LA HOLDING VENETA DECIDE DI MANTENERSI EQUIDISTANTE NELLA BATTAGLIA DI TRIESTE
di Andrea Deugeni e Luca Gualtieri
La battaglia di Trieste resta orfana della finanza del Nordest. Nessuno dei due schieramenti di grandi soci che il prossimo 29 aprile si fronteggeranno all’assemblea delle Generali per il rinnovo del cda – Mediobanca e De Agostini da una parte e gli ex pattisti Francesco Gaetano Caltagirone, Leonardo Del Vecchio e Fondazione Crt dall’altra – potrà infatti contare sull’appoggio dei diritti di voto corrispondenti all’1,38% di Ferak. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, la famiglia vicentina degli Amenduni, azionista di controllo del veicolo con in portafoglio le quote del Leone e che nel tempo ha ospitato nel capitale i principali nomi dell’industria e della finanza del Veneto, non dovrebbe depositare il proprio pacchetto per partecipare ai lavori dell’assise ed esprimersi così sul terzo mandato del ceo Philippe Donnet. Il 14 aprile è l’ultimo giorno utile per costruire posizioni in vista dell’appuntamento triestino che arriva ai nastri di partenza carico di tensioni per via dello scontro in atto da mesi fra Caltagirone e Piazzetta Cuccia, disputa sulla governance che in caso di sconfitta della lista presentata dall’imprenditore romano con uno scarto inferiore al 5,86% (la somma del 4,42% in prestito titoli in mano a Mediobanca con i diritti di voto conservati dal socio uscente De Agostini, 1,44%) rischia di sfociare quasi sicuramente in una altrettanto sfibrante battaglia legale. Di qui la scelta della dinastia berica proprietaria delle Acciaierie Valbruna, che custodisce anche lo 0,75% di Mediobanca, di adottare un approccio «wait and see» senza prendere posizione, scavallando l’assemblea e proseguendo così su una linea che l’ha vista saltare negli ultimi anni gli appuntamenti sociali del Leone. Ferak, presieduta da Maurizio Amenduni e nata nel 2006 (con scadenza 2016 poi prorogata al 2026) per investire nella compagnia (titoli in carico a 19 euro) all’epoca guidata da Giovanni Perissinotto con forti legami con la finanza veneta, è un ex salotto finanziario del Nordest in cui si sono accomodati nel tempo soci di minoranza come Palladio e Fondazione Crt (poi uscite), FinInt (oggi guidata proprio da Perissinotto), Gianfranco Zoppas e Veneto Banca oggi in liquidazione. Al termine di una ricapitalizzazione promossa nel 2018 dagli Amenduni, operazione che gli altri soci hanno cercato senza successo di bloccare, con strascichi in tribunale, il gruppo Valbruna è salito a oltre il 70%. Le manovre attorno a Generali riportano insomma sotto i riflettori la finanza del Nord Est e le sue molte storie. Per Enrico Marchi, presidente di FinInt, «quella del Nordest finanziario è una storia di declino. Ancora negli anni ‘80 e nei primi anni ‘90 queste regioni esprimevano una fetta consistente dell’industria finanziaria italiana. Negli ultimi 20 anni il quadro è cambiato e la crisi delle due banche popolari (PopVicenza e Veneto Banca, ndr) è stata la tappa più drammatica di questo processo. Il Nordest avrebbe bisogno di un’industria dei servizi finanziari radicata sui territori, un’infrastruttura che sappia sostenere le aziende e favorirne la crescita», conclude Marchi.
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