La banca paga la sanzione amministrativa comminata dalla Consob per gli investimenti rischiosi proposti dai suoi venditori ai clienti. Infatti, in caso di valorizzazioni ingannevoli redatte manualmente per non lasciare traccia sui server, è l’istituto di credito a esserne responsabile.
Lo ha ribadito la Corte di cassazione che, con la sentenza numero 10748 del 16 maggio 2011, ha respinto il ricorso di due impiegati, che, in qualità di venditori di un noto istituto di credito, avevano proposto ai clienti delle valorizzazioni incomplete e rischiose. E le avevano redatte a mano per non lasciarne tracce sui server aziendali.
Una volta emerso l’illecito la Consob aveva irrogato le sanzioni all’istituto di credito, con, facoltà di regresso verso i due responsabili. Per questo gli impiegati si erano costituiti direttamente contro Commissione nazionale. Ma il tribunale e la Corte d’appello di Milano avevano confermato la misura. Ora la seconda sezione civile l’ha resa definitiva.
In particolare gli Ermellini hanno precisato che «la Corte d’appello ha respinto le difese della parte sul punto affermando che le valorizzazioni operate dal venditore costituivano violazione degli obblighi concernenti in rapporto con la clientela in quanto esse rappresentavano ai clienti, senza lasciare tracce informatiche negli archivi della banca, consistenze patrimoniali non in linea con le quotazioni di mercato e che, in particolare le obbligazioni zero coupon a lunga scadenza venivano valorizzate al valore nominale nonostante il prezzo di realizzo fosse notevolmente inferiore, e che il rischio relativo alle operazioni aperte non veniva adeguatamente evidenziato; con riguardo alla mancata marginazione, necessaria in caso di negoziazione di opzioni al fine di costituire un margine di garanzia all’operazione, il giudicante ha invece rilevato che il comportamento del ricorrente integrava una violazione del generale dovere di diligenza prescritto dall’art. 21 dlgs n. 58 del 1998. Atteso che essa non consentiva di rilevare il rischio di tali operazioni aperte aggiungendo che nessun rilievo a tal fine poteva esercitare la mancata inclusione della marginazione nella procedura informatica utilizzata atteso che a tale mancanza, che l’interessato peraltro già conosceva per avere utilizzato il programma software già nel 2000, il venditore avrebbe dovuto comunque ovviare adottando iniziative idonee».