Applicazione del regime derogatorio agganciato al criterio del costo ammortizzato. In ossequio alle modalità di contabilizzazione previste dal dlgs 139/2015, i titoli (sia quelli iscritti tra le immobilizzazioni che nell’attivo circolante) devono essere rilevati applicando il criterio del costo ammortizzato, in luogo del precedente criterio del costo di acquisto. Infatti, nel presupposto che la deroga ex dl 119/2018 consente alle imprese di non svalutare i titoli iscritti nell’attivo circolante per effetto dell’andamento dei mercati alla data di chiusura del bilancio, appare chiaro che, eccezion fatta per la rilevazione delle perdite di valore (svalutazioni), restano inalterati i criteri di valutazione applicabili ai titoli oggetto di deroga. In tale direzione il documento interpretativo n. 4, laddove l’Oic ha precisato appunto che, al netto della rilevazione delle perdite di valore, ai titoli iscritti nell’attivo circolante oggetto di deroga resta applicabile la valutazione al costo ammortizzato. Dal momento che l’obiettivo della norma è quello di evitare di rilevare la svalutazione dei titoli derivanti da un andamento negativo dei prezzi di mercato, il valore contabile dell’anno precedente viene preso «a riferimento» per la continuazione dell’applicazione del costo ammortizzato escludendo la rilevazione di eventuali svalutazioni. Per le stesse ragioni, secondo il documento interpretativo, restano valide le disposizioni di cui al documento Oic 26 relative alla conversione dei titoli in valuta estera. L’utilizzo del criterio del costo ammortizzato, si ricorda, è obbligatorio per le sole società di grandi dimensioni che redigono il bilancio in forma ordinaria, mentre ne sono esonerate le società che redigono il bilancio in forma abbreviata e le micro imprese. Tali imprese possono iscrivere i titoli al «costo di acquisto». Resta ferma la possibilità, da parte di tali soggetti, di adottare «volontariamente» il criterio del costo ammortizzato dandone adeguata informativa in Nota integrativa. Per altro verso, l’adozione obbligatoria del criterio del costo ammortizzato viene meno laddove i suoi effetti sono «irrilevanti» ai fini di una rappresentazione veritiera e corretta del bilancio; ciò si verifica generalmente, quando:
a) i titoli sono destinati a essere detenuti durevolmente ma i costi di transazione, i premi/scarti di sottoscrizione o negoziazione e ogni altra differenza tra valore iniziale e valore a scadenza sono di scarso rilievo;
b) i titoli di debito sono detenuti in portafoglio per un periodo inferiore ai 12 mesi.
L’applicabilità del criterio del costo ammortizzato riguarda esclusivamente i titoli di debito rilevati in bilancio a partire dal 1° gennaio 2016, in forza del principio di derivazione rafforzata. È, inoltre, possibile che i titoli, durante il periodo di possesso, siano oggetto di una destinazione economica «diversa» da quella originariamente loro attribuita dall’organo amministrativo; nel senso che un titolo, inizialmente iscritto nel bilancio tra le attività finanziarie non immobilizzate, in un esercizio successivo (per varie ragioni) possa essere destinato a un investimento durevole e, quindi, riclassificato tra le immobilizzazioni finanziarie (dandone adeguata informativa in nota integrativa).
Sul piano operativo, il trasferimento dei titoli è rilevato in base ai criteri valutativi del portafoglio di «provenienza». Così, per il trasferimento di titoli immobilizzati alle attività circolanti va rilevato in base al criterio del costo ammortizzato (eventualmente rettificato per le perdite durature di valore) mentre, il trasferimento di titoli non immobilizzati alle immobilizzazioni finanziarie va rilevato in base al minor valore fra il costo ammortizzato e il valore di realizzazione desumibile dall’andamento di mercato. Al termine dell’esercizio in cui avviene il «cambiamento» di destinazione si procede alla valutazione del titolo con il criterio previsto per la sua nuova classificazione.
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