A cura di Giuseppe Russo
Revirement della Cassazione sul criterio di imputazione della responsabilità nei giudizi di risarcimento danni cagionati da fauna selvatica. In ogni caso l’unico soggetto legittimato passivo è la Regione ai sensi e per gli effetti dell’art. 2052 c.c. E’ quanto stabilito dalla Suprema Corte, III Sezione Civile, con la sentenza depositata il 20 aprile 2020 n. 7969.
Gli Ermellini, infatti, hanno mutato il loro precedente orientamento giurisprudenziale secondo il quale per i danni causati a terzi da animali selvatici fosse ravvisabile la responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. e che la stessa fosse ascrivibile all’ente, sia esso Regione, Provincia, Ente Parco, ed ecc., a cui fossero stati concretamente affidati, nel singolo caso, i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata.
La Corte di Cassazione, infatti, con il nuovo arresto giurisprudenziale, in modo definitivo traccia la cornice prescrittiva del criterio di imputazione di tale responsabilità da individuarsi nella Legge del 11.2.1992 n. 157 intitolata “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”.
Da essa si evince che il Legislatore ha conferito alla Regione la funzione normativa, amministrativa di programmazione, di coordinamento nonché di controllo sul corretto esercizio delle attività dalla stessa delegate ad altri enti ovvero che spettino a questi ultimi per legge.
E’ proprio in quest’ultima funzione di controllo, cui sono connessi i poteri sostitutivi autoritativi della Regione in caso di omissioni da parte degli altri enti, che va ravvisato il nucleo concettuale forte del criterio di imputazione della responsabilità di cui all’art. 2052 c. c.
L’ente regionale utilizza il patrimonio faunistico protetto in senso pubblicistico, al fine di perseguire la tutela collettiva dell’ambiente e dell’ecosistema.
In allegato il full text della sentenza della Corte di Cassazione, III Sezione Civile, del 20.4.2020 n. 7969.