La scelta del Crédit Agricole di non partecipare alla ricapitalizzazione non preoccupa i vertici di Ca’ de Sass, che possono contare sul supporto delle Fondazioni e in parte diGenerali. Segnali incoraggianti dagli istituzionali
Adesso è ufficiale. Il Crédit Agricole, che è tuttora il secondo azionista di Intesa Sanpaolo con una partecipazione del 4,99%, non parteciperà all’aumento di capitale della Ca’ de Sass.
Lo ha affermato venerdì 13 maggio il ceo della banque verte, Jean-Paul Chifflet, nel corso della presentazione dei risultati trimestrali dell’istituto francese. Considerato che è altamente probabile che anche la Carlo Tassara, titolare di un altro 2,26% di Intesa Sanpaolo, possa decidere di non seguire l’aumento, sale così al 7,25% la quota potenziale di inoptato, circa 362 milioni, di cui il consorzio di garanzia guidato da Banca Imi e da Bofa-Merrill Lynch, potrebbe essere chiamato a farsi carico. Alla Ca’ de Sass non sembrano comunque preoccupati per l’impatto sul buon esito dell’aumento della diserzione dell’Agricole, che anzi, non sottoscrivendo, ridurrebbe la partecipazione, venendo incontro agli impegni presi da Intesa con l’Antitrust. Le ragioni per cui Corrado Passera e i suoi più stretti collaboratori sono ottimisti sulla riuscita dell’aumento sono molteplici. In primo luogo le cinque Fondazioni (Compagnia di San Paolo, Cariplo, Cariparo, Cr Firenze e Carisbo) che insieme detengono il 25% della banca, prima ancora di conoscere i dettagli dell’aumento, hanno deliberato la propria partecipazione. Tanto che il presidente dell’Acri e della Cariplo, Giuseppe Guzzetti, non ha esitato a levarsi qualche sassolino dalla scarpa nei confronti di quei commentatori che avevano preconizzato una difficoltà del sistema delle Fondazioni a seguire gli aumenti delle banche. «I corvi che roteavano sulle fondazioni ora si ritirino», ha tuonato Guzzetti, sottolineando che anche le sei fondazioni più piccole con quote di Intesa Sanpaolo inferiori al 2% faranno la loro parte nell’aumento.
La seconda ragione per la quale alla Ca’ de Sass si dicono certi che la ricapitalizzazione andrà a buon fine senza interventi del consorzio è legata alla decisione che prenderanno le Generali. Il Leone, che pur avendo sciolto la partnership industriale con Intesa, ne è ancora azionista con il 4,55%, veniva indicato tra i soci pronti a disertare l’aumento. Così invece, come sottolineato dal cfo delle Generali, Raffaele Agrusti, non dovrebbe essere. «Il titolo Intesa è presente in vari portafogli Vita del gruppo con differenti livelli di costo in gestione», ha spiegato, «per cui adesso è in atto l’analisi di questo aumento e dei suoi impatti. Prevediamo peraltro che in alcuni portafogli ci possa essere la sottoscrizione dell’aumento di capitale, visto che agli attuali corsi e dividendi previsti appare relativamente favorevoli».
C’è poi un altro motivo concreto che lascia intravedere un’adesione importante all’aumento di Intesa Sanpaolo anche da parte degli investitori istituzionali. Basti pensare che all’assemblea della banca che si è tenuta martedì 10 maggio a Torino, cui non ha partecipato l’Agricole col suo 4,99%, era presente ben il 57% del capitale ordinario. E considerato che poco più del 30% faceva capo a Fondazioni e Generali, la quota restante era riferibile a fondi italiani ed esteri. Una larghissima fetta dei quali si è detta favorevole alla ricapitalizzazione, come dimostra anche l’esito della votazione assembleare con il 98% dei presenti in Piazza San Carlo che ha detto sì all’operazione.
I presupposti affinché l’aumento, che dovrebbe partire ufficialmente lunedì 23 maggio, possa andare in porto con successo sembrano esserci tutti. Per dare un giudizio compiuto sull’operazione gli investitori aspetteranno comunque i dettagli dell’operazione che dovrebbero essere resi noti già giovedì 19. L’attesa è che le nuove azioni siano emesse con uno sconto leggermente superiore alla media dei recenti aumenti di capitale. Anche per garantirsi una maggiore probabilità di successo. (riproduzione riservata)