di Angelo De Mattia
Bisogna riconoscere che il Crédit Agricole Italia si è finora dimostrato corretto e sufficientemente trasparente nelle diverse operazioni di acquisizione, da ultimo, in quella concernente il Creval. Ha anche dato un contributo – certo, non per un atto di liberalità – al superamento di alcune situazioni di crisi bancarie. L’acquisto del 9,2% del Banco Bpm segna, comunque, l’innalzamento dell’interesse della «Banque Verte» che, conseguentemente, richiede un approfondimento anche perché finora non è chiaro se si tratti di una decisione, certo importante, ma diretta ad agevolare convergenze e integrazioni prevalentemente commerciali e per la cogestione di partecipate, come nel caso di Agos, oppure se sia un passaggio per poi procedere verso l’assunzione di una più consistente partecipazione. Va ricordato che nelle giornate nelle quali si parlava del tentativo di opa su Bpm da parte di Unicredit – che poi sarebbe saltato, si disse, per una fuga di notizie che alcuni attribuirono a non meglio precisati ambienti politici – fu prospettata anche l’ipotesi, che non si seppe quanto fondata, di un intervento dell’Agricole in aiuto di Bpm o comunque per scompigliare i giochi.
Conoscere i rispettivi disegni è fondamentale per il mercato e per i risparmiatori, in particolare, anche perché un’operazione della specie è, in teoria, suscettibile di innescare un processo di riorganizzazione e consolidamento dei rami medio-alti del sistema che si auspica da tempo, ma che non è «a priori» valutabile positivamente, quali che siano le forme che esso assuma e gli intermediari che vi partecipino. Il Banco dovrebbe rientrare nella categoria dei soggetti che hanno potenzialità di aggreganti o, comunque, di partecipanti ad aggregazioni su di un piano paritario, dunque non tra quegli intermediari che si possono ritenere anche «aggregandi». Quando si afferma che, con un’integrazione con l’Agricole, Bpm costituirebbe un gruppo che sarebbe il secondo o il terzo nella graduatoria nazionale, bisogna chiedersi a quali condizioni e con quali caratteri ciò avverrebbe.
Di per sé il gigantismo non é una ragione sufficiente per una valutazione positiva. Intanto, già si discute su di un interesse all’operazione in questione per gli asset assicurativi – in contrasto o anche in raccordo con l’Agricole – della connazionale compagnia di assicurazione Axa, cosa che accentua l’esigenza di chiarezza.
Naturalmente, il superamento di determinati livelli di interessenze o l’ipotesi, più ampia, di un’aggregazione è sottoposta al vaglio della Vigilanza, in questo caso di quella coesistente con la Bce che non è né deve essere un mero atto notarile, come vogliono le norme primarie. Del resto, sono gli stessi indirizzi di tale autorità che, a dispetto di chi ritiene che informare preventivamente la Vigilanza circa operazioni del genere sia una specie di colpo di Stato, giustamente orientano verso colloqui preventivi. Sarebbe credere alla Befana continuare a pensare che le aggregazioni bancarie realizzate in Italia dopo la soppressione, da parte del Comitato del credito, dell’obbligo di informazione preventiva relativamente a operazioni del tipo indicato, siano state portate a conoscenza della Banca d’Italia solo il giorno della delibera degli organi competenti. Uno dei maggiori banchieri ha ricordato una colazione a Palazzo Koch con un collega di pari livello con all’oggetto proprio il tema di una possibile aggregazione tra i rispettivi istituti: dunque, ben prima della decisione della eventuale concentrazione che, per giunta, non fu poi adottata. Altro che informativa preventiva. Semmai si trattava di impulso preventivo.
E la questione del mercato? Ciò accadeva 15 anni fa. Le valutazioni che la Vigilanza deve compiere non vanno confuse con il dirigismo; esse non contrastano affatto con l’apertura al mercato, data la peculiarità della banca, in generale, che è, sì, un’impresa, ma un’impresa soggetta a norme specifiche le quali, per i rami, discendono, in Italia, dall’art.47 della Costituzione sulla tutela del risparmio. Allo stesso modo, l’eventualità dell’attivazione del «golden power», qualora ne ricorrano i presupposti, non può essere bloccata dal fatto che un tale esercizio contrasti con la logica del mercato perché, in questo modo, si toglierebbe qualsiasi fondamento a una disciplina speciale quale è quella che prevede un tale potere, ora anche rafforzato. Altra cosa è valutare se, in relazione agli sviluppi dell’operazione Crédit Agricole-Bpm, scattino i presupposti per attivare i poteri in questione. E’ sperabile che l’eventuale evoluzione dei rapporti tra i due istituti si affermi su di un piano di consensualità, cosa che, naturalmente, non esclude, tutt’altro, la rigorosa valutazione della Vigilanza e lo stesso esame dell’attivabilità del «golden power», magari concludendo, in quest’ultimo caso, per la negativa. Insomma, questa vicenda, con le sue dirette o indirette connessioni – fra le altre, Unicredit, Montepaschi, al limite Generali – può diventare anche un «test» dell’esercizio delle attribuzioni della Vigilanza e del governo. (riproduzione riservata)
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