di Angela Zoppo
Già due anni prima che il premier Mario Draghi definisse «un dittatore» il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, Ankara aveva già mostrato i muscoli con le aziende italiane, arrivando perfino a bloccare le esplorazioni di Eni nel mare di Cipro. Lì non si trattava di rappresaglia a seguito di un indicente diplomatico: più semplicemente, la Turchia aveva deciso di allargare la ricerca di gas in acque già occupate, incurante delle licenze di esplorazione affidate ad altri. Risultato, il Blocco 7, e a cascata i Blocchi 2,3,6,8,9 e 11 di Eni sono rimasti fermi, pur essendo strategici per il Cane a sei zampe come possibile appendice della scoperta record di Zohr, in Egitto. La partita geopolitica si complica ora, con la Turchia che ha confermato proprio ieri l’accordo con la Libia sulla demarcazione dei confini del Mediterraneo, inviso proprio a Cipro ed Egitto. Che nell’uscita del premier ci sia dietro questo braccio di ferro sotterraneo con la Turchia? Si vedrà. Ma intanto, memori di quell’invasione di campo a colpi di trivelle, oggi sono tante le aziende italiane che temono ripercussioni ancora più forti dalla crisi diplomatica in atto. Leonardo, per esempio, ha vissuto momenti da brivido in Borsa (- 2%) sulla scia di una possibile cancellazione di un ordine da 70 milioni di euro per la Turchia, per poi ridurre le perdite allo 0,3% anche grazie ai report di Equita e Mediobanca, che hanno ridimensionato sia il rischio di effettiva cancellazione, che gli eventuali contraccolpi. L’ordine turco, infatti, rappresenta lo 0,2 del portafoglio di piazza MonteGrappa, lo 0.5% del fatturato e meno dell’1% dell’ebit 2021.Trattiene il fiato anche Ansaldo Energia, per le sue commesse relative alle centrali a gas, L’allarme resta alto in attesa di una soluzione diplomatica, perché la posta in gioco è alta. Sono una cinquantina, infatti, le aziende italiane attive in Turchia, esposte oggi agli umori di Erdogan. L’elenco comprende gruppi industriali, banche, assicurazioni: Generali, Unicredit, Azimut, Montepaschi, Intesa Sanpaolo, e poi Ferrero, Benetton, Caltagirone con Cementir, Luxottica, Pirelli, Menarini, Recordati, Ariston, Bialetti, Candy, Indesit, Mapei, Salini, Magneti Marelli ecc. Secondo i dati della Farnesina, l’Italia è il quinto partner commerciale della Turchia, il secondo se si restringe il campo ai Paesi europei. Per l’export italiano, quello turco rappresenta il 12mo mercato per volumi venduti e il primo di Medio Oriente e Nord Africa. Nel 2020, solo la pandemia ha rallentato l’interscambio, abbassandolo a 15 miliardi di euro dai circa 18 del 2019. I numeri più recenti registrati dall’Istat si riferiscono a gennaio e febbraio scorsi, e vedono le esportazioni verso la Turchia in calo dell’8,8% anno su anno. frenata anche per le importazioni, a -4,7%. (riproduzione riservata)
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