di Bianca Pascotto
La Corte di Cassazione torna a ribadire le caratteristiche del rapporto subagenziale e i requisiti necessari quanto indefettibili per ottenere l’indennità in caso di cessazione del rapporto che trova la sua disciplina esclusiva nell’art. 1751 del codice civile, salvo accordi migliorativi inter partes.
IL FATTO
Tizio, subagente dell’agenzia Zeta, nel giugno del 2009 presenta la lettera di dimissioni dopo aver assunto la nomina quale produttore di IV gruppo nel maggio dello stesso anno.
Cessato il rapporto, quantifica l’importo dell’indennità che viene contestata dall’Agenzia (nell’occorso Ina Assitalia).
Adito il Tribunale di Bologna, il giudicante respinge la domanda di Tizio che viene impugnata avanti alla Corte d’Appello felsinea, con due motivi d’appello entrambi respinti.
La Corte d’Appello, in adesione alla pronuncia del Tribunale, giudica infondate le ragioni di Tizio sostanzialmente per due motivi:
1) l’appellante non aveva dato prova delle due condizioni fondamentali previste dal comma 1 dell’art. 1752 c.c. ovvero (i) l’aver procurato nuovi clienti o incrementato la clientela esistente e (ii) l’avere il preponente continuato a ricevere sostanziali vantaggi dall’attività svolta dal subagente;
2) l’appellante aveva cessato il rapporto presentando dimissioni volontarie, pertanto, ai sensi del comma 2 dell’art. 1751 c.c. nulla gli era dovuto.
Non pago Tizio ricorre al Supremo Collegio.
LA SOLUZIONE
Le doglianze di Tizio vengono nuovamente rigettate.
La Corte di Cassazione non riconosce la validità della tesi di Tizio che, richiamandosi agli accordi AEC ratione temporis, assume la loro applicabilità in deroga al disposto dell’art. 1751 c.c. sostenendo, da un lato, che sarebbero migliorativi rispetto alla disciplina della fattispecie e dall’altro perché la norma di cui all’art. 1751 si applica solo in via residuale al contratto degli agenti di assicurazione e dei subagenti in particolare. Quindi a suo dire l’indennità, secondo gli AEC, sarebbe comunque dovuta.
Per il giudice di legittimità l’errore in cui versa il ricorrente risiede dapprima nella considerazione del rapporto di subagente, premessa necessaria per verificare l’applicabilità dell’art. 1751 c.c..
“.. il contratto di subagenzia è un subcontratto funzionalmente collegato al contratto principale di agenzia ed è quindi regolato, nei limiti consentiti o imposti dal collegamento predetto, dalla disciplina di quest’ultimo, dal quale si distingue in quanto il subagente promuove la conclusione dei contratti di assicurazione solo per conto dell’agente e non anche di un’impresa assicuratrice (cfr. Cass. n. 15645 del 2017). La subagenzia costituisce, quindi, una particolare fattispecie di contratto derivato (o subcontratto), unilateralmente e funzionalmente collegato al contratto principale di agenzia, che ne costituisce il necessario presupposto sì che al primo si applica la disciplina del contratto principale, ex artt. 1742 e 1753 c.c., nei limiti consentiti (o imposti) dal collegamento funzionale”.
Stabilita l’applicazione della normativa codicistica, peraltro non diversamente regolata dagli accordi AEC, ne discende che per il riconoscimento dell’indennità “…non è sufficiente la provvista di nuovi clienti ovvero il sensibile incremento degli affari con quelli vecchi, ma occorre anche la seconda condizione, ossia che alla cessazione del rapporto il preponente continui a ricevere sostanziali vantaggi dai clienti nuovi procurati dall’agente ovvero dall’incremento di affari con i preesistenti”.
Oltre a dette condizioni devono concorrere anche i requisiti previsti dal secondo comma dell’art. 1751 c.c., ovvero che il recesso non sia stato motivato per l’inadempimento dell’agente o per responsabilità del preponente.
Considerato che Tizio si è dimesso volontariamente, l’indennità non può trovare giustificazione, giacchè impedita dal dettato normativo.
Sentenza Corte di Cassazione del 22 maggio 2020 n. 9489 www.cortecassazione.it
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