Nel periodo gennaio-marzo il pil italiano ha stentato, ma le società quotate hanno prodotto 10,4 miliardi di utili (+18%). Bene l’industria, ripartono i conti di banche e assicurazioni. E in molti casi le quotazioni di borsa non rispecchiano i dati di bilancio
Cascata di utili a Piazza Affari. Nel primo trimestre dell’anno, periodo in cui il pil italiano ha registrato un risicato +1% su base annua, i gruppi quotati hanno prodotto 10,4 miliardi di profitti, in aumento del 17,8% rispetto allo stesso periodo del 2010. Il differente dinamismo del listino rispetto al Paese si spiega soprattutto con l’esposizione delle società quotate su mercati a più alti tassi di crescita.
Dal punto di vista settoriale, la novità principale è l’avvicinamento dei risultati della finanza a quelli dell’industria. L’anno scorso le aziende hanno ottenuto profitti in aumento del 36%, mentre le banche hanno sofferto (-7%). Ben diversa la composizione del dato nel primo trimestre di quest’anno: l’industria ha stabilizzato la crescita (+18,4%), confermando comunque una ripresa significativa anche a livello di ricavi (+11%); ma nello stesso tempo Piazza Affari non ha più patito la zavorra delle banche, che anzi hanno chiuso con utili in miglioramento del 15,6%. Alcuni istituti (come Unicredit e Mps) si sono già riportati sui livelli di metà 2008, prima cioè del crack di Lehman Brothers.
Tutto questo mentre la crescita dell’Italia è tra le più basse in Europa. «Le società quotate sono quelle più presenti all’estero», spiega Mario Spreafico, direttore investimenti di Schroders Italia. «Inoltre sono concentrate perlopiù nel Nord, che cresce a un ritmo più sostenuto rispetto alla media nazionale.
Infine, sono quelle di maggiori dimensioni e quindi hanno più possibilità di raggiungere un’alta redditività, per esempio attraverso economie di scala». La crescita dei risultati non ha avuto finora un corrispondente impatto sulle quotazioni di borsa. Il listino milanese è salito di quasi l’8% da inizio anno, un rialzo lievemente superiore alla media Ue. Tuttavia, la borsa italiana è più distante delle altre rispetto ai livelli ante-crisi. C’è ancora un ampio margine che non è stato colmato. «Il mercato italiano paga la percezione negativa di alcuni investitori internazionali che preferiscono puntare su altri Paesi. L’immagine dell’Italia paga per esempio il fardello dell’elevato debito pubblico. Alcuni settori, come quello bancario, hanno multipli più bassi che in Europa». Secondo Spreafico, «ciò implica che c’è un margine di crescita, che potrebbe concretizzarsi con il susseguirsi di risultati societari positivi, oltre che con l’aggiustamento in corso dei conti pubblici». La direzione sembra quella giusta: «Il primo trimestre si è chiuso con dati più che soddisfacenti e nettamente oltre le stime, con il segnale molto positivo arrivato dalle banche», aggiunge il top manager di Schroders Italia.
La palma dei maggiori profitti nel primo trimestre è andata ancora una volta a Eni(+15% a oltre 2,5 miliardi), seguita da Enel (+14% a 1,2 miliardi).
Il gruppo guidato da Paolo Scaroni in particolare ha beneficiato dell’impennata del barile, che ha attenuato la frenata della produzione per la questione libica. C’è però un risvolto favorevole sul versante gas: le mancate vendite per l’effetto Tripoli saranno bilanciate quest’anno dai minori anticipi di cassa agli altri fornitori (ad esempio Gazprom) come da contratti take-or-pay:Eni ritirerà cioè più gas per compensare l’assenza di quello libico. Sui conti Enel invece l’attenzione degli analisti era concentrata sui margini: nel trimestre in effetti hanno frenato, ma meno del previsto (ebit -3%, ebitda -1,8%). I ricavi sono stati sostenuti (+8%) dalla crescita sul mercato internazionale e dal contributo delle fonti rinnovabili, mentre l’utile è salito grazie alla riduzione degli oneri finanziari. Un trimestre positivo è stato anche quello di altri gruppi a partecipazione statale come Saipem (+17%) e Terna (+62%).
Nel comparto industriale si sono distinte Fiat e Pirelli. L’utile netto di Fiat Auto si è attestato a 29 milioni, in crescita rispetto ai 7 milioni dello scorso anno. Il titolo è salito di quasi il 5% nel giorno della pubblicazione dei conti. A fare da traino in borsa è stata la sorpresa positiva sulla riduzione del debito netto industriale. La borsa è stata più tiepida riguardo a Fiat Industrial, che ha comunque registrato un utile netto di 107 milioni, in miglioramento rispetto alla perdita di 32 milioni del 2010. Al contrario di quanto ipotizzato dagli operatori, la società non ha alzato gli obiettivi annuali. Trimestre sprint per Pirelli, con margini a livelli record. La società ha raddoppiato l’utile a 81 milioni, cifra molto superiore alle attese, e ha rivisto al rialzo le previsioni sul fatturato. Tra le altre società in crescita si sono segnalate Luxottica (+21%), Brembo(+67%), Datalogic (+37%), De Longhi (+85%). Numerosi i gruppi passati dalla perdita all’utile: tra questi Saras (con risultato netto rettificato positivo per 39,5 milioni, da -30 milioni). Telecom Italia ha tratto beneficio dalle attività in America Latina, ma ha continuato a soffrire in Italia soprattutto sul versante della telefonia mobile (utile a 549 milioni, in calo del 9%).
La grande svolta è stata quella delle banche. I profitti di Unicredit in particolare sono balzati a 810 milioni (+56%) trainati dall’attività di corporate & investment banking, che ha beneficiato delle minori rettifiche nette su crediti e del risultato dell’attività di negoziazione in forte miglioramento (+25%). I conti hanno rappresentato il miglior risultato per Unicredit dal secondo trimestre 2008, subito prima del fallimento di Lehman. Anche Mps ha beneficiato di una riduzione delle perdite su credito e della ripresa degli utili da trading. Mps ha segnato i maggiori ricavi da due anni e il maggior risultato operativo da metà 2008. L’utile (140 milioni) è rimasto stabile rispetto a un anno prima, che però aveva 70 milioni di profitti non ricorrenti. Tutte le banche italiane devono far fronte a un costo del funding in aumento e i titoli in borsa fanno i conti con la volatilità generata dagli aumenti di capitale. Ma proprio il rafforzamento patrimoniale nei prossimi mesi potrebbe far crescere la fiducia dei mercati, assieme al recupero della redditività (che non è ancora soddisfacente rispetto ai concorrenti internazionali ed è la prossima grande sfida dei manager). Segnali positivi sono arrivati anche daMediobanca: nell’ultimo trimestre (il terzo, per l’esercizio di Piazzetta Cuccia) ha raddoppiato l’utile a 156 milioni e l’amministratore delegato Alberto Nagel ha definito il trimestre «uno dei migliori degli ultimi due anni e mezzo». Anche Bper ha chiuso con un +6,1% di profitti, grazie alla tenuta del margine di interesse e al contenimento dei costi. E nel settore finanziario sono in recupero anche le assicurazioni, con profitti in progresso del 22%. (riproduzione riservata)