«L’esigenza di una previdenza integrativa è ancora poco sentita dai lavoratori e dalle aziende in Italia. Da un’indagine condotta per noi da Gfk Eurisko su cosa si aspettano i dipendenti dai piani di incentivazione aziendale è emerso che i lavoratori sono più interessati agli altri benefit, come l’auto aziendale o le polizze sanitarie, che ai piani pensionistici volti a integrare la futura rendita pubblica.
E questo dato trova conferma anche nella nostra esperienza, le aziende in Italia non puntano sui piani previdenziali per incentivare i loro lavoratori perché non è un tema che trova riscontro», afferma Fabio Carniol, amministratore delegato di Towers Watson in Italia, società di consulenza internazionale che ha una forte competenza anche in materia di fondi pensione. Towers Watson oltre a occuparsi di consulenza su temi attuariali e di piani di welfare aziendali è tra i leader nell’advisory sull’asset allocation e sulla selezione di gestori proprio per fondi pensione ed enti non profit. Dietro al mancato decollo della previdenza complementare in Italia c’è quindi un vuoto di interesse da parte dei lavoratori, forse ancora poco consapevoli della magra pensione che li aspetta. Ma anche l’offerta presente oggi sul mercato italiano della previdenza rischia di essere poco accattivante. «Credo che una maggiore presenza di piani life cycle, ossia di piano pensionistici che permettano al lavoratore di veder cambiare nel tempo la sua asset allocation man mano che si avvicina al momento della pensione, e un’informativa adeguata su quanto l’investimento nel piano permetterà di integrare il futuro assegno pubblico aiuterebbe i lavoratori a dare maggiore valore al fondo pensione», dice Carniol. Che vede crescere molto all’estero questo tipo di offerta perché si adatta bene proprio agli obiettivi legati a un piano pensionistico. Carniol auspica che proprio le formule life cycle diventino la destinazione per chi viene iscritto alla previdenza integrativa con il meccanismo del silenzio assenso. «Se lo scopo è integrare la pensione futura non ha senso investire per tutta la vita lavorativa il Tfr in una linea garantita, è meglio un piano life cycle con un’allocazione che consenta di massimizzare il possibile risultato, lasciando una scelta tra percorsi più o meno prudenti». E per massimizzare il risultato è anche importante fare il punto sulle strategie di investimento dei fondi pensione. «Dopo la crisi finanziaria abbiamo notato che molti fondi soprattutto all’estero hanno messo mano alla governance proprio per valutare meglio le scelte d’investimento. Si sono dotati di comitati di esperti o di un responsabile interno che dialoghi con i consulenti e i gestori. In Italia questa trasformazione ha interessato soprattutto le fondazioni bancarie, mentre molti fondi pensione devono ancora arrivare a questo», dice Carniol. Che aggiunge: «In generale è anche aumentata l’attenzione ai conflitti di interesse e si dà anche maggiore importanza alla valutazione dell’operato dei gestori, in modo da stabilire se il rischio corso sia stato adeguatamente remunerato», sottolinea Carniol. Towers Watson offre ai fondi pensioni un servizio di asset allocation e di selezione dei gestori remunerato esclusivamente con una parcella per l’advisory, non prevede quindi alcun tipo di retrocessioni da parte dei gestori selezionati. «Questo ci ha premiato, così come teniamo a sottolineare che noi non siamo asset manager», sottolinea Carniol.
Certo per pagare il servizio di advisory è necessario disporre di un patrimonio adeguato. E qui torna caldo il tema della dimensione dei fondi. «Avere sul mercato fondi di grandi dimensioni presenta diversi vantaggi. Chi è grande può permettersi di sostenere il costo dell’advisory, ma può anche negoziare condizioni migliori sia con i gestori sia con le compagnie di assicurazioni per le eventuali coperture», dice Carniol. Che ricorda anche che nel nuovo regolamento sugli investimenti dei fondi che sta preparando il Ministero dell’Economia ci sia anche l’intenzione di dare più libertà nelle scelte d’investimento ai fondi grandi, perché chi è più grande ha più possibilità di diversificare. E dal punto di vista degli investimenti il trend fotografato dall’ultima ricerca di Towers Watson mostra più interesse per gli investimenti alternativi da parte dei fondi pensione. Che privilegiano private equity e mattone, mentre sono più selettivi verso gli hedge fund. Nel complesso questi investimenti alternativi rappresentano il 19% degli asset investiti. Negli attivi tradizionali l’azionario pesa per il 47% dei portafogli, mentre i bond restano stabili al 33%.