Sembra si stia manifestando il risveglio di un forte interesse per le assicurazioni e, soprattutto, per la «bancassurance». Nella prossima settimana due eventi sono attesi con particolare interesse: l’assemblea annuale delle Generali, il 29 aprile, e quella della Popolare di Sondrio (di recente trasformata in spa) del successivo giorno 30. È probabile, nel primo caso, per il modo in cui si stanno distribuendo gli orientamenti e, prima ancora, per le quote di partecipazione azionaria rispettivamente detenute, che la competizione si chiuderà con il successo di uno dei due competitori con un margine non affatto ampio sul concorrente. Potrebbe accadere anche un «dopo partita» non calmo, stando alla conflittualità manifestata tra i due schieramenti in questi mesi. Ma il 30 aprile anche nell’assemblea della Popolare di Sondrio si procederà all’elezione, sulla base di due liste contrapposte (del consiglio di amministrazione e di Assogestioni), di 5 membri del consiglio di amministrazione, presidente compreso. Pure in tal caso, la partita è aperta. Un ruolo decisivo sarà svolto dall’Unipol di Carlo Cimbri che detiene circa il 9% dell’Istituto e che fin qui, con un saggio atteggiamento, ha mostrato di non opporsi alle eventuali scelte che la «Sondrio» vorrà compiere in prosieguo di tempo per un’aggregazione o per la condizione «stand alone». Il punto che, invece, almeno ora, potrebbe interessare è quello di una ben strutturata partnership nel campo assicurativo. Poi, magari si potranno valutare gli sviluppi e si vedranno le ulteriori opportunità, considerando pure il ruolo di primo azionista rivestito dall’Unipol nella Bper, la sola banca, dopo l’operazione Crédit Agricole -Creval, in un contesto settoriale in cui molto si parla e poco o niente si realizza, che sta attuando una importante concentrazione, quella con Carige.

E’ comunque fondamentale che siano conservate tradizioni e continuità della storica Banca di Sondrio, distintasi costantemente per il modo sostanzialmente corretto ed efficace di operare. Un’ipotesi di convergenza di banche popolari ed ex popolari, tali divenute per la sconsiderata legge di trasformazione in spa, potrebbe essere un tema da affrontare. Ma, sempre nel campo delle ex Popolari, vi è poi il Banco Bpm, con l’iniziativa dell’Agricole che ha acquisito una partecipazione del 9%, dopo che nei mesi scorsi si era parlato di un progetto di opa da parte dell’Unicredit poi abortito. Si discute sulle intenzioni della Banque verte ancora non del tutto chiare. Ma, negli ultimi giorni, apparirebbe un interesse dell’Agricole per una «joint-venture» nel campo assicurativo che potrebbe essere mosso da competizione con la connazionale Axa che avrebbe lo stesso interesse – e qualcuno ipotizza, forse con un po’ di fantasia, anche una correlazione Montepaschi, Axa, Bpm – mentre si prospetterebbe un’attenzione pure di Generali e di Allianz, a conferma di quanto si è accennato a proposito della «bancassicurazione». A questo punto, Bpm ha aperto a un percorso strutturato per vagliare le offerte di compartecipazione a gestioni assicurative. Resta la questione dei ruoli dell’Istituto, ora o in prospettiva, rispettivamente di aggregante o di aggregando per i quali è necessario disporre di una preventiva strategia per non trovarsi impreparati come accadde nel caso di Ubibanca.

Continua a essere considerato come «convitato di pietra» il Montepaschi, tra il prolungamento del termine per la dismissione della proprietà pubblica, la ricapitalizzazione e l’eventuale impiego, in un processo di aggregazione di cui per ora non si vedono le tracce. Permangono indeterminatezze nella posizione del Tesoro, titolare dei due terzi dell’Istituto senese, e non si dà una chiara indicazione ai lavoratori che vivono in uno stato di incertezza, nonostante l’impegno e la dedizione. La sciagurata operazione Antonveneta, purtroppo regolarmente autorizzata, continua a produrre i suoi pesanti impatti, al di là dell’impegno dei manager. Anche per la Popolare di Bari si prospetta l’esigenza di delinearne l’evoluzione, anche in relazione con altre Popolari meridionali: il Mediocredito centrale-Banca del Mezzogiorno dell’ad Bernardo Mattarella è particolarmente impegnato nel rilancio non facile dell’Istituto pugliese. Nel complesso, si presenta un panorama nel quale non si avverte un ruolo di indirizzo e propulsivo delle autorità di controllo che, come ripetutamente abbiamo sostenuto, è cosa diversa dal dirigismo e dalla supergestione. Si arriva a pretendere, secondo una visione rigidamente neocorporativa, che vengano tradotte in norme primarie, dal «trilogo» comunitario, accordi tra governatori per la regolamentazione delle banche – cosa che, se accadesse, per esempio, per accordi tra le parti sociali, sarebbe vista come un attacco al Parlamento – ma ci si arresta, almeno fino a prova contraria, di fronte all’esigenza di impulsi per operazioni di aggregazione e consolidamento nei rami medio-alti del sistema che appaiono necessarie con la finalità di tutelare ancor meglio il risparmio. (riproduzione riservata)
Fonte: