Sono anni che in Italia la criminalità è in calo, e nell’anno della pandemia il trend è evidente, eppure la paura rimane. Non solo: il distanziamento sociale fa crescere una diffidenza che non è più indirizzata esclusivamente verso le categorie marginali, ma tende a rivolgersi verso «gli altri».

E’ quanto emerge dal «2° Rapporto sulla filiera della sicurezza in Italia», realizzato dal Censis per Federsicurezza, che è stato presentato martedì da Anna Italia del Censis e discusso da Luigi Gabriele, Presidente di Federsicurezza, Annagrazia Calabria, Vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati, Nicola Molteni, Sottosegretario del Ministero dell’Interno, Alberto Pagani, membro della Commissione Difesa della Camera dei Deputati, Mario Perantoni, Presidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, Emanuele Prisco, membro della Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati, moderati da Luca Telese, giornalista e scrittore.

Reati in forte calo
Nel 2020 in Italia sono stati denunciati complessivamente 1.866.857 reati. Complice la pandemia, si è registrata una riduzione del 18,9% rispetto all’anno precedente, con 435.055 crimini in meno. Gli omicidi -16,4%, le rapine -18,2%, i furti -33,0%, i furti in appartamento -34,4%. Nonostante ciò, per due terzi degli italiani (il 66,6% del totale) la paura di rimanere vittima di un reato non è diminuita e per il 28,6% è addirittura aumentata. È quanto emerge dal «2° Rapporto sulla filiera della sicurezza in Italia» di Censis e Federsicurezza.

La criminalità digitale: quando la paura corre sul web
Per una categoria di reati la situazione è invece peggiorata anche durante la pandemia: il cybercrime. Nel 2020 sono state commesse 241.673 truffe e frodi informatiche, il 13,9% in più rispetto all’anno precedente (nel 2010 erano state solo 96.442). I rischi connessi all’utilizzo della rete frenano la modernizzazione. Un italiano su tre (il 31,3% del totale) non si sente sicuro quando fa operazioni bancarie online. Uno su quattro (il 24,9%) ha paura di utilizzare i sistemi di pagamento elettronici per fare acquisti in rete. E le percentuali salgono nettamente tra le persone più avanti con gli anni e tra quelle con bassi livelli di istruzione.

La paura degli altri
Il 75,4% degli italiani dichiara di non sentirsi sicuro quando frequenta luoghi affollati (la percentuale scende del 67% tra i più giovani). Il 59,3% ha paura di camminare per strada e di prendere i mezzi pubblici dopo le otto di sera (la percentuale resta al 59,8% anche tra i più giovani). Si tratta di sentimenti fortemente condizionati dalla paura del contagio. La sfera sanitaria peserà sempre di più nelle nostre vite: quando le restrizioni saranno allentate, le piazze dovranno poter tornare a riempirsi in tranquillità.

Le paure delle donne
Nell’anno del Covid molte donne chiuse in casa sono state maggiormente esposte alla violenza di partner e conviventi. Le richieste di aiuto al numero antiviolenza e stalking 1522 sono fortemente aumentate. Da marzo a ottobre 2020 le chiamate sono state 23.071: un anno prima, nello stesso periodo, erano state 13.424 (+71,9%). Le donne che hanno paura mettono in atto comportamenti che ne condizionano fortemente la qualità della vita: il 75,8% ha paura di camminare per strada e di prendere i mezzi pubblici di sera, l’83,8% ha paura di frequentare luoghi affollati, l’88,5% ha paura di incontrare persone sconosciute sui social network, il 76,3% ha paura di condividere immagini sul web, il 22,5% ha paura di stare a casa da sola di notte.

I panofobici: gli italiani che hanno paura di tutto
Ci sono oltre 6 milioni di italiani che hanno paura di tutto. Sono i panofobici: in casa o fuori, vivono costantemente in stato d’ansia. Tra di loro prevalgono le donne: sono quasi 5 milioni, il 17,9% della popolazione femminile complessiva. Ma sono presenti anche tra i giovani: sono 1,7 milioni, pari al 16,3% dei giovani con meno di 35 anni.

Più sicurezza vuol dire più socialità
L’83,4% degli italiani è convinto che si debbano applicare pene più severe per chi provoca risse e pratica atti di violenza fuori dai locali pubblici e nei luoghi della movida. Riportare la gente negli spazi pubblici vuol dire anche innalzare i livelli di sicurezza percepita, non solo attraverso ordinanze restrittive. È necessario che i controlli siano certi, professionali e rassicuranti, come solo gli operatori delle Forze dell’ordine e della vigilanza privata possono garantire.

La sicurezza privata al lavoro per la qualità della vita degli italiani
Negli ultimi dieci anni la sicurezza privata è enormemente cresciuta in termini di numeri, funzioni svolte, capacità tecniche e professionali. Con il Covid la categoria si è candidata ad ampliare ulteriormente i propri compiti, per garantire ad esempio il rispetto del distanziamento interpersonale nei luoghi rimasti aperti. Il 50,5% degli italiani esprime fiducia nelle guardie giurate e negli operatori della sicurezza privata. Ma il 55,7% è convinto che il settore avrebbe bisogno di un maggiore riconoscimento sociale. Il 62,8% degli italiani è convinto che ci sia una scarsa consapevolezza da parte della popolazione in merito a quello che le guardie giurate e gli operatori della sicurezza privata fanno: la loro attività è spesso misconosciuta.

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