L’INDICAZIONE DEI GIUDICI DI LEGITTIMITÀ: LE FIGURE APICALI RESTANO RESPONSABILI DELLA SICUREZZA
di Stefano Loconte e Giulia Maria Mentasti
In materia di sicurezza sul lavoro e rischi anti Covid-19, la responsabilità del datore di lavoro non è delegabile. È quanto emerge dalla sentenza della Cassazione n. 9028 del 2022, con cui la terza sezione penale ha fornito indicazioni sull’individuazione del datore di lavoro e delle sue responsabilità, nell’ambito delle condotte riferite alla valutazione del rischio connesso alle malattie da Covid-19.

Specificamente, l’amministratore delegato di un noto istituto di credito era stato assolto dai reati relativi alla mancata valutazione del rischio connesso alle malattie trasmissibili da pandemia Covid-19 e alla designazione del responsabile per la sicurezza, avendo l’imputato delegato tali funzioni a un dirigente attraverso un atto formale.

Ma la Corte ha ritenuto di ribaltare la pronuncia accogliendo il ricorso della procura, affermando, da un lato, che il Tusl (Testo unico sulla sicurezza sul lavoro, dlgs 81/2008) esclude espressamente che la facoltà di delega del datore di lavoro possa essere estesa alla valutazione dei rischi e alla designazione del responsabile per la sicurezza, e, dall’altro lato, che in caso di delega parziale di funzioni e responsabilità che non include l’attribuzione di poteri decisionali e di spesa riferiti all’intera struttura organizzativa, unico titolare dei suddetti adempimenti in materia di sicurezza non delegabili rimane il datore di lavoro «apicale».

Il caso. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Savona, interessato a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, aveva assolto con sentenza con la formula più ampiamente liberatoria, «perché il fatto non sussiste», l’amministratore delegato di un noto istituto di credito per i reati in materia antinfortunistica contestati in relazione alla valutazione del rischio (Dvr) connesso alle malattie trasmissibili da pandemia Covid-19 e alla designazione del responsabile per la sicurezza. La procura della Repubblica aveva tuttavia proposto ricorso, rilevando che, a differenza di quanto sostenuto dal giudice di merito, all’imputato spettasse la qualifica di «datore di lavoro» (con la conseguente attribuzione allo stesso delle violazioni contestate), in quanto consigliere delegato, Ceo e capo azienda.

La conferma della fondatezza dell’accusa veniva individuata nello stesso dettato normativo di cui al Tusl: precisamente, all’art. 2 definisce il datore di lavoro come il soggetto titolare del rapporto di lavoro e che ha la responsabilità dell’organizzazione in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. E se è pur vero che il datore di lavoro può in via generale delegare i suoi poteri a un soggetto specifico che possieda i requisiti richiesti dalla legge (delega che, nel caso in giudizio, era stata effettuata al dipendente avente qualifica di dirigente, con atto notarile), al contempo l’art. 17 esclude però in modo espresso che la facoltà di delega operi per la valutazione dei rischi e per la designazione del responsabile per la sicurezza.
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