A fine aprile i soci delle Generali voteranno le modifiche allo statuto che potrebbero riaprire la partita della governance e porre le basi per un accordo tra la merchant bank e Del Vecchio. L’intervento di Cimbri
di Luca Gualtieri
Quello del 27 aprile sarà un appuntamento molto particolare per gli azionisti delle Generali. L’emergenza sanitaria costringerà infatti la compagnia a celebrare l’assemblea di bilancio a porte chiuse, come del resto sta facendo la maggior parte delle società italiane. Ma l’inusuale modalità di svolgimento non sarà l’unico elemento di novità. Oltre ai risultati 2019 al voto dei soci sarà sottoposta una sostanziosa revisione dello statuto, che tra gli altri aspetti prevederà l’introduzione della cosiddetta lista del board. Un intervento annunciato qualche settimana fa per allineare il Leone alle best practice internazionali e alle richieste del mercato. Sulla carta insomma sarà poco più di un cambiamento procedurale, ma nei fatti andrà letto come un test per i delicati equilibri di potere al vertice della compagnia. La modifica, analoga a quella recentemente introdotta da Mediobanca (che di Generali ha quasi il 13%), doterà il board di maggiore autonomia pur senza alterarne nel breve la composizione. Saldo al timone resterà infatti il ceo Philippe Donnet, cui fa scudo il consenso del mercato, mentre il presidente Gabriele Galateri ha concluso solo il primo anno del suo mandato. Qualcuno però azzarda che il voto assembleare possa preludere a più sostanziali cambiamenti e, a ben guardare, le premesse non mancherebbero.
A chiedere iniziative sul fronte della governance è da tempo Leonardo Del Vecchio, che con il 5% è oggi il principale socio privato delle Generali al fianco di Francesco Gaetano Caltagirone. Dopo i forti acquisti degli anni scorsi mister Luxottica si è ritagliato un ruolo decisamente più attivo a Trieste e avrebbe già avanzato qualche proposta: per esempio la nomina di un direttore generale responsabile dei costi e della finanza e scelto dal cda. Senza contare le idee in materia strategica e gestionale che confida spesso ai suoi più stretti collaboratori.
La tenacia, si sa, è una virtù di Del Vecchio, come del resto testimonia la sua condotta nell’altra partita finanziaria in corso in questi mesi. Dopo la sequenza di blitz che nell’autunno scorso lo hanno portato al 9,9% di Mediobanca, l’imprenditore non è intenzionato a fermarsi. Anche se per il momento Bce non ha ricevuto una richiesta formale di autorizzazione, la strategia (elaborata a stretto contatto con l’avvocato Sergio Erede e con il banchiere di Jp Morgan Vittorio Grilli) resta molto chiara: salire al 20% per giocare un ruolo di primissimo piano nella governance di Piazzetta Cuccia. E questo malgrado gli intoppi incontrati finora, dalle verifiche della Consob ai fari dell’Antitrust fino all’inchiesta aperta dalla Procura di Milano senza ipotesi di reato né indagati. Le intenzioni insomma sono risolute se non proprio bellicose al punto da allertare gli alleati storici di Mediobanca. Dopo gli acquisti della famiglia Doris, nei giorni scorsi i riflettori si sono accesi su Unipol che è spuntata nel capitale della merchant con l’1,96%. Un posizionamento che non sorprende visto che la compagnia bolognese e il suo ceo Carlo Cimbri sono stati al fianco di Mediobanca in molteplici partite, da Fonsai allo Ieo fino al recente blitz di Intesa Sanpaolo su Ubi.
In ogni caso difficilmente Del Vecchio supererà a breve il suo 9,9%. Circostanza che consentirà agli amministratori di Mediobanca di concentrarsi sulle scadenze più ravvicinate, a partire da quella dell’assemblea che in ottobre sarà chiamata a modificare lo statuto e a eleggere il nuovo consiglio di amministrazione. Il lavoro su questo fronte è già iniziato e, rimossi gli anacronismi dalla governance, l’attuale squadra di vertice non dovrebbe incontrare problemi a incassare dagli azionisti un nuovo mandato. Nel medio periodo però, con un attivista pronto a balzare al 20%, il quadro è destinato a restare instabile e la tentazione di raggiungere un accordo, o per lo meno una tregua, sarà sempre più forte. Fatte queste premesse, è facile comprendere perché sia così alta l’attenzione per le Generali: la governance della compagnia sarebbe infatti la merce di scambio ideale per un agreement con Del Vecchio e l’assemblea del 27 aprile potrebbe porre le premesse per questo tentativo. (riproduzione riservata)
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