Ad un anno dall scoppio della pandemia, pur con la campagna vaccinale in atto, l’Italia si trova sempre in una situazione critica, con gli ospedali sotto pressione e buona parte delle regioni in zona rossa.
Ma che effetto ha avuto quest’anno di pandemia sulla popolazione italiana, dal punto di vista fisico e mentale? Chi non è stato colpito dal virus direttamente, negli affetti o a livello economico, ha visto comunque stravolta la propria vita in modi che, poco più di un anno fa, erano impossibili da immaginare: concetti come coprifuoco, autocertificazione, assembramento, focolaio, asintomatico, distanziamento sociale, smartworking o DAD sono entrati prepotentemente nella nostra quotidianità, forse modificandola per sempre.
Top Doctors® ha provato a rispondere a questo interrogativo effettuando, attraverso la propria community, una “radiografia” dello stato psicofisico degli italiani a un anno esatto dal primo lockdown (il sondaggio è stato condotto tra il 1° e il 15 marzo 2021) evidenziando i principali disagi emersi in questi mesi così difficili.
Dalla paura alla frustrazione: cresce il disagio e il ricorso al supporto psicologico
Nello smarrimento di una realtà completamente nuova, tutti hanno dovuto imparare a fare i conti con l’imprevedibilità della vita e l’impossibilità di fare progetti. Le emozioni nei confronti della situazione attuale sono però, nel corso dei mesi, mutate radicalmente. Se un anno fa i sentimenti principali erano di paura (42%) ma anche speranza che tutto si risolvesse a breve (21%) e accettazione (19%), oggi invece a prevalere sono frustrazione (39%), stanchezza (28%) e rabbia (23%).
Questo accumulo di sensazioni negative, ovviamente, ha contribuito ad accrescere malesseri e disagi interiori – spesso affrontati con il supporto di uno psicologo. Il ricorso a uno specialista è infatti cresciuto del 9% tra gli interpellati, mentre il 22% dei rispondenti ha dichiarato che, pur non essendosi rivolto (ancora) a uno psicologo, ne avrebbe in realtà avuto necessità. Una delle principali cause di disagio è il protrarsi di una situazione inizialmente percepita come destinata a risolversi in un tempo relativamente breve.
Nuove abitudini alimentari e inattività: 4 persone su 10 sono ingrassate
Ai tempi del primo lockdown, mentre nei supermercati del resto del mondo spariva la carta igienica, in Italia andava a ruba il lievito: per buona parte degli italiani il confinamento è stata un’occasione per cimentarsi ai fornelli e, in generale, complice anche la chiusura di ristoranti e bar, per rivedere le proprie abitudini alimentari. Il 22% degli intervistati dichiara infatti che, nell’ultimo anno, con più tempo per cucinare e senza pause pranzo fuori e aperitivi con gli amici, riesce a seguire un regime più salutare. C’è chi però non è altrettanto attento e coscienzioso: il 19%, infatti, cucina (e mangia) più frequentemente comfort food gustosi e ipercalorici, il 17% si abbuffa più spesso fuori pasto per ingannare stress e noia e il 13% ricorre di frequente all’home delivery.
Per colpa delle nuove abitudini alimentari o per lo stile di vita forzatamente sedentario, quasi 4 persone su 10 (39% del campione) dichiarano di essere ingrassate di qualche chilo nell’ultimo anno.
A questi, si aggiunge un ulteriore 27% che, pur non avendo preso peso, non si sente al meglio della propria forma fisica, anche per i limiti posti all’allenamento, tra palestre chiuse e corsi sospesi.
Effetto smartworking: il 63% riscontra, a vari livelli, disagi collegati al telelavoro
La pandemia ha portato alla diffusione su vastissima scala dello smartworking. Dall’oggi al domani, milioni di italiani si sono trovati a doversi ritagliare una postazione di lavoro tra cucina, camera da letto e soggiorno. Soluzioni improvvisate che, ovviamente, mal si sposano con la sicurezza sul lavoro: il 63% degli smartworker interpellati ha infatti riscontrato, a vari livelli, una o più problematiche direttamente collegate alla mansione. In particolare, i disturbi più frequenti sono tensioni alla zona di spalle e collo (34%), mal di testa frequente (29%), occhi lucidi oppure secchi (26%), mal di schiena (22%), pesantezza e gonfiore alle gambe (18%).
Tra chi ha riscontrato queste problematiche, il 32% ha dichiarato di limitarsi ad agire sui sintomi con antidolorifici e simili, mentre il 43% ha cercato di migliorare la propria postazione e il 13% si concede di frequente delle pause. Solo il 12% si è rivolto a uno specialista.
Ci si cura di meno, tra paura di recarsi in ospedale e appuntamenti annullati
La paura del contagio e la volontà di non premere ulteriormente su un sistema sanitario già in affanno ha spinto in molti (il 59% del campione) a rimandare, o a non prenotare direttamente, esami e visite non strettamente necessari. Di questi, il 42% continua tuttora a evitare ogni controllo rimandabile, mentre il 17% ha ripreso a fissare appuntamenti, dopo essersi astenuto nei primi mesi dell’emergenza. Ma non tutto dipende dal paziente: un altro problema riscontrato è l’annullamento, per effetto di questa situazione, di visite o interventi programmati: è successo, almeno una volta, al 25% del campione intervistato.