NORMATIVA
Autore: Leandro Giacobbi
ASSINEWS 373 – Aprile 2025
Iniziamo con questo articolo un forum sulla nuova normativa che impone alle imprese obbligate all’iscrizione nell’apposito Registro l’assicurazione sui rischi catastrofali. È una legge, con molti aspetti ancora inesplorati, che modifica gli equilibri delle politiche assicurative delle imprese e che richiede tutta una serie di approfondimenti. In questa sede analizziamo la sanzione per l’elusione all’obbligo a contrarre.
Il regolamento sui rischi catastrofale è legge
Il decreto n. 18 del 30 gennaio 2025 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, rendendo il “Regolamento recante modalità attuative e operative degli schemi di assicurazione dei rischi catastrofali” legge dello Stato. Questo regolamento attua la previsione della Legge di Bilancio n. 213/2023, che all’art. 1, commi da 101 a 112, ha introdotto l’obbligo di stipulare contratti assicurativi per la copertura di terreni e fabbricati, impianti e macchinari, attrezzature industriali e commerciali verso cinque tipologie di rischi: sismi, alluvioni, frane, inondazioni ed esondazioni.
Tale obbligo, come confermato all’art. 1 del decreto attuativo rubricato “Definizioni e ambito di applicazione”, ricade sulle imprese con sede legale in Italia e sulle imprese aventi sede legale all’estero con una stabile organizzazione in Italia, obbligate all’iscrizione nel Registro delle imprese, con esclusione delle imprese agricole e delle imprese i cui immobili siano gravati da abuso edilizio.
Il legislatore ha pertanto stabilito un duplice obbligo: le imprese obbligate all’iscrizione nel Registro delle imprese devono stipulare una polizza a copertura delle calamità naturali definite all’art. 3 del decreto quali “alluvioni, inondazioni ed esondazioni, sismi e frane” e le imprese di assicurazione devono fornire una copertura assicurativa che copra “i danni alle immobilizzazioni direttamente causati dagli eventi calamitosi di cui all’art. 3 del decreto” (art. 1, comma 4 lett. d) del decreto).
È inutile ricordare la “storia” difficile di questo Regolamento e ripetere che il legislatore ha voluto forzare l’entrata in vigore nonostante molti addetti ai lavori avessero sollevato molte perplessità che, adesso, con la sua entrata in vigore fissata per il 31 marzo 2025, diventano dei problemi operativi per gli imprenditori, gli intermediari assicurativi e le imprese di assicurazione.
Da parte del legislatore, vi era l’intento di trasferire il costo delle calamità naturali dal finanziamento pubblico a quello privato/assicurativo, obiettivo che è stato realizzato con l’art. 1, comma 104, L. 213/2023 che stabilisce che dell’inadempimento delle imprese soggette all’obbligo di assicurazione, se ne dovrà tenere conto “ai fini dell’assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere su risorse pubbliche”.
Contestualmente, le imprese di assicurazione e gli intermediari hanno visto un potenziale incredibile fatturato che, per certi versi, ricorda quanto accaduto nel 1969 con l’entrata in vigore dell’assicurazione obbligatoria RC auto, per cui non hanno sollevato obiezioni significative. Forse (ma neanche tanto), il soggetto “debole” di questo decreto è il cliente “finale”, lasciato solo dalle proprie associazioni di categoria, che si troverà a stipulare dei contratti assicurativi che possono anche assumere delle dimensioni monetarie importanti, qualora la propria azienda si trovi in un’area ad elevato rischio, chiedendosi se questa polizza non sia, in realtà, un’imposta “camuffata”.
In questa sede, però, ci vogliamo concentrare sulla sanzione che è stata fissata al comma 107, che statuisce che “Il rifiuto o l’elusione dell’obbligo a contrarre da parte delle imprese di assicurazione è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 100.000 a euro 500.000”.
Rifiuto o elusione dell’obbligo a contrarre
Il comma 107 prevede tre elementi: due comportamenti, il rifiuto e l’elusione, e una sanzione che varia da 100.000 euro a 500.000 euro.
Innanzitutto, per tutti gli addetti ai lavori il collegamento immediato è con l’analoga norma del Codice delle Assicurazioni Private inerente l’elusione dell’obbligo a contrarre in materia RC auto che presenta, però, una struttura totalmente differente. Infatti, l’art. 132 del Codice delle Assicurazioni Private, al comma 3-bis, dispone che “In caso di segnalazione di violazione o elusione dell’obbligo a contrarre, incluso il rinnovo, i termini regolamentari di gestione dei reclami da parte dell’IVASS sono dimezzati. Decorso inutilmente il termine, l’IVASS provvede a irrogare le sanzioni di cui all’articolo 314”.
