Lo ha stabilito l’ordinanza n. 9872 depositata il 15 aprile 2021 dalla sesta sezione civile della cassazione decidendo ancora una volta sulla responsabilità da cose in custodia prevista dall’art. 2051 del codice civile

di MR. OLIVIERO

Il caso

A seguito di una caduta sulle scale del municipio prive di nastri antiscivolo e in parte di corrimano, la danneggiata conveniva in giudizio il Comune per richiedere il risarcimento danni delle lesioni subite rilevando che la scala era «intrinsecamente ed oggettivamente insidiosa e pericolosa, perché non dotata dei requisiti minimi di sicurezza imposti anche dalla legge per la prevenzione di eventi dannosi». Considerando questo assunto sufficiente ad affermare il nesso eziologico tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, «a nulla rilevando le precise dinamiche dell’evento». Per affermare i propri diritti contro la decisione della Corte d’Appello che ha riformulato la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda, la lesionata ricorre in Cassazione.

La decisione della Cassazione

Gli ermellini hanno ritenuto inammissibile e parzialmente infondato il ricorso rispetto alla non necessità di provare l’evento attraverso una attenta ricostruzione dei fatti, anche attraverso l’apporto di testimonianze, riconoscendo, invece, il valore giuridico della «sentenza emessa dalla corte di appello, [che] sulla base di una incensurabile valutazione delle prove, ha ritenuto non dimostrato il nesso eziologico tra la cosa e l’evento lesivo».

Le motivazioni della Cassazione

Il criterio di imputazione della responsabilità da cose in custodia stabilito dall’art. 2051 del Codice Civile opera in termini rigorosamente oggettivi, a prescindere della condotta del custode: «Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito». Il danneggiato, però, deve sempre provare il nesso di causa tra la cosa in custodia e il danno subito. «E’ manifestamente infondato, in diritto, l’assunto secondo il quale la eventuale circostanza che la scala non fosse dotata di alcuni dei requisiti di sicurezza imposti dalla vigente normativa possa essere da sola sufficiente per affermare che essa sia stata la causa della caduta della ricorrente e che, di conseguenza, non avrebbe alcun rilievo la effettiva dinamica dell’incidente, dal momento che il criterio di imputazione della responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. richiede sempre la dimostrazione (quanto meno in via presuntiva), da parte dell’attore danneggiato, che la cosa in custodia sia stata la causa dell’evento lesivo, sulla base della effettiva dinamica dell’incidente».

Responsabilità oggettiva e nesso eziologico

Continuando ad operare la responsabilità oggettiva per i beni in custodia ex art. 2051 del Codice Civile, al danneggiato non rimane che provare che le lesioni siano state causate dall’oggetto a prescindere dalla sua pericolosità o dalle sue caratteristiche intrinseche, salvo che proprie queste non abbiamo concorso alla causazione dell’evento. A questa stregua il custode può liberarsi solo provando il caso fortuito «inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo del fatto del terzo e della condotta incauta della vittima».

Concorso di colpa del creditore

In altre parole il bene in custodia può anche essere pericoloso e non rispettare i criteri di adeguatezza e sicurezza previsti dalla normativa vigente ma se il danneggiato, col suo comportamento oppure per una azione improvvisa dettata da circostanze contingenti concorre a causare l’evento ai sensi dell’art. 1227 del Codice Civile, non può più vedersi riconoscere i danni dal custode e, quando presente, dalla propria assicurazione che interviene per manlevarlo nei confronti di terzi.

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