anche in situazioni meno prevedibili di vita e di lavoro”. “Per esempio viene spontaneo pensare alle industrie navali e ferroviarie, settori in cui questo materiale era usatissimo”, prosegue il responsabile del ReNaM. “Meno immediato risulta il collegamento nell’ambito dei comparti lavorativi dell’industria tessile, di quella alimentare (pensiamo agli zuccherifici) e agricola, e dell’edilizia, che per numero di addetti rappresenta un settore rilevante”.
Malgrado il bando un percorso pieno di incognite. Nelle corso del convegno sono state analizzate, inoltre, la storia dello sviluppo delle conoscenze intorno alla nocività dell’amianto e le questioni ancora all’ordine del giorno dopo quasi venti anni dal bando. La storia del percorso che va dai risultati della ricerca scientifica, con le prime attestazioni della pericolosità dell’amianto già a partire dalla metà degli anni ’60, fino ai provvedimenti restrittivi è molto esemplificativa della relazione che c’è fra risultati di studio e ricadute sociali, nonché della fragilità e degli ostacoli che si sono incontrati in questo tragitto. In fondo, l’attualità del processo di Torino a carico dell’Eternit di Casale Monferrato, le testimonianze dei superstiti e delle loro famiglie, le obiezioni della difesa del management dell’impresa dimostra come il bando non abbia chiuso il tema, ma piuttosto aperto la questione della “fuoriuscita controllata dall’amianto” .
Integrazione INAIL/ex Ispesl: per il ReNaM prospettive positive. Altro tema discusso è stato il nuovo assetto istituzionale che emerge dalla recente soppressione dell’Ispesl e la devoluzione delle sue funzioni all’INAIL. Nella riunione – la prima che si svolta nella nuova realtà istituzionale e nel corso del processo di integrazione tra i due istituti – sono state considerate positivamente le prospettive interessanti di sviluppo e di consolidamento delle attività del Registro che si configurano in ordine ai nodi ancora aperti della sanità pubblica, della prevenzione delle malattie asbesto-correlate e dei diritti dei soggetti ammalati.
La collaborazione con l’Airtum. Sempre nell’ambito della riunione sono state, infine, analizzate le prime cifre del progetto di ricerca Airtum-ReNaM. “Da un anno e mezzo è in corso un’attività di collegamento con la rete dell’Associazione italiana registri tumori (Airtum), che raccoglie i dati delle anatomie patologiche dei centri di cura oncologica presenti sul territorio nazionale e con l’Istituto Superiore di Sanità per la analisi dei rischi occupazionali nei siti oggetto di bonifiche perché compromessi dal punto di vista ambientale”, ha concluso Marinaccio. “A breve pubblicheremo i risultati di questo primo segmento di ricerca congiunta, che ci permetterà di allargare lo spettro delle conoscenze scientifiche in nostro possesso”.
Fonte: INAIL