IL CONTO DA GENNAIO A METÀ MARZO. IN TUTTO IL 2021 LA RACCOLTA ERA STATA DI 9,4 MILIARDI
di Stefania Peveraro
In soli tre mesi e mezzo il 2022 ha già visto poco meno di 2,5 miliardi di euro di finanziamenti classificabili come sostenibili alle aziende italiane non quotate, distribuiti tra 485 milioni di bond e 1,96 miliardi di prestiti, contro un totale di circa 9,4 miliardi erogati in tutto il 2021, distribuiti tra 3,88 miliardi di bond, 2,4 miliardi di prestiti e 3,14 miliardi di note di cartolarizzazione di crediti. I dati emergono al database di BeBeez e confermano che l’Italia è perfettamente inserita in quello che è un trend globale ed europeo di crescita esponenziale delle dimensioni della finanza erogata ai fini del raggiungimento di obiettivi cosiddetti Esg (Environment, social, governance), cioè di impatto positivo in termini ambientali, sociali e di governo delle aziende. Un trend che non riguarda soltanto le imprese quotate, ma anche quelle non quotate e che vede una partecipazione sempre più attiva degli investitori di private capital. Ancora il settore bancario a essere in prima fila per finanziare le aziende quotate e non a supporto di progetti di sviluppo sostenibili, sia sottoscrivendo bond sia soprattutto erogando prestiti o cartolarizzando portafogli di prestiti, tutti Esg-linked. La struttura dei bond e dei prestiti sostenibili è molto simile, nel senso che le cedole o i tassi previsti vengono agganciati al raggiungimento o meno di obiettivi Esg stabiliti nel regolamento del prestito o del bond o da un apposito Sustainalbility Framework varato dalle aziende, nel momento in cui ipotizzano il ricorso periodico a strumenti di debito agganciati a obiettivi Esg. Così cedole e tassi si riducono nel caso di raggiungimento degli obiettivi oppure aumentano nel caso opposto.
Interessante notare che a ottenere prestiti sostenibili o a erogare bond sostenibili non siano solo società o fondi attivi nello sviluppo di impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile o comunque società attive in settori considerati per definizione puliti, ma anche società che operano in settori inquinanti. Un trend che è spinto dal fatto che i grandi investitori, e quindi fondi pensione, fondi sovrani, assicurazioni e banche, hanno in gran parte sottoscritto i Principles of Responsible Investments (Principi di investimento responsabile) delle Nazioni Unite. (riproduzione riservata)
Fonte: