Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

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I dazi statunitensi al 20% sui prodotti agroalimentari Made in Italy potrebbero costare quasi 1,6 miliardi di export in meno all’anno. Questo emerge da elaborazioni del Centro Studi di Confagricoltura. Le categorie più colpite risultano quelle maggiormente esportate negli Usa: vino (che valgono il 24,7% dell’export nazionale), cereali (16%) e olio (13,6 %). Nel dettaglio, le tariffe fissate al 20% costerebbero ogni anno 390 milioni al comparto vini, 250 milioni a quello cereali e 314 milioni all’olio.
Esprime «una preoccupazione moderata» Luca Burrafato all’indomani dell’annuncio del presidente Usa Donald Trump di alzare il muro dei dazi contro il resto del mondo, convinto che «le aziende italiane hanno un’incredibile capacità di adattamento come hanno dimostrato durante e dopo la pandemia» e che l’economia tricolore «oggi appare più resistente di altri Paesi europei». L’angolo di visione del numero uno di Allianz Trade per i Paesi del Mediterraneo, il Medio Oriente e l’Africa è decisamente ampio considerando che per la società del gruppo Allianz, leader mondiale dell’assicurazione del credito commerciale, ha in mano poco meno della metà del mercato italiano di riferimento, con circa 300 milioni di premi sui 650 complessivi.
I dazi Usa ridurranno la crescita dell’Eurozona che torna così a rischio recessione, come hanno indicato ieri Barclays e Citi. L’effetto sull’inflazione è incerto e sarà maggiore quanto più forti saranno i controdazi Ue. Ma il carovita potrebbe anche frenare a causa dell’apprezzamento dell’euro e della possibile invasione di prodotti cinesi a basso costo sul mercato europeo. Ieri in mattinata i mercati hanno aumentato l’attesa di tagli Bce, mentre nel pomeriggio sono tornati a scontare al 70% una riduzione ad aprile. Gli operatori vedono comunque in totale due tagli quest’anno con una probabilità del 70% di un terza sforbiciata.
Sono rientrati 165 milioni di euro in otto anni nelle tasche dei circa 12 mila risparmiatori che dal 2017 ad oggi si sono rivolti all’Arbitro per le Controversie Finanziarie (Acf), l’organismo istituito dalla Consob per la risoluzione stragiudiziale delle dispute tra intermediari e clienti. È quanto emerge dalla relazione annuale dell’Acf nel 2024. Lo scorso anno il valore medio delle istanze dei risparmiatori ha raggiunto la cifra record di oltre 70 mila euro. E nonostante la piena gratuità prevista per i ricorsi all’Arbitro è in aumento al 68,2% (dal 60% del 2023) la percentuale di chi preferisce farsi assistere da un legale. Resta invece molto elevato (92,5%) il tasso di esecuzione volontaria delle decisioni dell’Acf da parte degli intermediari, posto che le pronunce dell’Arbitro non hanno carattere cogente.

