di Anna Messia
Il group ceo di Generali, Philippe Donnet, è già al lavoro sul nuovo piano industriale 2022-2024. Lo ha annunciato lo stesso top manager nel corso dell’assemblea di bilancio che si è tenuta ieri a Trieste, via web. Una riunione preceduta dalla mossa a sorpresa di Francesco Gaetano Caltagirone, vice presidente vicario e primo socio privato con una quota del 5,63%, che ha deciso di non depositare le proprie azioni in vista dell’assise: gesto che il mercato ha interpretato come un’aperta protesta nei confronti della governance della compagnia e di Mediobanca. Gli attriti erano emersi già nei mesi scorsi in Consiglio su operazioni strategiche per il gruppo (Malesia e Cattolica) e avevano trovato opposizione anche da Leonardo Del Vecchio, che di Generali ha poco meno del 5% e che è arrivato a detenere anche il 13,2% di Mediobanca, alla quale fa capo il 12,82% del Leone. Intanto ieri Donnet ha tirato dritto per la sua strada, annunciando che Generali sta completando con successo tutti gli obiettivi del piano industriale al 2021 ed è già al lavoro sulla definizione del nuovo progetto triennale. «Quando mancano poco più di 6 mesi alla conclusione del piano, siamo convinti di raggiungere tutti gli obiettivi che ci eravamo posti, e lo scorso anno abbiamo conseguito importanti risultati in tutti e tre i pilastri della strategia», ha affermato. «Mentre ci avviciniamo alla piena realizzazione del nostro attuale piano strategico», ha aggiunto il capo azienda, «stiamo già lavorando alla definizione del prossimo e abbiamo basi molto solide su cui costruirlo». Donnet ha anticipato anche che «la continuità rispetto all’attuale piano» sarà «un elemento fondamentale del ciclo strategico che intraprenderemo tra pochi mesi e contribuirà a continuare a creare valore sostenibile nel lungo periodo per ognuno di voi, come abbiamo sempre fatto». Una riunione tra tutti i ceo del gruppo per definire un primo assetto è già in programma a maggio. Quanto al bilancio 2020, chiuso con un utile di 2,97 miliardi e un Ebit record (5,2 miliardi), l’assemblea lo ha approvato con il 99,85% dei voti a favore sul 51,52% del capitale presente. Via libera dei soci, anche a dividendi (1,47 euro in due tranche), piano di incentivi e remunerazione, con quest’ultimo punto che ha ricevuto in particolare ben più del 90% di adesioni. Una percentuale più ampia dello scorso anno (quando era circa il 65%) a dimostrazione del lavoro fatto dalla compagnia sul tema remunerazioni. Sul fronte della spaccatura tra i grandi soci resta invece da capire come evolverà la situazione. Il nodo del contendere è chiaramente la governance del Leone e in particolare il rinnovo del Cda previsto nell’aprile 2022, con Caltagirone e gli altri soci individuali che vogliono far pesare di più le loro azioni rispetto a un cda composto da numerosi esponenti vicini a Piazzetta Cuccia. Le norme prevedono che sia il consiglio uscente a proporre la nuova lista. Per ricucire lo strappo servirà tenere in qualche modo in considerazione le richieste degli altri azionisti, che più volte in passato avevano insistito per esempio per introdurre un direttore generale. Anche perché prassi vuole che sulla lista espressione del Consiglio ci sia l’approvazione da parte di tutto il cda, mentre oggi le posizioni su strategie e visione della compagnia appaiono evidentemente discordanti. Ora, dopo l’atto di rottura di Caltagirone, la prossima mossa spetterà probabilmente a Mediobanca. (riproduzione riservata)
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