Nel frattempo, l’art. 314 è stato abrogato e sostituito dall’art. 310-bis con il D.L. n.68/2018, che propone come “rubrica”: “Rifiuto ed elusione dell’obbligo a contrarre”; quindi riproponendo i due comportamenti del comma 107, ma la sanzione ha una declinazione molto differente.
Difatti, il comma 1 dell’art. 310-bis recita: “L’inosservanza dell’articolo 132, commi 1, 1-bis e 1-ter, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duemilacinquecento ad euro quindicimila” e tale norma va applicata rispetto ad una singola fattispecie di rifiuto o di elusione.
Il comma 2 dell’art. 310-bis prevede, invece, una sanzione compresa tra un milione e cinque milioni di euro nel caso in cui il comportamento elusivo dell’impresa di assicurazione venga attuato con riferimento a determinate zone territoriali o a singole categorie di assicurati. Questa sanzione assume una dimensione milionaria perché la condotta elusiva, generalmente tariffaria, mira a escludere specifiche categorie di clienti.
Premesso che il legislatore avrebbe potuto “copiare” l’impostazione applicata alla RC auto (così avrebbe fatto meno danni), il comma 107 non presenta alcun collegamento ad una segnalazione di violazione o reclamo, per cui si “dovrebbe” applicare il Regolamento IVASS n. 39, dove all’art. 8, comma 1, “IVASS avvia la procedura sanzionatoria nei casi in cui accerta la violazione delle norme per le quali è prevista l’irrogazione di sanzioni amministrative, una volta acquisiti gli elementi necessari a valutarne la sussistenza”.
Conclusa questa premessa tecnico-normativa, approfondiamo l’obbligo a contrarre e i due comportamenti che ne rappresentano l’inadempimento.
Nel contesto del nuovo Regolamento, l’obbligo a contrarre è strumentale al raggiungimento del fine sociale da tutelare e cioè una copertura assicurativa in grado di dare risposte esaurienti ed efficaci al mondo delle imprese, in caso di eventi calamitosi. Quindi, il legislatore può indirizzare l’iniziativa economica privata – in questo settore, le imprese di assicurazione – per realizzare il fine sociale poc’anzi citato e questo ai sensi dell’art. 41 della Costituzione. In tale ambito, le imprese di assicurazione devono associare la loro insindacabile libertà tariffaria ad un comportamento non arbitrariamente o irragionevolmente discriminatorio nei confronti di un singolo o di una categoria di clienti.
Questa impostazione trova nel “rifiuto” una sua semplicità operativa, in quanto, secondo la giurisprudenza su una fattispecie affine – art. 328 del Codice Penale “Rifiuto di atti d’ufficio” – il “rifiuto” può manifestarsi in qualsiasi forma, sia scritta che orale, e deve essere indebito, ovvero non sorretto da cause di giustificazione. Secondo la giurisprudenza, la connotazione indebita sussiste quando risulta che il soggetto non ha esercitato alcuna discrezionalità tecnica, ma si è semplicemente sottratto alla valutazione d’urgenza dell’atto del suo ufficio.
È ovvio che tale comportamento ha una declinazione numericamente marginale. Un esempio potrebbe verificarsi qualora un potenziale cliente, titolare di un’impresa obbligata all’iscrizione nel Registro delle imprese, si presenti negli uffici di un intermediario e quest’ultimo si rifiuti di procedere all’emissione di un preventivo e/o di una polizza, in quanto si tratta di “persona nota” sul territorio come “soggetto potenzialmente truffaldino” (utilizziamo questa formula benevola). Queste fattispecie sono molto frequenti nella RC auto e le direzioni hanno dato da sempre delle istruzioni alla rete per procedere con una preventivazione a tariffa. Per le polizze CATNAT, probabilmente, si procederà nel medesimo modo.
È, invece, una situazione differente il cosiddetto “rifiuto motivato” e cioè un riscontro tempestivo accompagnato da una dettagliata giustificazione. Se la richiesta di elementi suppletivi, indispensabili per la quotazione, non crea particolari problemi interpretativi, la situazione si complica (e non di poco) qualora nelle motivazioni al “rifiuto”, si dovessero accertare delle richieste, diciamo, esagerate, per cui l’adempimento risulta pressoché impossibile.
