DI ADRIANO BONAFEDE

Che ne direste se chi vi gestisce il portafoglio non prevedesse alcun tipo di “controllo sui rischi” cui siete esposti? E se non vi mostrasse un’”idonea rendicontazione l’attività svolta”? E, ancora, se le “modalità d’investimento” non fossero “coerenti con le disposizioni normative, statutarie e contrattuali”? Be’, forse non sareste molto contenti del vostro gestore. È strano, quindi, che molte di queste criticità siano ravvisate dalla Covip nei fondi pensione. L’organo di vigilanza sulle forme di previdenza integrativa ha infatti inviato nei giorni scorsi ai singoli fondi aperti e chiusi, e Fip assicurativi, una lettera in cui parla delle “criticità” emerse dai suoi controlli sui prospetti di autovalutazione. Ebbene, la stessa Covip rimarca la questione: “La delicata funzione che la gestione finanziaria riveste per il raggiungimento dell’obiettivo previdenziale deve indurre i soggetti vigilati a considerare con la massima attenzione tutti i profili operativi connessi alla gestione del patrimonio delle forme pensionistiche”. Alla presentazione della relazione annuale Covip di mercoledì prossimo 25 maggio è certo che l’attenzione dei più si volgerà a verificare quale tra le forme pensionistiche ha reso di più o di meno in rapporto al Tfr nell’ultimo periodo. Sarebbe invece l’ora di concentrare l’attenzione sulla gestione finanziaria di queste ingenti risorse che dovrebbero costituire una “pensione di scorta” al momento dell’abbandono del lavoro attivo. Da tempo si attendono le nuove norme che, avvicinando l’operatività dei fondi pensione ai fondi d’investimento Ucits III o IV, possano permettere gestioni più dinamiche e in sintonia con il fine di lungo termine dello strumento. Non serve mettere i soldi in un salvadanaio e poi gestirlo come faceva la nonna. E perdipiù senza accurati controlli sui rischi.