Con lo sviluppo del settore sicurezza e stabilità del sistema
 di Alessandra Schofield  

La direttiva Ue sull’intermediazione assicurativa, emanata nel 2002 dovrà essere revisionata entro il 2013, per essere poi recepita nei paesi membri. Le eventuali modifiche apportate alla normativa riverbereranno sul Codice delle assicurazioni, strumento legislativo tramite il quale l’Italia aveva adottato la direttiva, e quindi sui regolamenti Isvap attuativi del Codice stesso.

Il Bipar, Federazione europea che raccoglie le rappresentanze di intermediari di 31 paesi, fra le quali lo Sna, ha prodotto un documento contenente le istanze delle associazioni di agenti e broker che operano in tutta Europa.

Al testo, depositato lo scorso febbraio alla Commissione Ue, sono stati ammessi tre soli allegati, che rappresentano specifiche situazioni nell’interesse generale. È dunque motivo di orgoglio, per gli agenti italiani, il fatto che uno di tali allegati sia proprio il documento prodotto dallo Sna sulla necessità di superare due limiti normativi del nostro paese, ossia l’operatività tra agenti (la cosiddetta collaborazione di A con A) e quella degli agenti con i brokers (collaborazione di A con B). Sul tema abbiamo intervistato Jean François Mossino, vicepresidente vicario del Sindacato, responsabile dell’area internazionale e membro del direttivo del Bipar.

 

Domanda. Mossino, quali sono i temi principali sui quali si impernia la revisione della Direttiva?

Risposta. Il Bipar insiste soprattutto sul profilo della tutela del consumatore, pretendendo che la distribuzione diretta dei prodotti assicurativi (effettuata direttamente dalla compagnia o attraverso canali telematici o telefonici), quella indiretta di altri distributori (quali banche, poste, concessionarie auto, eccetera) e quella a opera degli intermediari professionali (agenti e broker) siano soggette alle medesime regole in tema di adeguatezza, informazione contrattuale, trasparenza, formazione e qualsiasi altro obbligo. Il Bipar insiste, tuttavia, nel valorizzare la distribuzione assicurativa professionale, che offre valore aggiunto in termini di qualità del servizio. Per tali ragioni richiama le Istituzioni ad evitare ogni forma di discriminazione nella competizione tra intermediari professionali e altri canali.

 

D. Mercato unico, qual è la posizione del Bipar?

R. La Federazione richiama ad un approccio gradualmente armonizzante della nuova direttiva, tenendo conto delle specificità degli stati membri e soprattutto della storia e delle differenti culture che caratterizzano le abitudini dei consumatori che vi risiedono. Ma si tratta di un obiettivo molto ambizioso. Frattanto, il Bipar esorta a favorire lo sviluppo delle attività transfrontaliere, ancora troppo limitate da barriere create dalle differenti applicazioni del diritto giuridico, contrattuale ed assicurativo, come della fiscalità nei vari Paesi.

 

D. Come si pone la Federazione di fronte ai requisiti e agli adempimenti richiesti agli intermediari?

R. Obiettivo del Bipar è che le norme Mifid (che taluni stati membri vorrebbero riportare anche nel settore assicurativo) siano applicate solo ai prodotti previdenziali e finanziari Vita, mentre nel settore Danni si vuole una maggiore snellezza delle norme di adeguatezza e per quanto concerne gli adempimenti precontrattuali, cosa condivisa da molti paesi Ue.