Per elusione, viceversa, ci si trova dinnanzi ad un comportamento “scorretto” dell’impresa di assicurazioni che andrebbe ad applicare un premio eccessivamente elevato in base ad una tariffa non giustificata dalle basi tecniche, quindi ai costi medi, alle frequenze, ai caricamenti per spese, ai caricamenti di sicurezza ed al profitto atteso.
Per le richieste “impossibili” e per le elusioni “tariffarie” con dei preventivi estremamente elevati, riteniamo che il legislatore abbia voluto con una sanzione minima di 100.000 euro “mettere le mani avanti”, facendo capire alle imprese di assicurazione quale approccio andrà tenuto.
Il problema è che non è stata prevista una sanzione più ragionevole per il singolo caso, che può capitare, si pensi ad un ritardo ingiustificato, un’incomprensione sulla documentazione, ecc. e, invece, una sanzione più rilevante nei casi di tariffe tecnicamente non giustificate per evitare assunzioni in aree particolarmente a rischio oppure dei questionari estremamente complessi e praticamente impossibili da compilare.
Inoltre, come si comporterà IVASS, tenuto conto che per molti rischi contemplati nel nuovo Regolamento non esiste una storia assicurativa (si pensi alle frane) per cui la tariffa verrà costruita principalmente su “modelli teorici” difficilmente contestabili?
La soluzione più semplice da adottare è di riprendere l’impostazione RC auto, imponendo al cliente di procedere con il reclamo all’impresa di assicurazione, riducendo i tempi di riscontro. In questo modo, tutte le criticità da problemi “ordinari” troveranno una loro risoluzione. Qualora il cliente non fosse soddisfatto, potrà richiedere l’intervento dell’IVASS.
In merito alle sanzioni del comma 107, vanno rimodulate per fattispecie e per gravità, rammentando che uno dei principi cardine del nostro sistema normativo esige che la sanzione sia proporzionale al disvalore del fatto illecito commesso in modo tale che il sistema sanzionatorio adempia allo stesso tempo la funzione di difesa sociale e quella di tutela delle posizioni individuali. Sarà difficile giustificare una sanzione di 100.000 euro per una polizza assicurativa dal costo di 500 euro.
In ultimo, l’obbligo a contrarre e le relative sanzioni incontreranno sicuramente dei problemi in sede EU, se si pensa che la nota sentenza del 28 aprile 2009 n. C-518/06 della Corte di giustizia dell’Unione Europea precisava che “L’obbligo a contrarre imposto a tutte le imprese di assicurazione esercenti il ramo responsabilità civile auto, indipendentemente dal luogo in cui si trova la loro sede, ed in relazione a tutte le categorie di assicurati e a tutte le regioni d’Italia, nonché la possibilità di applicazione di sanzioni da parte dell’autorità di vigilanza italiana in caso di violazione di detto obbligo, comporta una restrizione alla libertà fondamentale di stabilimento, vietata in quanto tale dall’articolo 43, e costituisce altresì una restrizione alla libera prestazione di servizi, incompatibile con l’articolo 49 del Trattato CE. Infatti, l’obbligo di fornire l’assicurazione obbligatoria responsabilità civile auto, previsto dalla normativa italiana costituisce un serio ostacolo all’esercizio delle attività delle imprese di assicurazione in Italia, in quanto detto obbligo dissuade le imprese assicurative stabilite in altri Stati membri dallo stabilirsi o dal prestare servizi in Italia e quindi ne pregiudica l’accesso al mercato italiano”.
In effetti, quanto prescritto dal decreto n. 18 del 30 gennaio 2025 non si discosta molto dalla fattispecie RC auto discussa dalla Corte di Giustizia.
Per queste criticità, suggeriamo al legislatore di procedere a una rapida correzione.
In caso contrario, si rischia uno snervante contenzioso che non sarà di alcuna utilità, come dimostrato dalle sentenze del TAR del Lazio che in passato hanno bocciato le sanzioni milionarie dell’Istituto di Vigilanza per l’elusione dell’obbligo a contrarre RC auto da parte di alcune imprese di assicurazione. Non va dimenticato che le tariffe per il calcolo del premio per le calamità naturali saranno il risultato di un complesso insieme di parametri, alcuni di origine aziendale e altri basati su modelli attuariali, utilizzati e combinati non secondo una procedura rigida e predefinita, ma con ampi margini di discrezionalità. Riteniamo sia fondamentale evitare un’escalation di contenziosi e intervenire per rendere questa nuova legge realmente vantaggiosa per l’economia italiana.
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