L’impresa che ha sottoscritto la polizza contro i rischi catastrofali potrà chiedere alla compagnia di assicurazione l’immediata liquidazione del 30% del danno subìto a causa dell’evento calamitoso su beni mobili e immobili strumentali per l’attività. Lo prevede l’art. 23 della legge n. 40 del 18 marzo 2025 “Legge quadro in materia di ricostruzione post-calamità” (pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 76 del 1° aprile 2025), al fine di garantire maggiore certezza nella liquidazione dei danni alle imprese assicurate, permettendo loro di accedere immediatamente a risorse fondamentali per una rapida ripresa delle attività. Il danno complessivamente indennizzabile, e quindi il relativo 30%, dovrà essere stimato da perizia asseverata redatta da un tecnico abilitato.
Le imprese più grandi avranno un anno in più per adeguarsi alle norme sul dovere di diligenza. Mentre ci saranno due anni aggiuntivi per la rendicontazione di sostenibilità. Il Parlamento europeo ha votato ieri a favore del posticipo delle date di applicazione delle nuove normative UE sul dovere di diligenza e la rendicontazione di sostenibilità. Con 531 voti a favore, 69 contrari e 17 astensioni, i deputati hanno sostenuto la proposta della Commissione, conosciuta come “Stop the clock”, parte di un più ampio pacchetto di misure di semplificazione volto a rafforzare la competitività dell’UE. Le norme sul dovere di diligenza, spiega una nota, impongono alle aziende di mitigare l’impatto negativo delle proprie attività sulle persone e sull’ambiente. Secondo la proposta adottata, i Paesi UE avranno un anno in più del previsto – fino al 26 luglio 2027 – per trasporre le norme nella legislazione nazionale. Il rinvio di un anno si applicherà anche alle prime aziende interessate dalla direttiva beneficeranno quindi del rinvio di un anno. Si tratta delle imprese dell’UE con oltre 5.000 dipendenti e un fatturato netto superiore a 1,5 miliardi di euro, e delle aziende non UE con un fatturato superiore nell’UE a tale soglia, che dovranno applicare le norme solo dal 2028 (e non dal 2027).

«Non è un referendum su Natixis, ma un voto per decidere se Generali resta una public company oppure passa sotto il controllo di soggetti privati senza che questi paghino un premio agli altri azionisti». Philippe Donnet arriva alla plenaria del 24 aprile — uno degli appuntamenti più rilevanti della stagione assembleare della finanza italiana — «ottimista e fiducioso, come amministratore delegato non posso che esserlo per la qualità dei risultati raggiunti dal gruppo. Lo sono per i nostri 87 mila colleghi e 164 mila agenti». Da quando Donnet è arrivato, nove anni fa, al vertice del Leone la capitalizzazione in Borsa è passata da 15 a 51 miliardi di euro. «Siamo contendibili e chi vuole Generali, nella logica di mercato, deve pagare un premio significativo agli azionisti. Ciò significherebbe dover mettere sul tavolo una cifra molto importante. Questa è la migliore garanzia di indipendenza». Donnet e la sua squadra lavorano all’implementazione del piano Lifetime Partner 27: Driving Excellence. Sono obiettivi industriali e di remunerazione agli azionisti — 8,5 miliardi tra dividendi e buyback — che spiegherà all’assemblea che dovrà esprimersi sulla sua riconferma per un nuovo mandato

Quella in corso è stagione capace di sconvolgere equilibri globali che hanno retto per ottant’anni. Le regole felpate della diplomazia internazionale stanno cedendo il passo a relazioni muscolari dominate dall’effetto-annuncio e dal tam-tam mediatico. Forse memore dello spirito d’intrapresa messo in campo ai tempi della pandemia, l’Unione Europea sta reagendo al nuovo ordine o disordine mondiale con una serie di annunciate misure che vogliono rendere più sicuri i confini e imprimere una svolta al sin qui altalenante processo di integrazione finanziaria. In questa cornice si colloca il piano battezzato Unione dei Risparmi e degli Investimenti (Savings and Investments Union-SIU). L’obiettivo è ambizioso, ancorché tutt’altro che nuovo: indirizzare almeno parte della liquidità giacente sui conti dei risparmiatori verso gli investimenti in area euro. Senza considerare che ogni anno almeno 300 miliardi prendono il volo verso i mercati d’oltreoceano. E non c’è contropartita.
Welbee, welfare provider del gruppo Unipol, entra nel mercato dei buoni pasto grazie a una partnership strategica con Pellegrini. La collaborazione consentirà a Welbee di integrare i buoni pasto nel proprio ecosistema, offrendo alle Pmi e alle partite Iva una gestione semplificata e l’accesso a una vasta rete di esercizi convenzionati. I buoni Pellegrini-Welbee saranno distribuiti attraverso la rete capillare di oltre 2 mila agenzie di Unipol.