 

D. Remunerazione degli intermediari, cosa propone il Bipar?

R. L’Europa insiste sulla trasparenza della remunerazione. Secondo il Bipar, conoscere le provvigioni percepite dall’intermediario non è utile al consumatore. Altri sono gli elementi che influiscono sulla qualità e lo sviluppo della concorrenza, da chiedere alle imprese assicurative, come la qualità del prodotto, l’efficienza nei servizi e nella liquidazione dei danni. L’Europa vorrebbe però proporre una nuova modalità di remunerazione degli intermediari, molto discutibile, facendoli retribuire direttamente dal consumatore. Per i broker dovrebbe già funzionare così, anche se in realtà vengono remunerati dalle compagnie. Per gli agenti si prende a pretesto un nuovo fenomeno di massa, che Oltralpe sta rivoluzionando il mercato della distribuzione Rca. In Germania e in Francia, infatti, sebbene i clienti continuino a preferire la sottoscrizione in agenzia, la scelta della compagnia la fanno davanti al proprio pc, dopo aver consultato in autonomia uno dei vari siti di comparazione. Ciò sta inducendo le imprese di questi paesi a sostenere che non è più il caso di remunerare la vendita delle polizze rc auto e che l’agente dovrebbe farsi remunerare dal cliente.

 

D. Corriamo questo rischio anche in Italia?

R. Difficile che le Alpi riescano a fermare nuovi approcci consumeristici, soprattutto quando i comparatori di tariffa esistono già anche in Italia. Bisognerebbe però che le polizze italiane fossero effettivamente comparabili sulla base del solo prezzo, mentre Sna ha dimostrato, con ammissione delle istituzioni che tutelano i consumatori, che sono ancora troppo elevati i rischi derivanti dalla eterogeneità di condizioni nebulose offerte dalle varie compagnie. Inoltre queste ultime hanno trasferito alle agenzie onerose attività gestionali e amministrative che non sarebbe corretto far pagare direttamente al cliente. Infine c’è un aspetto giuridico: l’agente rappresenta le compagnie di cui è mandatario ed è corretto che venga remunerato dalle proprie mandanti

 

D. Secondo lei come si profila il futuro degli intermediari italiani?

R. Malgrado l’attuale congiuntura e la radicale trasformazione del settore assicurativo, abbiamo un enorme potenziale sul piano operativo e professionale; lo stesso che stuzzica l’appetito dei nord-europei e interessa le banche o le poste italiane: il 76% di proprietari di case non ancora assicurati, le pmi, il welfare. Gli agenti di assicurazione hanno mercato, favoriti dal fatto che sono ancora il riferimento per l’85% degli assicurati italiani. Devono però riorganizzare le proprie agenzie. Vincente sarebbe una sinergia delle associazioni nazionali di categoria con i gruppi agenti per definire progetti strategici che favoriscano questa necessaria trasformazione organizzativa e il coinvolgimento intelligente delle Istituzioni.

 

D. Cosa dovrebbero fare le istituzioni?

R. Sostenere lo sviluppo dell’assicurazione (gli italiani sono sottoassicurati rispetto alla popolazione europea) assecondando le specificità del nostro paese e le aspettative dei «nostri» consumatori; i quali vanno tutelati nei fatti e nella quotidianità più che con una burocratizzazione onerosa e inutile. Mettere intorno allo stesso tavolo i vari attori del sistema, portatori di interesse ma, anche, apportatori di valore alla distribuzione assicurativa italiana, affinché si definiscano modalità per svilupparla in maniera armonica ed equilibrata per l’intero paese. Dovrebbe rendersi parte attiva e diligente il Mise, supportato dai ministeri parimenti interessati (economia, lavoro, welfare), coordinando un tavolo di concertazione tra la confindustria delle compagnie (Ania) e le associazioni dei professionisti che curano la relazione, da anni e nel tempo, con i consumatori (Sna, Unapass, Aiba, Acb). Lo sviluppo assicurativo apporta ricchezza alle compagnie, stabilità alle agenzie e a centinaia di migliaia di persone che lavorano nel settore; inoltre un popolo rassicurato dalla copertura dei rischi che corre, ha una maggiore propensione alla spesa e all’intrapresa (a ulteriore vantaggio dell’economia). Va colmata la lacuna del nostro sistema di welfare, vanno protette le case degli italiani; temi sociali di elevato valore per il sistema paese. Tocca a ciascuno, nel proprio ruolo e nel rispetto di quello altrui, porre le basi per determinare una appropriata distribuzione assicurativa in Italia e per regolamentarla in maniera innovativa.